Willy e i coglioni

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Willy Monteiro Duarte
Willy Monteiro Duarte

Già me la immagino la scena: da una parte c’è una mamma che piange il figlio di 21 anni che studia(va) per fare il cameriere. No, la mamma non piange perché il figlio è partito per la stagione invernale, quelli, tutto sommato, sono pianti che riempiono il cuore e velano un sorriso di soddisfazione, ma piange perché glielo hanno ammazzato e il cuore adesso è completamente vuoto, anche perché, se è sufficiente un motivo per cui un ragazzo deve essere ammazzato ad alleviare le pene di una mamma, nel caso del suo figliolo, Willy è stato ammazzato per difendere un amico.

Dall’altra parte vedo dei giovani, come tanti altri, ma davvero tanti nel nostro paese, si riconoscono perché si somigliano e hanno spesso le medesime frequentazioni, i soliti cliché. Vengono dalle periferie delle grandi e anonime città, hanno una serie di disagi alle spalle e anche di insuccessi, ma ultimamente passa l’idea che ciò è sufficiente per diventare importanti, per fare il cash, l’oro, le scopate con donne facili, e poi così arriva il successo. Già li vedo in palestra, fanno MMA, uno sport (ma davvero si può definire sport?) da combattimento in cui vale tutto, hanno il culto del loro fisico e lo sfoggiano con i loro tatuaggi, meglio se sulla pelle campeggiano scritte in caratteri gotici ammiccanti a grandi eroi del passato, compresi quelli finiti a testa in giù (ma a loro questa parte non è stata raccontata), e in sottofondo un pezzo da un milione e duecentomila visualizzazioni in un solo mese dei FSK Satellite il cui ritornello fa «con i soldi della droga, ho comprato una pistola, sogno settimana al caldo, rischio settimana al gabbio»….ma qui mi sa che si tratta di qualcosa di più di una settimana da fare al gabbio.

E, tuttavia, ciò che non riesco ad immaginare è un confronto tra questi due mondi, tra una fetta di popolazione che cresce con determinati valori, tra cui vi è l’impegno per superare le difficoltà, la solidarietà nei confronti di un amico in difficoltà, e un’altra fetta di popolazione che forse ci è sfuggita di mano. Non riesco ad immaginare il confronto perché i due mondi, nonostante parlino usualmente la stessa lingua, utilizzano linguaggi differenti e comunque non si capirebbero perché i primi usano le parole per la risoluzione dei conflitti, mentre i secondi usano le mani e piedi, i pugni e i calci.

Certo, è difficile capire dove e quando abbiamo fallito come società, perché non c’è dubbio che abbiamo fallito come adulti nell’educare una fetta della popolazione giovanile, ma una cosa è evidente: abbiamo abbassato la guardia di fronte alla violenza, non abbiamo condannato e isolato abbastanza dal punto di vista morale e sociale chi faceva uso dell’aggressività e, alla fine, abbiamo sdoganato troppo una serie di atteggiamenti incompatibili con la convivenza civile, dando la stura al risentimento, all’odio, e a sentimenti negativi che non possono che sfociare nella violenza.

E, forse, ci è sfuggito anche un altro aspetto, come segno dei tempi che cambiano e con essi si trasformano anche le agenzie educative che trasmettono valori. Infatti, mentre noi, baby boomer, eravamo impegnati a crogiolarci nella critica del berlusconismo televisivo e non solo, che, mettendo in bella mostra tette, culi e finte emozioni, ci stordiva e ci ammaliava, ma sempre con stile e onorabilità al punto da indurci a rimpiangere il biscione e ad augurargli la pronta guarigione affinché possa tornare quanto prima a dirigere questo Paese, lasciandoci quantomeno l’innocua libertà di scambiare le mignotte con le nipoti di noti politici internazionali, i più giovani, i millennials della Generazione X e Y, avevano già abbandonato l’universo simbolico costituito dalla televisione e accedevano tramite il web ad una serie di universi simbolici incontrollati e incontrollabili, laddove, a fronte di una presunta libertà di parola, si è data la stura a qualsiasi tipo di contenuto e dove ciò che conta davvero è, appunto, solo il contatore delle visualizzazioni, incredibile motore e volano di ulteriore produzione di contenuti analoghi.

Era, e lo è tutt’oggi, impossibile vigilare sui contenuti del web, la sua forza persuasiva, i suoi contenuti informativi e il suo linguaggio scarno e accessibile a tutti s’impone con i suoi valori, con i suoi modelli vincenti e forgia ormai una popolazione che è diventata adulta, che da tempo si esprime attraverso il diritto di voto e si appresta essa stessa a diventare comunità educante con evidenti deleterie conseguenze per l’orizzonte morale della nostra società.

Eppure, non bisogna disperare, davanti alla deriva morale e ad un simile disprezzo per la vita in tutte le sue forme da parte di soggetti privi della minima educazione morale, ci sono anche tanti Willy, il cui volto e la cui lezione di umanità e solidarietà dovranno rientrare in un altrettanti milioni di corsi di etica sociale per le scuole e per gli istituti penitenziari e provare a invertire questa deriva morale in cui siamo incappati, complice la politica, da un po’ di tempo a questa parte.