Vitalizi, l’esclusiva del Fatto: il Senato di Casellati li ridà a 700 politici, in fumo 22 milioni all’anno

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L’organo di giustizia interno di Palazzo Madama ha già pronta la delibera per il 20 febbraio. Vengono annullati i tagli in vigore dal 2018: in fumo 22 milioni all’anno

Un insolito Massimo Teodori in scarpe da tennis minaccia di fare fuoco e fiamme perché la battaglia va combattuta fino allo stremo, come ai tempi belli dei digiuni radicali. Giuseppe Gargani, tutt’altro genere, da buon Dc si accomoda su una poltrona, elegantissimo ma pure lui in trepida attesa. Il più tranquillo di tutti però è l’avvocato Maurizio Paniz che ha già vinto perché sono quasi tutti suoi clienti gli ex parlamentari che hanno perso il sonno da quando un anno fa sono stati tagliati i loro onorevoli vitalizi. E che, tanto per dire quale sia posta in gioco, lunedì sera sfidando freddo e pioggia e pure qualche acciacco legato all’età, si sono affollati di fronte alla porta della commissione del Senato che dovrà decidere. Anzi, che ha già deciso senza nemmeno aspettare la camera di consiglio convocata per il 20 febbraio: riavranno i loro assegni fino all’ultimo centesimo.

LA SENTENZA è infatti già scritta e da tempo: il Senato ripristinerà i vitalizi così come li abbiamo sempre conosciuti e cioè senza la sforbiciata imposta dal ricalcolo su base contributiva in vigore dal 1 gennaio 2019. E gli oltre 700 ex senatori colpiti negli affetti e soprattutto nel portafogli dalla mannaia contro cui hanno fatto ricorso possono dunque tornare a brindare. A decidere l’organo di “giustizia” interna di Palazzo Madama ai cui vertici la presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati ha voluto giusto un anno fa il suo collega di partito Giacomo Caliendo, già sottosegretario alla giustizia con Berlusconi come lei. A fare da braccio destro a Caliendo l’ex magistrato Cesare Martellino che invece è in rapporti di antica amicizia con il capo di gabinetto di Sua presidenza, Nitto Palma. Neanche a dirlo anche lui tra gli ex senatori che beneficeranno della decisione della commissione da cui a novembre si dimise la pentastellata Elvira Evangelista proprio per prendere le distanze dal curioso intreccio di amicizie e conoscenze che si è coagulato nell’o rg ani sm o. “Un conflitto di interessi” lo aveva addirittura chiamato senza giri di parole Paola Taverna, la pasionaria del Movimento 5 Stelle che della lotta ai vitalizi ha fatto una battaglia identitaria. E che adesso, a meno di ripensamenti dell’ultima ora che sembrano improbabili, rischia di essere cancellata con un tratto di penna. Il conto da pagare per il Senato è salato: 22 milioni all’anno che riprenderanno a essere erogati ai senatori fuori corso a cui verranno restituiti pure gli arretrati.

MA PARTIAMO dalla fine. Perché la commissione Caliendo (di cui fanno parte oltre ai due membri laici Martellino e Alessandro Mattoni anche i senatori Simone Pillon della Lega e Alessandra Riccardi del M5S) ha già pronto il suo verdetto nonostante l’istruttoria si sia conclusa appena poche ore fa.

Eccolo qui: la delibera del 2018 con cui il Senato si è adeguato ai tagli imposti mesi prima dalla Camera sarà cancellata perché “si sostanzia in una totale rimozione di provvedimenti di liquidazione a suo tempo legittimamente adottati in riconoscimento e attuazione del diritto assicurato dalle norme allora vigenti e impone, anche dopo più decenni, una nuova liquidazione sulla base di una diversa disciplina che introduce criteri totalmente diversi, con assoluta negazione del legittimo affidamento”. E ancora. La delibera del 2018 è un intervento “non in linea con gli insegnamenti della Corte Costituzionale” perché, per la commissione Caliendo, il vitalizio sarebbe equiparabile alla pensione. Anzi un po’meno, ma fa lo stesso. “Il vitalizio ha una connotazione previdenziale, quanto meno prevalente che lo rende soggetto alle regole e ai principi affermati dalla Corte Costituzionale… che ammette che tali trattamenti possano essere modificati solo a certe condizioni e ponendo limiti a mutamenti peggiorativi”.

In soldoni vuol dire che il Senato, se proprio lo vorrà, potrà al massimo pretendere dai suoi ex inquilini un contributo più “ragionevole” del taglio oggi in vigore e che sia soprattutto limitato nel tempo. La delibera del 2018 che ha invece imposto per sempre il ricalcolo su base contributiva facendo dimagrire sensibilmente gli assegni va dunque cestinata.

LA COMMISSIONE contenziosa, si legge sempre nel dispositivo che il Fatto è in grado di anticipare, “accoglie i ricorsi e annulla le disposizioni nella parte in cui prevedono una rideterminazione degli assegni vitalizi anziché la loro riduzione”. In alto i calici, non è più tempo almeno per gli ex senatori, di tirare la cinghia.

di Ilaria Proietti da Il Fatto Quotidiano