Un grido di dolore dall’Afghanistan da una voce vera ma “schermata”… per non compromettere le operazioni in corso

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Afghanistan: militari raccolgono un ragazzino
Afghanistan: militari raccolgono un ragazzino

Dopo il Covid le Olimpiadi, e ora giornalisti e tuttologi danno sfogo al loro istinto creativo proclamandosi esperti in Afghanistan. Non a caso la vittoria dei Talebani è recepita in modi diversi. Non occorre essere dei grandi politologi per capire il fallimento dell’America e dell’Europa che si sono addentrate in un territorio in cui si intrecciano dinamiche etniche, tribali e politiche molto complesse, pretendendo di importare un concetto di modernità non apprezzato dalla maggior parte del popolo.

Afghanistan: la speranza della partenza
Afghanistan: la speranza della partenza

Per adeguarsi a uno stile di vita diverso ci vuole una grande intelligenza, voglia di modernismo, capacità di buttarsi alle spalle vecchie tradizioni. Nella mia vita ho avuto anche contatti strettissimi con ambienti integralisti e, se sono sopravvissuta, lo devo solo alla mia capacità di aver fatto un passo indietro: io, in casa altrui rispetto le regole.

Se sei capace di fare un passo indietro impari le regole, quando hai imparato le regole, puoi poi tentare di fare il passo in avanti; se vedi che la strada è fatta di troppi tornanti e salite, devi avere pragmatismo e intuizione per cambiare tecnica. La mia fonte, per questo articolo, è seria, è uno dei filantropi con cui dialogo, ma vuole rimanere anonimo e questo è un dovere, per tutelare la vita dei suoi collaboratori e perché l’operazione è in corso. Il 22 agosto mi ha fatto una critica corretta, per un mio supporto secondo lui (e veramente) fuori luogo e mi ha scritto:

“Oggi 22 agosto 2021. Siamo a lottare per portare quante più persone in salvo. Ne abbiamo dislocato 53 in zona sicura (zona sicura fino a oggi), cerchiamo di recuperarne altre cinque nascoste sulle montagne. Un bimbo di 4 anni ha preso l’insolazione per mancanza di acqua ed è in pericolo di vita. Siamo in contatto con chiunque voglia parlare o esporsi. Oggi siamo in contatto anche con l’Esercito Italiano che ci vuole aiutare. Queste persone sono esseri umani, fedeli che con la loro collaborazione cercavano di sfamare la famiglia. Se riusciamo a portarli fuori da questo inferno, li terremo a lavorare con noi, in altri posti. Io parlo solo dei nostri, ma per gli altri? Una delle famiglie coinvolte è stata fortunata, i talebani avevano preso un figlio, volevano sapere, dove fosse nascosta la famiglia, lui ha capito che se anche avesse dichiarato il luogo, sarebbe rimasto comunque ucciso. Ha tentato la fuga e ci è riuscito, si è ricongiunto alla famiglia. Abbiamo portato 48 persone all’aeroporto, dovevano partire, ma non sono potute partire, siamo arrivati in ritardo per tanti problemi emersi nel percorso. Lavorano con noi da più di 20 anni e noi vorremo che lavorassero con noi per tanti altri anni ancora, in altri luoghi. Sono, però i talebani a seguire tutto, per questo io preferirei vederli partire prima di dire che sono quasi in salvo. Alla fine il nostro volo non è partito, perché, oltre al ritardo, ora le compagnie di assicurazione non danno le coperture, partono solo voli militari. In queste situazioni ci si pone sempre un problema di coscienza, cioè, a chi dare la precedenza, ma noi speriamo davvero di non dover scendere a questo compromesso, abbiamo però bisogno di due mani di fortuna. Alcuni non vogliono partire senza la famiglia, altri sperano che la famiglia li raggiunga. Il mio augurio è di salvare quante più vite possibili. Con l’esercito parlano terze persone e se si risolve qualcosa, te lo faccio sapere. Tutto il mio management si è abituato a non dormire. Purtroppo questa situazione durerà settimane e penso nei prossimi giorni si capirà’ meglio”. Fine del discorso.

Afghanistan 2021: la gioia di un ragazzino in fuga, foto Military
Afghanistan 2021: la gioia di un ragazzino in fuga, foto Military

Queste sono parole semplici che trasmettono tutte le difficoltà, con i miei amici spesso ci permettiamo delle critiche, da Roma, da Vicenza o da Tel Aviv… (acqua di rose in confronto ai programmi televisivi) ma bisognerebbe essere in loco per capire il dramma. Stiamo parlando di persone, non di derrate di merci da traslocare, di persone che si muovono in un ambiente di guerra, dove la corruzione è l’ape regina cattiva e dove sono dislocati dei capi branchi, spesso di bassa scolarità e alta ferocia.

Sono certa che gli strateghi dell’America e dell’Europa hanno fatto delle analisi prima del ritiro ed hanno comparato le scelte delle varie intelligence, ma la loro boria non li ha portati a fare un confronto con un “già visto”: Israele quando ha ceduto Gaza all’Autorità Palestinese. Questa dolorosissima cessione doveva portare alla pace, al dialogo e invece, in meno di due anni, Hamas si è ripreso il controllo del territorio e il bilancio delle vittime è stato terribile e sarà ancora terribile. Non voglio continuare l’analisi per evitare di essere tacciata come “la solita sionista”, ma qui non si tratta di essere sionisti o altro, semplicemente di confrontare e confrontarsi. L’Afghanistan e altri paesi sono tribali, dove vige la regola del “consorzio” e dove pregiudizi, fanatismo, ignoranza sono i vincitori per assunto.

Signori, questa è la guerra, la guerra non è quella che raccontano sui talk show televisivi, utilizzando personaggi più per fare audience che notizia cruda. La guerra non è quella di Rula, Alba, Gad o Tony Spuacin (che non hanno mai partecipato a un conflitto reale), non è quella che si combatte sulle piazze e così via. La guerra è quella che si vive sulla propria pelle, non ha colori, non ha varianti, non è mai giusta, non vince mai il più forte, perché quando uno vince sulla pelle di un altro, non è mai un vincitore. La guerra è una cosa orribile, che dovrebbe importi di afferrare per mano un qualsiasi bambino, donna o vecchio che non hai mai visto prima, che non sai chi sia, se è sano o malato, ma il cuore ti dice di prendertene cura e portarlo con te, in un mondo magari non perfetto ma migliore di quello in cui hai raccolto la sua mano!

Afghanistan: Zebulon Simantov, l'ultimo ebreo
Afghanistan: Zebulon Simantov, l’ultimo ebreo

Il mio pensiero va anche all’ultimo ed unico ebreo di Kabul, Zebulon Simantov, la cui casa, in Flower Street funziona anche da Sinagoga. Fino al 21 agosto era vivo. Dopo la morte di Yitzhak Levy, avvenuta nel 2005 è rimasto l’unico ebreo residente, un punto di riferimento, che Dio lo protegga.

E così mi viene in mente una domanda “ma tutti quelli che dal 2001 hanno manifestato contro la Guerra in Afghanistan, chiedendo all’America e alle Forze Nato il ritiro, sono contenti di aver visto soddisfatto il loro desiderio?“.

Afghanistan: manifestazione 2018, foto The Indipendent
Afghanistan: manifestazione 2018, foto The Indipendent
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Paola Farina
Nata a Vicenza il 25 gennaio 1954, studentessa mediocre, le bastava un sette meno, anche meno in matematica, ragazza intelligente, ma poca voglia di studiare, dicevano i suoi professori. Smentisce categoricamente , studiava quello che voleva lei. Formazione turistica, poi una abilitazione all’esercizio della professione di hostess di nave, rimasta quasi inutilizzata, un primo imbarco tranquillo sulla Lauro, un secondo sulla Chandris Cruiser e il mal di mare. Agli stipendi alti ha sempre preferito l’autonomia, ha lavorato in aziende di abbigliamento, oreficeria, complemento d’arredo, editoria e pubbliche relazioni, ha girato il mondo. A trent’anni aveva già ricostruito la storia degli ebrei internati a Vicenza, ma dopo qualche articolo, decise di non pubblicare più. Non sempre molto amata, fa quello che vuole, molto diretta al punto di apparire antipatica. Dove c’è bisogno, dà una mano e raramente si tira indietro. E’ generosa, ma molto poco incline al perdono. Preferisce la regia alla partecipazione pubblica. Frequenta ambienti ebraici, dai riformisti agli ortodossi, dai conservative ai Lubavitch, riesce nonostante il suo carattere a mantenere rapporti equilibrati con tutti o quasi. Sembra impossibile, ma si adegua allo stile di vita altrui, in casa loro, ovviamente.