Un esperimento sociale per superare la crisi: BottegZONE, un’esperienza di economia locale a distanza… ravvicinata

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Durante i mesi di lockdown a causa della pandemia, molte sono state le strutture che hanno cercato di sviluppare una sorta di resilienza alla chiusura totale. Si sono moltiplicate, infatti, non solo le iniziative di solidarietà nei confronti delle famiglie più povere o che si sono trovate a fare i conti con una nuova crisi, ma anche i modi con cui portare avanti alcuni settori sociali, fra cui l’economia. Mentre tutti i negozi erano chiusi e aperti solo quelli strettamente necessari, ecco che i piccoli e medi commercianti hanno scelto di mettersi in rete e di rivalutare il passa-parola, che ancora caratterizza le piccole e medie città.

L’esperienza di cui vogliamo raccontare è quella del gruppo BottegZONE pensaci PRAIM (e-commerce e non solo della tua Bisceglie), creatosi nella cittadina di Bisceglie, provincia BAT, in Puglia. Si tratta di un gruppo Facebook in cui cittadini e piccoli imprenditori si sono messi insieme, chi per richiedere alcuni prodotti o alcune prestazioni professionali e chi per pubblicizzare le loro aziende e per offrire la propria merce. C’è chi chiede dove possa trovare un oggetto e chi suggerisce un negozio, chi richiede dove sia possibile acquistare alcuni prodotti e chi pubblicizza la propria azienda o il proprio esercizio commerciale.

La stessa sigla PRAIM (Professionisti Associati per l’Impresa) sta ad indicare il valore sociale e solidale dell’economia locale. L’esperienza di BottegZONE, infatti, si colloca all’interno della riflessione sulle economie locali. Il mondo globale e l’utilizzo della tecnologia digitale ci permette sempre più di avere a disposizione merci e risorse, generando così una sorta di percezione della merce a portata di mano. Le interconnessioni, la complessità della gestione dell’economia, l’utilizzo della finanza, i nuovi mercati online e delivery ci danno l’impressione di poter ordinare di tutto semplicemente stando al telefono: dal cibo già pronto ai libri, dal vestiario all’elettronica. Tutto a disposizione, insomma. Tuttavia, è sotto i nostri occhi l’accrescersi di una economia sempre più incentrata sulle multinazionali e sempre meno sui piccoli o medi imprenditori e commercianti.

Per ovviare a tutto questo e per accogliere consenso, l’acquisto dal negozio sotto casa ha interessato maggiormente la politica delle Destre Sovraniste, di tutti quei partiti che, in qualche modo, propongono di difendere l’italianità dei prodotti e il mercato locale. Se questo è vero da una parte, ci accorgiamo come non basti fare dell’acquisto sotto casa una campagna ideologica di difesa, quanto ci sia la necessità di sviluppare l’economia locale attraverso la creazione di comunità all’interno delle città.

In altre parole, non possiamo solo difendere il prodotto italiano, ma riconoscere come dietro quel prodotto ci sia una comunità che si incontra e fa delle scelte politiche in favore dello sviluppo del proprio territorio. A questo proposito, scrive sil sociologo Angelo Salento: «La costruzione di nuovi significati connessi al luogo e alla terra, e la loro reiterazione in uno spazio pubblico (anche quando circoscritto alla dimensione del paese) generano nel tessuto sociale la capacità di percepire in chiave politica quel che per l’innanzi era percepito in termini di esperienza prettamente individuale. Per così dire, la questione “della mia campagna”, si iscrive dentro la questione “delle campagne”: si costruisce un interesse collettivo intorno alle pratiche di gestione del territorio, alla produzione del cibo e, talvolta, intorno alla gestione di attività economiche di scala locale. Ma il carattere politico di questi movimenti si viene manifestando anche in forme più esplicite, come la capacità di costruire reti e spazi di collaborazione, definendo un lessico comune, condividendo esperienze ed esigenze, forme di mutualismo, e comunque fiducia, sino alla costruzione di nested markets, mercati di nicchia innervati da una tensione critica e solidale, e da convenzioni di qualità innovative. E poi anche costituendo “istituzioni” dell’economia sociale e solidale, come tavoli permanenti e riviste».[1]

La sfida dell’economia e della ripresa economica, dunque, parta da una risignificazione locale della domanda e dell’offerta. Andando ben oltre la retorica sovranista, dunque, c’è bisogno di una nuova ermeneutica che porti alla consapevolezza dello sviluppo locale, dell’azione dei vari attori sociali sul territorio, accomunati non più da piccoli interessi privati, ma da una visione che sappia utilizzare gli strumenti globali e di comunicazione sociale per una ricaduta favorevole sul territorio, nell’economia reale. Ritornare, insomma, a vedere l’economia come bene comune, come sviluppo collettivo, come ricerca di un benessere glocale. Questa filosofia economica potrebbe essere la chiave per il futuro sviluppo.

[1] A. Salento, Democrazia dei luoghi, bioregione urbana, economia fondamentale. Un approccio sperimentalista, in “Scienze del territorio” 8(2020), p. 58.


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a cura di Michele Lucivero

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