Tra la piazza di Bibbiano e gli asili nel bosco: la riflessione di Gian Pietro Santinon dell’IPAB Minori

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Parliamo di Bibbiano: anche ora?
Parliamo di Bibbiano: anche ora?

In questa campagna elettorale – scrive Gian Pietro Santinon, Presidente di IPAB per i Minori di Vicenza – per le regionali in Emilia Romagna gli abitanti del tranquillo paesello di Bibbiano hanno scoperto la loro piazza contesa per “oceanici comizi” d’altri tempi. Non -ahiloro!- per l’importante rilevanza della località, bensì per l’uso strumentale di un fatto di cronaca che, occorso proprio a Bibbiano e ancora al vaglio della Magistratura, è assai grave e preoccupante.

Mi riferisco, oltre lo specifico caso, ai temi della gestione degli affidi e dei comportamenti degli educatori nei confronti dei minori. Temi e comportamenti che, purtroppo con sempre maggiore frequenza, la cronaca ci restituisce quali spaccato di un mondo educativo e assistenziale dove le “mele marce” iniziano a diventare un po’ troppe.

A Bibbiano, ma anche in altre località, la politica locale e nazionale non ha purtroppo avanzato proposte, idee o azioni per combattere reati gravi, ove il minore in difficoltà è merce di scambio all’interno dei finanziamenti di reti assistenziali spesso improvvisate o è oggetto di una violenza, fisica o psicologica, che di educativo non ha proprio nulla; la politica non ha indicato una strada, magari di qualificazione delle strutture e degli operatori, per rassicurare e rasserenare un Paese che oramai non sa più a chi sta affidando i propri minori, i propri cittadini di domani. La politica, a Bibbiano e altrove, ha cavalcato la cronaca per dire “io c’ero”, “erano i vostri”, “fortuna che ci siamo noi” e altre idiozie da selfie che non ci fanno stare tranquilli rispetto alle ultime violenze registrate, solo nelle ultime ore, ad Alessandria e a Formello.

Parallelamente a episodi di violenza da parte di educatori, leggiamo -anche nella nostra provincia- di sindaci che con ordinanza dispongono la chiusura di improvvisati asili nei boschi, in stile hippy più o meno chic, per mancanza di misure igienico-sanitarie o di sicurezza. Altro aspetto della medaglia, che la politica nazionale ben poco conosce e ancor meno pratica.

Premesso che ciascuno è libero di educare i propri figli come meglio crede -e ad inserire quindi il minore nella scuola che ritiene più opportuna- lo Stato e le comunità locali hanno però due fondamentali obblighi: assicurare un numero di strutture pubbliche adeguato alle esigenze e vigilare affinché sedicenti “asili privati” siano a norma, puliti, sicuri e dotati di personale qualificato.

Che in Italia vi debba essere un numero sufficiente di posti nei nidi e negli asili, è promessa di ogni campagna elettorale, che parte dalle esigenze della donna per finire poi sconfessata in ogni classifica sulla qualità della vita. Il fatto poi che ai sindaci resti l’ordinanza contingibile ed urgente quale strumento di tutela verso situazioni di gravi irregolarità che vedono protagonisti i più piccoli, la dice lunga sulla carenza di cultura e metodologia nell’educazione e sull’inesistenza di processi di accreditamento e vigilanza continua.

Come IPAB per i Minori chiediamo di abbandonare lo slogan “Bibbiano”, su cui è chiamata ad esprimersi, per fortuna, la Magistratura; chiediamo invece di impegnarsi, come Nazione, per un sistema educativo che veda l’implementazione di strutture pubbliche -vero presidio di cittadinanza e investimento per il futuro-, l’accreditamento di strutture private sulla base di concreti parametri di qualità e sicurezza, che devono poi essere sempre verificabili e verificati, nonché attraverso la formazione/qualificazione degli educatori, con un serio monitoraggio di comportamenti e “campanelli di allarme”.

Il disagio, la povertà educativa e relazionale, sociale e culturale, l’impoverimento delle competenze e degli strumenti di apprendimento a cui il minore è purtroppo sempre più esposto sono già di per sé un serio problema, per il singolo e per la comunità.

Se a queste situazioni si aggiungono violenza o incompetenza degli operatori, pericolo o inadeguatezza delle strutture, il nostro civile Paese non può più definirsi tale.