Quale futuro per l’Iveco? Langella (Pci Veneto): “mezzi di informazione tendono a tacere”. Il documento del Comitato Futuro Iveco

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Alla Iveco di Brescia – è scritto in una nota di Giorgio Langella (segr. regionale PCI Veneto) – è in atto una lotta per il lavoro che vede impegnati tantissimi lavoratrici e lavoratori ai quali si vuole togliere il futuro. Di questa vertenza, come di tante altre, i mezzi di informazione nazionali, quelli importanti, tendono a tacere. Sembra che, quelle del lavoro, anzi della perdita di lavoro, siano questioni poco importanti. Non è così e la mobilitazione che c’è stata mercoledì scorso 22 luglio, nonostante le emergenze sanitarie e il periodo estivo, ne è la dimostrazione.

Chi vive del proprio lavoro lotta per difendere il lavoro come è successo  nel 1945  quando i lavoratori hanno difeso le fabbriche dalla distruzione che nazisti e fascisti in fuga volevano attuare. Sono altri che, per garantirsi sempre maggiori profitti, licenziano e chiudono gli stabilimenti produttivi. Incuranti della vita e del futuro di chi lavora e delle loro famiglie.

La vertenza dell’Iveco di Brescia è importante non solo per i lavoratori di quello stabilimento ma anche per il futuro di Brescia e per tutta la parte sana del nostro Paese. Per questo chiedo di non chiudere gli occhi di fronte a queste lotte per il lavoro che è importante conoscere e appoggiare.

Si legga il documento del Comitato “Futuro Iveco”, riportato in seguito, che racconta la giornata del 22 luglio e cosa sia la vertenza Iveco a Brescia. E si prenda coscienza che è possibile e necessario lottare per cambiare le cose.

QUALE FUTURO PER L’IVECO A BRESCIA?

Comitato “FUTURO IVECO”

22 LUGLIO: IL FUTURO DELL’IVECO È IL FUTURO DI BRESCIA!

Resoconto dalla mobilitazione in Iveco del 22 Luglio: Il futuro dell’Iveco è il futuro di Brescia!

Il 22 Luglio 2020, si è svolta a Brescia in Via Volturno, di fronte al Palazzo di Vetro dell’Iveco, un assemblea pubblica dei lavoratori nell’ambito delle 8 ore di sciopero chiamate dalle sigle sindacali per protesta contro la decisione della dirigenza CNHi di rivedere i piani aziendali firmati a Marzo, annunciando il definanziamento degli stabilimenti di Brescia e Lecce.


Come Comitato Futuro Iveco eravamo presenti per portare la nostra solidarietà e ribadire il nostro appoggio più volte dichiarato negli ultimi due anni.

L’assemblea, molto partecipata, (lo sciopero ha avuto una partecipazione di circa l’80% del personale, compresi molti impiegati), ha visto, oltre agli interventi delle rappresentanze sindacali (a partire da quella del Responsabile automotive Fiom-Cgil Michele De Palma), la partecipazione di Emilio del Bono, sindaco di Brescia, del presidene della Provincia Samuele Alghisi, ma soprattutto di molti operai e delegati di base che hanno fatto sentire la propria rabbia e la propria indignazione nei confronti della direzione aziendale e, in alcuni casi, anche critiche nei confronti di un certo immobilismo sindacale.

Più volte è stata ricordato la centralità e l’importanza, anche simbolica, dello storico stabilimento ex OM all’interno della città, non solo per una questione di ‘posti di lavoro’ ma anche di ‘cultura operaia del lavoro’; più voci ne hanno ricordato la storia, anche di ‘conflitto’ e il ruolo avuto in molte battaglie, a partire da quella per lo Statuto dei Lavoratori fino a quelle più recenti per la difesa del posto e della qualità del lavoro, battaglie a volte vinte, a volte perse, ma sempre combattute con orgoglio, dignità e coraggio.

E’ stato ribadito che questa vertenza non è solo per la salvaguardia degli stabilimenti di Brescia e Lecce ma una mobilitazione che si deve allargare a tutti gli stabilimenti Iveco e, ancora oltre, a tutti gli stabilimenti CNHi, FCA e altre aziende orbitanti attorno al gruppo Exor (Agnelli Elkann), gruppo ormai da anni proiettato nella finanza speculativa, come dimostra il fatto che dei 6,3 miliardi ricevuti dallo Stato per l’emergenza Covid-19 l’unica urgenza è stata quella dividerne immediatamente 5 con gli azionisti per poi stracciare gli accordi presi al MISE solo pochi mesi prima. 


Di ‘prenditori’ con questa mentalità non ci si può più fidare e come è stato detto oggi da più voci bisogna parlare l’unica lingua che capiscono: gli scioperi e la lotta di classe.

Vorremmo aggiungere che il ragionamento va portato oltre i cancelli degli stabilimenti CNHi, va allargato alla città e alla provincia, perché i costi di questa ‘crisi’, l’ennesima prodotta dal capitalismo, ricadranno e verranno fatti pagare alla classe produttiva, ai lavoratori e alle lavoratrici, alle loro famiglie. Perché ogni posto perso nella grande industria trascina con sé almeno altri due, tre posti di lavoro nell’indotto e nei servizi (importante è stata la presenza di un nutrito gruppo di lavoratori della logistica in lotta per il posto di lavoro che hanno portato la loro voce e la loro solidarietà).

L’impoverimento e la riduzione numerica della classe operaia, la sua precarizzazione, sono la causa principale della caduta dei consumi interni che provoca perdita di posti di lavoro nel commercio, nel turismo, nella ristorazione, nell’intrattenimento. È una reazione a catena, avviata già da anni, che bisogna provvedere ad interrompere al più presto, ne va non solo del futuro di chi lavora oggi, ma di quello delle generazioni future, dei nostri figli e nipoti. Sindaco e Presidente della Provincia lo hanno ricordato nei loro interventi e ci auguriamo che diano seguito alle loro belle parole.

Per fare questo è necessario che la classe lavoratrice riacquisti il ruolo centrale, politico, sociale e culturale che ha avuto negli anni delle grandi lotte e delle grandi conquiste, che la logica interclassista della ‘stessa barca’ ha smantellato minuziosamente, dall’abolizione della scala mobile, la moltiplicazione dei contratti fino all’abolizione dell’articolo 18, con l’aumento dell’età pensionabile e la privatizzazione della sanità pubblica. Oggi Confindustria, dopo avere tenuto aperte le fabbriche in piena emergenza sanitaria e anche durante il lock-down chiede addirittura l’abolizione dei contratti nazionali!!!

L’Italia è una Repubblica fondata sul Lavoro e sui Lavoratori, non sul profitto di pochi Paperoni con i conti all’estero e le sedi fiscali in Olanda!!! 

Con questa logica è nato il Comitato Futuro Iveco, per questo siamo al fianco dei lavoratori in lotta e li sosteniamo senza condizioni.

La proprietà deve rispettare gli accordi presi sul piano industriale. Basta promesse, basta speculazioni con soldi pubblici sulle spalle dei lavoratori, ora servono i fatti! 

Il futuro dell’Iveco è il futuro di Brescia!

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.