Prosecco nell’Unesco, tutti quelli che non brindano

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Bollicine Metodo Charmat o Champenoise?
Bollicine Metodo Charmat o Champenoise?

“Noi non brinderemo, perché qui c’è poco da festeggiare. Come mamme di Revine Lago, vogliamo lasciare ai nostri figli un patrimonio più importante del prosecco, il rispetto per la nostra terra”. Lisa Trinca non si unisce al tripudio del Veneto dove dal pomeriggio di domenica 7 luglio è tutto uno stappare bottiglie, alzare calici e complimentarsi a vicenda, perchè l’Unesco ha dichiarato le colline che vanno da Valdobbiadene a Conegliano un patrimonio ambientale dell’umanità.

“Il punto è proprio questo, quale ambiente? Non può essere visto solo da un punto di vista paesaggistico, ma anche da quello sociale e sanitario. E l’Unesco non lo ha fatto. Altrimenti ci avrebbe ascoltati”. Gilberto Carlotto, vicepresidente di Terre del Piave del Wwf, è un’altra voce in dissonanza, in una realtà agricola orientata ormai verso la monocultura. Quella che produce le bollicine del prosecco, un fenomeno enologico ed economico da mezzo miliardo di bottiglie prodotte nel 2019 (nel 2018 un fatturato di 2,3 miliardi), un marchio conosciuto in tutto il mondo, una straordinaria fonte di ricchezza.

È anche per questo che soltanto piccoli uomini e donne di buona volontà possono mettersi contro una macchina da guerra formidabile che a Baku, in Azerbaijan, ha centrato l’obiettivo, dopo la bocciatura di un anno fa. Rendendo felice il governatore leghista Luca Zaia, che è nato da queste parti, si è diplomato alla scuola enologica e rilascia interviste ispirate: “Dieci anni fa avevo un sogno… l’ho realizzato. E dopo le Olimpiadi a Cortina, adesso non resta che l’autonomia del Veneto, il terzo grande obiettivo”.

Poco prima della votazione, a Baku, si è alzata solo una voce per dissentire. Era il rappresentante della Ong anti-fitofarmaci Pan: “Questa candidatura prevede l’uso intensivo dei terreni e l’impiego dei pesticidi con gravi effetti sulla salute della popolazione e sulla qualità della vita. È questo il messaggio che volete trasmettere alle nuove generazioni?”. L’interrogativo è stato sommerso dall’acclamazione per il dossier italiano.

Le inutili denunce dei comitati

Evidentemente nessun altro aveva letto i documenti che associazioni, comitati, singoli ambientalisti hanno sfornato in questi anni. L’ultimo risale alla scorsa settimana, quando una delegazione di una trentina di associazioni veneto–friulane si è recata a Venezia per consegnare una diffida stragiudiziale alla Regione Veneto, con una copia per Icomos–Italia, l’International council on monuments and sites, che ha istruito la pratica del prosecco. La diffida dell’avvocato Alessandra Cadalt di Vittorio Veneto ha riassunto i motivi delle marce contro pesticidi e fitofarmaci che si sono svolte a maggio in Veneto, Friuli e Trentino, con l’adesione di Leambiente e Wwf.

“La provincia di Treviso consuma una media di 12 chili di pesticidi per ettaro, contro una media nazionale di 5 chilogrammi – scrive il legale –. In tutte le aree coltivate a vite tra aprile e agosto/settembre la popolazione è ostaggio e sequestrata in casa. Non può usare il giardino, stendere i panni, prendere il sole…”. I pesticidi vengono gettati ovunque, irrorano le viti, sono trasportati dal vento, inquinano le acque. I delegati dell’Unesco sono rimasti ammirati dalla bellezza delle colline. Scrivono invece gli ambientalisti: “È drammatica la situazione delle aree adibite a piantagioni di vite, non si vede altra cultura, solo viti, viti lungo le strade, viti vicino alle scuole, perfino viti sulle rotonde, a ridosso delle aree residenziali”. Ed è questa una delle accuse al prosecco: ha sconvolto il territorio, le coltivazioni hanno modellato le colline, distrutto i prati, abbattuto le siepi.

Milioni a palate dalle istituzioni

Silvia Benedetti, parlamentare padovana del gruppo misto. “La Regione Veneto finanzia a pioggia il prosecco, pompa letteralmente il prodotto con milioni di euro (dal maggio 2018 la Regione ha stanziato 40 milioni, ndr). E non si preoccupa di come avviene la coltivazione”.

Gilberto Carlotto, del Wwf di Conegliano, sulla partita giocata con l’Unesco ha le idee chiare. “È stato fatto tutto in segreto. Per mesi ho chiesto il dossier inviato a Parigi, ma il Consorzio del prosecco non lo ha mai reso pubblico. E non conosciamo nemmeno il piano di gestione”. Quando gli ambientalisti marciarono contro i pesticidi, l’ufficio stampa del Consorzio del prosecco diffuse un comunicato di fuoco. “Le accuse sono fake news. Il Protocollo Viticolo che abbiamo adottato ha vietato l’uso del glifosato, sebbene le normative italiane ed europee ne consentano l’impiego”.

Replica di Carlotto: “Intanto il protocollo è volontario, non un obbligo. Non mettono il glifosato per il prosecco superiore docg, ma poi la Regione lo autorizza per tutti i vigneti. E fa uno sconqasso. Poi ci sono le deroghe del ministero della Salute”. Lisa Trinca, una delle mamme di Revine Lago. “L’Unesco ha dato il riconoscimento a una zona dove non c’è conversione alla coltivazione biologica. Dove le viti continuano ad espandersi. Dove le colline vengono sbancate. Dove non ci sono fasce di rispetto e mettono i vitigni perfino vicino agli asili”.

E intanto il prosecco, alias spumante veneto continua ad andare forte. Nel 2019 è previsto il consumo di 3.000 ettari di terreno in più per soddisfare la domanda. Già il prosecco vedeva crescite vicino al 30 per cento in Usa e Regno Unito. Figuriamoci adesso, dopo la benedizione dell’Unesco.

di Giuseppe Pietrobelli da Il Fatto Quotidiano

L’INTERVISTA

di Giampiero Calapà 

“Viti in collina da secoli Lavoriamo solo a mano e non usiamo i veleni”
LA CANTINA GUIA – “NON ABBIAMO I TRATTORI, CI DEFINISCONO EROICI”

“In Valdobbiadene facciamo vino dal VIsecolo d.C.. La zona vitata dagli Anni Sessanta del Novecento è stata ridotta dal 28 al 20 per cento”. Edoardo Buso, 24 anni, laureato a Padova in viticoltura ed enologia, è il padrone – insieme a papà Mario, 59 anni, e mamma Wilma, 54 – dell’azienda Guia sulle Prealpi Trevigiane, tra 50 e 500 metri di altitudine, a cento chilometri da Venezia e dalle Dolomiti. “Le regole del Prosecco superiore sono stringenti”.

Insomma respinge le accuse di alcuni ambientalisti?

Dal punto di vista della sostenibilità ambientale abbiamo completamente eliminato il glifosato e abbiamo un regolamento che impone il non utilizzo dei principi attivi più rischiosi per la salute. Anche perché i trattamenti della zona collinare, a differenza di quelli in pianura, sono definiti “eroici” non a caso: si opera senza macchine, addirittura senza trattori, quindi i primi a essere esposti ai veleni saremmo noi stessi.

Il riconoscimento Unesco alle vostre terre, indicate come patrimonio dell’umanità, vi porterà vantaggi?

È una gratificazione, riconosce il lavoro dei nostri avi e i loro sacrificio, una storia secolare che viene finalmente premiata.

Crede che potrete avere anche un ritorno economico?

Solo se finirà la confusione tra “prosecco” o “spumante” e “Prosecco superiore” che è la docg Conegliano Valdobbiadene.

Lei è stato appena eletto al Comune di Valdobbiadene, giovanissimo consigliere comunale. Il Prosecco superiore è di destra o di sinistra?

Sono stato eletto con una lista civica. Il Prosecco superiore è della fatica di produrlo, della perseveranza di chi fa questa fatica e di chi ha il piacere di berlo.

Quanti siete in azienda?

Cinque: io, papà, mamma e due dipendenti, Carmen ed Alessio. E dà una mano anche mia sorella Laura, che ha solo 21 anni. Poi durante la vendemmia arriviamo a una trentina di persone.

La fatica vera in vigna la fa lei o papà Mario e mamma Wilma? Dica la verità.

Anche io, ma in vigna più i miei genitori. Si arrampicano tra le viti come ragazzini. È la loro vita. Io curo di più la fase in cantina. Ma fatico anche io giuro…

Lei ha cominciato a bere prestissimo suppongo…

(ride) Dopo il liceo scientifico avevo intenzione di studiare ingegneria, ma poi ha vinto questa passione.

I suoi genitori non le chiedono una moglie per avere una persona in più in azienda?

(ride ancora) Ci stiamo lavorando, ho una fidanzata, Larissa, 21 anni, che sa a cosa va incontro e poi è preparata: ha viti e terreni anche la sua famiglia. Quindi, almeno spero, non ci saranno grossi problemi.

Quanto Prosecco superiore producete?

Circa 2.500 ettolitri. Molto lo vendiamo, le nostre bottiglie sono 40 mila, non di più, per 300 ettolitri. Abbiamo 24 ettari in zona docg.

Qual è la differenza con un prosecco comune?

La terra fa la differenza, è più facile sorseggiare per capire che spiegarlo a parole. Il microclima è un altro elemento essenziale. Poi il lavoro dell’uomo in collina è talmente differente… Le posso dare questi numeri: per il processo produttivo annuale servono 600 ore di fatica senza macchine per ettaro contro le 150 ore in pianura completamente meccanizzate. L’inclinazione da noi è tra il 15 e il 60%, questo tipo di lavorazione non a caso viene definita “eroica”.

Il Prosecco superiore è un vino solo da aperitivo?

Guardi soprattutto a livello locale, poco diffuso oltre le nostre terre, c’è la versione rifermentata in bottiglia: resta secco in bocca ed è assolutamente adatto a pranzi e cene di carne.

Chiedo all’oste se il vino è buono…

L’unico modo per scoprirlo è stappare una bottiglia.

Il Prosecco superiore della Valdobbiadene vale lo Champagne francese?

La differenza è quella tra due mondi diversi. Sono differenti i metodi di spumantizzazione, sono completamente differenti i mercati e anche la storia, l’origine dell’avventura, è diversa. In Valdobbiadene i produttori, secoli fa, erano contadini, chi lavorava la terra era il produttore del vino. Nello Champagne, invece, i produttori erano clerici e nobili.

Per ritornare a quel discorso su destra e sinistra…

Io questo non lo dico, ma ritorno volentieri sulla fatica di queste terre e sull’orgoglio per il riconoscimento dell’Unesco.