Processo BPVi 16 novembre, Giovanni Roncato in video: una valigia di ceffoni al presidente Zonin. Solo etici?

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Oggi, avendone dato formale preavviso, non si sono presentati davanti al collegio giudicante del processo BPVi presieduto da Deborah De Stefano con giudici a latere Elena Garbo e Camilla Amedoro, i testi Fabio Brunello e Donata Orneri, che aveva messo a verbale di aver sottoscritto baciate per fare un favore all'amico Zonin),  ma ha inizialmente meravigliato i pm Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori l'assenza di Michelangelo Hauser, il figlio della Irneri.

Solo a fine udienza Pipeschi avrebbe saputo dalla GdF che avrebbe inviato il preavviso motivato di assenza in modo errato anche se stamattina, però, i corridoi di fronte all'aula C del processo BPVi lo sapevano...

L'unico teste sentito, quindi, dopo un'ora di attesa di Hauser è stato Giovanni Roncato.

Non sappiamo che effetto avranno sul collegio giudicante del processo BPVi i richiami, spesso pratici ma ancora di più etici, che l'imprenditore delle omonime famose valigie, ha mosso nell'udienza odierna alle responsabilità anche di Gianni Zonin, ex presidente della fu Popolare vicentina.

Alle domande del pm Luigi Salvadori il testimone odierno, dopo qualche iniziale titubanza poi superata dal pressing a base di letture di verbali sottoscritti negli interrogatori della GdF, confermava, intanto, una serie di baciate milionarie inequivocabili che gli erano state fatte sottoscrivere "ma da chiudere in poco tempo, cosa poi non fatta in alcuni casi per cui mi ritrovo con tre milioni da rendere a Intesa Sanpaolo...".

"Facciamo una cinquantina di milioni di fatturato e abbiamo qualche centinaia di dipendenti", così il presidente quasi ottantenne del gruppo Roncato ha, poi, risposto a una domanda lecitamente provocatoria dell'avv. Enrico Ambrosetti.

Il testimone lo ha detto in maniera approssimativa ma significativa perché spiega che, ad esempio, lui lascia guidare la finanza del gruppo alla figlia ma si sente responsabile delle sue decisioni prese nell'ambito di una linea definita nei cda di famiglia,

Il difensore dell'altro ottantenne in aula, l'imputato Zonin, con la domanda e la prevedibile risposta voleva sminuire la portata del giudizio, pesante come una valigia stracarica di condanne, intanto etiche, fatto da un presidente di un piccolo gruppo al presidente di una banca, che pure l'imprenditore idolatrava e in cui riponeva fiducia incondizionata: "Zonin non poteva non essere responsabile delle azioni dei suoi sottoposti" anche se guidava una struttura di migliaia di dipendenti e con masse miliardarie di movimenti economici.

Tra cui "anche 5 milioni addirittura di baciate alla Zappa, una mia società che non può fare utili  per una attività anche di difesa ecologica visto che si occupa di pesca nelle valli veneziane omonime. La Zappa era stata prima bocciata dai valutatori del credito e poi sdoganata per ordini superiori. Quella società non aveva alcuna possibilità di rispondere del debito ma mi chiesero un favore Sorato, Giustini e la loro filiera e io lo feci perché mi fidavo della banca e del presidente che mi tranquillizzò anche in occasione delle cene in cui gli chiesi anche se potevo stare tranquillo per le operazioni sottoscritte dalle società del mio gruppo....".

Se a volte, spesso?, i toni della deposizione di Rocato sono stati così "rustici" da far intravedere qualche smorfia di sorriso che rimbalzava dalla faccia di Zonin al volto del suo avvocato, proprio quei toni di un veneto comunque navigato appesantivano le accuse a Zonin per aver tradito la fiducia da lui (e da quanti altri?, ndr) riposta nel presidente della BPVi, che Roncato definisce più volte prima come "padrone" della banca, poi "padre padrone" salvo poi scusarsi con l'avv. Ambrosetti che gli rimproverava le qualifiche "improprie".

Non sappiamo, dicevamo all'inizio, se le accuse di Roncato contribuiranno consistentemente anche alle prove giudizialmente valide, le uniche che veramente e pragmaticamente interessano all'imputato Zonin, chiaramente insensibile agli appunti comportamentali che invece pesano, e come!, nel processo parallelo dei risparmiatori gabbati, non per milioni come Roncato, ma dei loro risparmi.

Loro in aula non ci sono e oggi anche il presidente Deborah De Stefano ha tristemente dato atto dello stoicismo dei solo due legali di parte civile presenti.

Ma a loro, che sbagliano a non esserci ma che ci seguono numerosi, proponiamo comunque di vedere e ascoltare il video integrale, che al solito vi proponiamo di seguito, della deposizione di Giovanni Roncato, un uomo che di strade impervie ne ha percorse non solo costruendo il successo del suo gruppo ma anche incorrendo in minacce della mafia del Brenta nei confronti dei suoi figli e portando all'estero parte dei suoi soldi per, disse, non darli a Maniero & c.

Un duro gabbato, parrebbe, da uno più smaliziato e cinico o più incapace di lui di capire il trucco delle baciate prodotte in serie da una banca "pervasa" dalla mala gestio, come ha testimoniato l'ispettore BCE Emanuele Gatti... che, però, da dirigente di Banca d'Italia, non risulta abbia mai chiesto ai suoi colleghi se e perché veramente di nulla si accorsero nelle loro ispezioni in via Btg Framarin - Vicenza.

Perché se è già difficile credere che dirigenti di una Popolare, grande ma regionale, da Sorato in giù, siano stati capaci di gabbare per anni il loro ventennale presidente, stra pagato se nulla capiva, parrebbe impossibile che quegli stessi manager siano stati capaci di beffare gli ispettori di Bankitalia.

Se così, invece fosse, quei dirigenti, più bravi dei loro mega controllori, dovrebbero essere condannati alla giusta pena da scontare... in via Nazionale - Roma per insegnare agli ispettori i trucchi del mestiere.

Per scoprire dei falsi chi ne sa di più dei falsari?

Nota

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