Pmi vicentine, indagine Confartigianato: 3 imprese su 5 hanno sospeso attività durante il lockdown, ma nessuno (o quasi) chiuderà

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Una lavoratrice in un'azienda manifatturiera
Una lavoratrice in un'azienda manifatturiera

Un quadro degli effetti del Coronavirus sulle imprese, i loro timori e le loro aspettative per il futuro è stato effettuato da Confartigianato Imprese Vicenza attraverso il suo Ufficio Studi che, tra il 25 giugno e il 3 luglio, ha raccolto i dati di quasi 800 questionari diffusi online alle aziende della provincia

Nei dettagli dei numeri le imprese che durante il lockdown (fino al 4 maggio) hanno sospeso l’attività sono il 59,1% (ovvero 3 su 5). Di queste il 51,6% hanno chiuso per attuazione delle disposizioni di governo e regione; il 7,5% per scelta. Il restante 40,9%, invece, ha continuato parzialmente o completamente l’attività.

Nel dettaglio nel comparto dei Servizi, 2 imprese su 3 (68,5%) hanno sospeso l’attività, mentre nei settori del Manifatturiero e delle Costruzioni si sono fermati rispettivamente, il 52,8% e il 54,9% delle imprese.

Dati, questi suffragati anche da un’indagine, sempre condotta dall’Ufficio Studi di Confartigianato Vicenza, in merito ai consumi di energia elettrica delle imprese che aderiscono al Caem (il Consorzio Acquisti Energia e Multiutility di Confartigianato) su un campione di 1.687 PMI. Si nota, infatti che, se rispetto al 2019, il 2020 era iniziato con una debole variazione positiva dei consumi elettrici a gennaio (+ 0,3%), seguita da un aumento a febbraio (+1,5%), a marzo in coincidenza con l’emergenza sanitaria e il lock down, si è registrato un crollo del 18,7%. Ad essere colpite da questo calo, rispetto allo stesso mese dello scorso anno, sono state soprattutto le imprese dei Servizi alla persona (-30,3%) e del settore della manifattura (-16,7%).
Inevitabile quindi che, da marzo a maggio, il fatturato sia calato notevolmente arrivando quasi a dimezzarsi: – 46,5% rispetto allo stesso periodo del 2019.

A mitigare gli effetti del lockdown la riapertura progressiva: a maggio il calo di fatturato è stimato del 36,9% rispetto alla stima del -57,2% per aprile e il -46,5% di marzo. Le imprese che hanno sospeso l’attività segnalano un calo del -56,4% nei tre mesi, mentre quelle rimaste aperte del -31,9%. Per le imprese che intercettano la domanda turistica il calo medio di fatturato registrato nei mesi di marzo-maggio si attesta al -53,4%, mentre per le imprese che esportano, sia direttamente che indirettamente, si attesta un calo del -45,7%. Al proposito, per quest’ultimo settore la ripartenza sembra essere più lenta, forse determinata dal fatto che negli altri Paesi ci sono ancora molte chiusure, e infatti a maggio segnano un calo del fatturato del 48,2%.

I settori che hanno registrato cadute più pesanti del fatturato nei tre mesi considerati sono: Benessere (acconciatori, estetica, arti sanitarie) (-67,3%), Artigianato artistico (-58,9%), Moda (-51,8%) e Comunicazione (-51,4%). Meno colpiti, invece, i settori Produzione (-36,2%) e Casa (edilizia e impiantisti) (-35,2%).

Il 43,1% delle imprese ritiene che per recuperare i livelli di fatturato pre emergenza Covid-19 ci voglia più di un anno (dalla primavera 2021), mentre un 36,7% ritiene che bastino 12 mesi. Un 10,2% pensa recuperare già entro ottobre e un ulteriore 10% entro la fine dell’anno. In media il tempo stimano di recupero è 14 mesi.

Oltre al calo di fatturato, le imprese nel 64,4% dei casi indicano tra le principali conseguenze della pandemia la perdita di commesse e ordini. A seguire nel 59,9% dei casi indicano la carenza di liquidità, nel 19,1% dei casi l’adeguamento ai protocolli di sicurezza e nel 15,8% dei casi indicano l’attivazione di forme di integrazione salariale (FSBA, CIG).
Tra le opportunità, invece, che sono derivate da questa situazione straordinaria, le imprese segnalano per lo più l’incremento delle vendite online (6,3%) e l’incremento dell’utilizzo di tecnologie digitali (5,8%).

Volgendo lo sguardo al futuro – tra 6 e 12 mesi – la metà delle imprese (49,5%) prevede un recupero parziale alla normalità, mentre il 41,6% prevede un recupero totale seppure graduale. In generale, comunque, si vede un cauto ottimismo, confermato anche dalle limitate prospettive di chiusura (2,2%) e cessione dell’attività (0,4%). A confronto, i colleghi lombardi rilevano intenzioni di chiusura e cessione dell’attività più elevate (rispettivamente 3,5% e 2,9%).

“L’indagine svolta dal nostro Ufficio Studi, che prevede anche degli approfondimenti disponibili a breve – spiega Agostino Bonomo, presidente di Confartigianato Imprese Vicenza -, rappresenta una sorta di mappa per capire a che punto sono le imprese e quali siano le strade verso cui si orientano o che vorrebbero imboccare. Risultano molte evidenze significative che ci aiutano a stabilire temi e modalità per sostenere le imprese artigiane in questo difficile momento di ripartenza, focalizzando le risorse e servizi verso le reali necessità delle diverse realtà produttive. I temi sono i più vari e pongono l’accento sulla situazione della liquidità delle imprese in particolare nel prossimo periodo post estivo che si prospetta troppo affollato di scadenze. I diversi livelli di governo del Paese – dai Comuni al Governo centrale, passando per la Regione – devono capire bene la situazione e agire concretamente a favore delle imprese, della loro tenuta e della ripartenza”.

“Vediamo infatti una ripartenza complessa e non facile, tant’è che in molti hanno dichiarato (il 43.4% ndr) che l’arco temporale arriverà alla primavera del 2021 – continua Bonomo -. Ma dimostriamo tenacia e perseveranza: solo il 2.6% ha dichiarato che chiuderà la propria attività. Stanno peggio i lombardi il cui 6.4% ha dichiarato la chiusura in un sondaggio omogeneo. Ci rimbocchiamo tutti le maniche quindi. Lo facciamo noi imprenditori con i nostri preziosissimi collaboratori, lo facciano anche i governanti annientando anche le gabbie burocratiche nelle quali spesso ci troviamo rinchiusi”.


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