Palazzo Braschi in Corso Palladio, sec. XV – sede della Società del Casino, parte 1

529

Palazzo Braschi, si trova sulla principale via della città, cioè il Corso.
Questo palazzo per secoli fu sede della Società del Casino, che accoglieva il fior fiore della nobiltà vicentina invidiata dalle città Venete.
In data 22 giugno 1786, nel Capitolare del Casino è scritto: oggetti di decoro, di comodo e di divertimento con universale compiacenza determinarono nel passato secolo la lodevole istituzione di questa società, col titolo di Compagnia nobile del Casino, diretta da provvide leggi che la conservarono nella sua primitiva costituzione.
La società si rinnovava ogni dieci anni, con la delibera del 24 luglio 1786 fu confermata la rinnovazione a tutto 11 novembre 1796, con la determinazione di prendere in affitto dai Conti Braschi la solita casa per servire alla nobile compagnia. Sulla base delle capitolazioni del 1745, era formato uno Statuto recante disposizioni per quelli che oggidì hanno interesse ad adunanze e annuali intrattenimenti. Secondo lo Statuto potevano essere iscritte alla Società tutte le famiglie nobili della città, non esercenti offici notarili.
Con scrittura del 26 marzo 1746, fu prescritto a ciascun cittadino nobile di presentare in avvenire il certificato di nozze e le fedi di battesimo dei propri figli per essere registrati in apposito libro ch’era tenuto dai Ragionieri del comune, e ciò perchè potesse provarsi la capacità legale ad appartenere al Consiglio dei 150. Questo perchè era ammesso anche il forestiero di qualunque città, così pure gli ufficiali di truppa regolare, ed i segretari della cancelleria ducale. Era potere dei presidenti introdurre soggetti meritevoli di essere ammessi per merito.
L’ingresso era stabilito in Lire venete 31, il contributo annuo lire 88. Era impegno della Presidenza tenere sempre aperto il Casino e di promuovere, secondo le circostanze dei tempi e della cassa, nobili trattenimenti, come una festa da ballo nel giorno del Corpus Domini.
Ammogliandosi alcuno dei soci e desiderando una festa da ballo per una sol volta in un giorno gradito previo l’esborso di 20 Ducati effettivi, a spese della Compagnia. L’organizzazione della Società prevedeva due presidenti, di cui uno cassiere, da due cavalieri, assistiti da tre consiglieri detti di Banca. Aveva a stipendio un segretario, tre inservienti col titolo di custode, sotto custode e maschera. Colla caduta del Governo Veneto la Società si sciolse. Le idee democratiche non si conciliavano con l’esistenza di sodalizi nei quali non poteva essere un solo ordine di cittadini (nobili).
Dopo Campoformio con il ritorno dell’Austria, i Soci del Casino ricostruirono la Società con un nuovo Statuto addì 30 gennaio 1798, fissando le regole preliminari della Compagnia purchè: non siano sovversive, né alteranti le regole fondamentali scritte.
1. Avrà voce attiva solo la persona iscritta.
2. Saranno eletti a pluralità di voti tre Presidenti tra i quali chi otterrà il maggior numero di voti sarà Presidente Cassiere.
3. Il Conte Pietro Cristoforo Caldogno offre alla compagnia la propria casa sino a tutto 11 maggio p.v. quando sarà di proprietà di Marc’Antonio Tecchio. La compagnia incarica i Presidenti di ringraziare.
4. Sarà formata una Cassa della Compagnia sborsando in mano del Presidente Cassiere zecchini; ossia Lire 94 e successivamente la quota annua stimata conveniente.
Se qualche spettacolo dovesse risultare troppo dispendioso per la cassa, la commissione dovrà votare a maggioranza, provvedendo ad una contribuzione straordinaria di n. 2 zecchini ovvero Lire 47 in un anno.
Si potranno invitare ai trattenimenti quelle persone estranee, purchè nobili.
I tre Presidenti eletti dovranno presentarsi a S.E. Tenente Maresciallo Barone Kray e pregarlo ad accordare la sua protezione a questa nobile privata Unione, invitandola ad intervenire.
I forestieri nobili saranno ammessi quando vengano presentati dai nobili soci iscritti.
La sorte della Società dipendeva dal fatto di poter trovare una sede stabile e decorosa, poiché il conte Caldogno aveva concesso ospitalità solo provvisoriamente. I Presidenti furono costretti a chiedere in affitto per alcuni anni il piano nobile del Palazzo, ma il conte offrì una sala ed alcune camere gratuitamente, per un decennio.

Luciano Parolin

– Pubblicità –