Morto il neonato con parto indotto colpito da attacco terroristico in Israele

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È? morto il neonato in Israele nato per parto indotto. Nonostante gli sforzi dell?’equipe del Centro medico Shaare Zedek il neonato non ce l?’ha fatta. Ha voluto lasciare questo mondo a lui ostile e senza dire niente a nessuno, ha alzato le ali ed è volato in cielo, mentre la madre è ancora ricoverata in ospedale in condizioni critiche. Di chi parlo? Già… dimenticavo, i giornali italiani (ed europei) non parlano mai degli attentanti in Israele dove vengono feriti e assassinati inermi cittadini… è normale che gli ebrei debbano morire, nel silenzio e nell’indifferenza della collettività. Risparmiatevi pure l?ipocrisia di facciata, perché mai vi chiedete dell’indifferenza e del silenzio dei campi di sterminio? Voi ora, maestri della memoria, becchini del dolore altrui, vi chiedete perché è giusto morire in Israele, alla fermata di un autobus o camminando per strada? No, perché la cosa non vi riguarda, non gratifica il vostro ego e non rende onore al vostro buon nome. Accade che gli ebrei muoiano in Israele, vittime di attentatori palestinesi, Hamas, Hezbollah, ANP. Accade che l?’ONU non abbia il coraggio di condannare Hamas, Hezbollah, Anp, mentre ha il coraggio di condannare quasi quotidianamente Israele.

Alla creatura è stato dato il nome di Amiad Israel, che significa ?Il mio popolo è eterno?. Piccola stella costretta a nascere alla trentesima settimana di gestazione, perché la madre è stata ferita gravemente all?’inguine e al ventre, figlio di Shira e Amichai Ish-Ran (anche lui ferito nella sparatoria), poco più che ventenni. Amiad è stato sepolto al Cimitero del Monte degli Olivi a Gerusalemme. I genitori ancora ricoverati non hanno partecipato al rito funebre, ma il nonno paterno, Rafael, tra le lacrime ha detto: “?Hai portato così tanta luce, che con la stessa luce noi oscureremo la loro negatività (dei terroristi n.d.r.)”.

È? scattata la caccia ai terroristi, il premier Benjamin Netanyahu ha detto: “Il nostro cuore è con Shira e Amichai dopo il trapasso del loro bambino di quattro giorni ? vittima di assassini spregevoli, i criminali più deviati della terra”, aggiungendo “Spero che presto si possano dare notizie in merito”. Fedele alla sua parola, nel giro di poche ore l’intelligence israeliana e le forze militari hanno rintracciato la cellula terroristica autrice dell’attacco, in un villaggio vicino a Ramallah. Uno dei terroristi è stato ucciso in una sparatoria con le forze speciali dell’IDF e almeno altri quattro sospettati sono stati arrestati e sotto interrogatorio.

Mi piacerebbe sapere quanti dei lettori di VicenzaPiù erano a conoscenza della notizia. Ma sono certa che il 27 gennaio tutti i giornali parleranno della Memoria, della Shoà, dei Campi di Sterminio, dell’?indifferenza della gente negli anni 40 (ed ora?), di come sia potuta accadere una cosa così grave. Ma di che cosa pretendete di parlare se non siete in grado di diffondere notizie come questa, non provate un senso di disagio a ricordate gli ebrei scomparsi nella Shoà, se non siete capaci di ricordarvi di una creatura di quattro giorni, nata alla trentesima settimana di gestazione per colpa di un terrorista palestinese?

Giornalisti e politici, filosofi e studenti, casalinghe ed intellettuali, professori e operai, preti e perpetue che parlano di memoria il 27 gennaio, con le lacrime agli occhi, con espressioni di falso dolore: ma come potete ricordare gli ebrei morti, se non sapete ricordare e rispettate quelli vivi, che magari sono anche i vicini della porta accanto?

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Paola Farina
Nata a Vicenza il 25 gennaio 1954, studentessa mediocre, le bastava un sette meno, anche meno in matematica, ragazza intelligente, ma poca voglia di studiare, dicevano i suoi professori. Smentisce categoricamente , studiava quello che voleva lei. Formazione turistica, poi una abilitazione all’esercizio della professione di hostess di nave, rimasta quasi inutilizzata, un primo imbarco tranquillo sulla Lauro, un secondo sulla Chandris Cruiser e il mal di mare. Agli stipendi alti ha sempre preferito l’autonomia, ha lavorato in aziende di abbigliamento, oreficeria, complemento d’arredo, editoria e pubbliche relazioni, ha girato il mondo. A trent’anni aveva già ricostruito la storia degli ebrei internati a Vicenza, ma dopo qualche articolo, decise di non pubblicare più. Non sempre molto amata, fa quello che vuole, molto diretta al punto di apparire antipatica. Dove c’è bisogno, dà una mano e raramente si tira indietro. E’ generosa, ma molto poco incline al perdono. Preferisce la regia alla partecipazione pubblica. Frequenta ambienti ebraici, dai riformisti agli ortodossi, dai conservative ai Lubavitch, riesce nonostante il suo carattere a mantenere rapporti equilibrati con tutti o quasi. Sembra impossibile, ma si adegua allo stile di vita altrui, in casa loro, ovviamente.