Monte di Malo, il “Buso della Rana” è la grotta più grande e incantevole del Veneto, avvolta da misteri e leggende

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Il Buso della Rana a Monte di Malo (Vi) è la grotta più grande del Veneto ed ha un fascino misterioso, da cui la gente è attratta, ma anche molto spesso spaventata… Un po’ come succede anche per la Montagna Spaccata di Recoaro Terme o per la Val del Boja di Valdagno. Secondo alcune dicerie, molti anni fa alcune persone sarebbero entrate e sarebbero in seguito sparite nel nulla, come “inghiottite” dalla Grotta. C’è chi allora preferisce osservare “il Buso” da fuori, come abbiamo fatto noi… O chi sceglie di entrarci con speleologi esperti. Fra leggende e falsi miti, Michele Ferretto, speleologo e presidente dell’associazione Biosphaera, nel 2019 ci ha raccontato perché questa grotta continua a intrigare tanto. Vi riproponiamo l’intervista, assieme ad un viaggio attraverso delle nuove foto che abbiamo scattato per voi.

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Dal parco del Buso della Rana, si arriva alla grotta con questa visione. Foto: Marta Cardini

Cosa ne pensa di queste dicerie? Sono frutto della fantasia o c’è un fondo di verità?

“Qualsiasi grotta raccoglie e accumula intorno a sè racconti e leggende tramandati nel corso degli anni e dei decenni dagli abitanti del luogo. Si parla di grotte che percorrono intere montagne, grotte che celano incredibili tesori, grotte che danno riparo a ninfe e anguane…

Tutto ciò è frutto del fascino e del rispettoso timore che questi ambienti suscitano nelle persone, fascino e timori che nascono soprattutto dall’impossibilità di conoscere facilmente e da vicino questi ambienti. Molto spesso, per essere esplorati con sicurezza e soddisfazione, essi richiedono tecniche specifiche di progressione, materiali tecnici e buone competenze, il tutto unito a molta molta prudenza”.

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Il Buso della Rana visto da fuori. Foto: Marta Cardini

Quali leggende sottostanno al pensiero della gente che le grotte siano governate dalle forze dell’occulto?

“Le cose che non si capiscono, che non si conoscono, fanno paura e suscitano timore. Ma non c’è meraviglia più grande di esplorare e capire questi ambienti e gli elementi naturali che conservano: ci sono insetti dalle lunghe zampe e dalle lunghe antenne, alla costante ricerca del poco cibo che la grotta può offrire: ci sono i i pipistrelli che si orientano perfettamente pur nella più totale oscurità; ci sono piccoli crostacei che vivono nelle acque più interne, bianchi o quasi trasparenti. Tutti questi casi nascondono necessità vitali (gli scienziati li chiamano “adattamenti evolutivi”) che rappresentano l’incredibile capacità degli organismi naturali di modificarsi nel corso dei millenni e di sfruttare ogni piccola possibilità offerta dagli ambienti e dagli habitat.

D’altra parte è bello farsi affascinare da queste storie, che nascono molto spesso dalla precisa volontà di “spaventare” soprattutto gli sprovveduti, al fine di evitare loro spiacevoli situazioni (ci sono casi, appunto, di persone che entrano in questi ambienti senza la minima preparazione e senza nemmeno….una torcia)”.

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Dalla grotta immensa esce un ruscello. Foto: Marta Cardini

In realtà stiamo parlando della Grotta più grande del Veneto e del Sito di importanza comunitaria più grande che abbiamo? Quali ricchezze ci sono a livello storico e speleologico?

“A livello speleologico la grotta è un vero e proprio patrimonio di storia ed evoluzione delle tecniche e delle possibilità esplorative: esplorata da dagli inizi del ‘900, ancora oggi riserva occasioni e sorprese per aggiungere piccoli o grandi nuovi tratti alla già ricca collezione di corridoi, sale, salette, sifoni, camini, laminatoi ecc. ecc.

Ma soprattutto, la grotta è un’area protetta a livello europeo ed insieme a moltissime altre aree della cosiddetta Rete Natura 2000 contribuisce a conservare gli habitat e le specie di interesse comunitario che nel complesso costituiscono il patrimonio di ricchezza naturalistica dell’intero continente: in questo senso la grotta conserva un vero e proprio esempio di  ecosistema ipogeo, con le componenti abiotiche (rocce, acqua, ecc.) biotiche (animali e specie vegetali) e relazionali che lo compongono.

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All’entrata della grotta occorre fare attenzione a dei massi che possono cadere. Foto: Marta Cardini

È anche un sito geologico e paleontologico (un cosiddetto geosito) che contribuisce al racconto dell’importantissimo Stratotipo del Priaboniano (un pacco di rocce formatosi in un antico mare di circa 35 milioni di anni fa) con numerosi resti fossili rinvenuti nel corso degli anni (crostacei, molluschi e molto altro) in parte conservati nel nuovo Museo del Priaboniano che sorge a pochi minuti di strada e che da solo vale la visita”.

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Il fascino di questa enorme grotta rocciosa. Foto: Marta Cardini

Ci possono entrare solo visitatori esperti/speleologi e studiosi, oppure anche persone non esperte con visite guidate o altro?

Possono entrarci anche persone non esperte, purchè accompagnate da guide esperte, in un percorso divertente e senza pericoli. Da Marzo ad Ottobre (per il resto dell’anno la grotta resta di unica proprietà dei pipistrelli!) diversi gruppi organizzati percorrono il ramo principale fino al Cameron dei Massi, passando per il celebre Sifone e percorrendo l’acquatico Ramo delle Marmitte”.

Cosa c’è di interessante da vedere?

“L’esperienza di capire l’habitat ipogeo, e sicuramente la possibilità di vivere una vera e propria avventura speleologica alla portata di tutti dove ci si sporca, ci si bagna, si striscia ma soprattutto ci si diverte”.

Quanto è grande il Buso della Rana?

“Conto tondo? poco meno di 40 km, considerando l’intero complesso Buso della Rana – Grotta della Pisatèla, due grotte esplorate in modo autonomo ma che fanno parte delle stesso ambiente ecologico, unite fisicamente dagli speleologi (con un passaggio possibile anche agli “animali umani”) solamente nel corso del 2012”.

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Chi non si sente di entrare, può godere della vista spettacolare da fuori la grotta. Foto: Marta Cardini