Monte dei Paschi di Siena “horror story”. L’ad Bastianini in Commissione Banche ripercorre gli ultimi anni da “profondo rosso” dell’istituto senese

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Guido Bastianini, ad di Monte dei Paschi di Siena
Guido Bastianini, ad di Monte dei Paschi di Siena

L’ambizione di scalare le vette della finanza del Paese, a tutti i costi, ha trascinato dal 2007 in poi Monte dei Paschi di Siena in una crisi ripetuta a danno degli azionisti, con una conseguente spirale di processi per vicende ancora poco chiare (ad esempio il suicidio/omicidio di David Rossi) e intessute di “intrighi” con la politica. Anche la sua acquisizione da parte dello Stato – per salvare la “banca rossa” – ha creato non pochi problemi. Acquisto di cui, però, dovrà disfarsi a breve, con ulteriore danno miliardario, ma questa volta a carico di tutto il Paese, per rispettare le regole europee.

«Questa è la banca più antica: ha resistito a guerre, pestilenze e carestie, ma non ha resistito alla mania di grandezza di un ex presidente». Con queste parole il senatore Elio Lannutti (M5S) si rivolge amareggiato all’attuale amministratore delegato di MPS Guido Bastianini in Commissione d’inchiesta sul sistema bancario. (Qui sotto il video dell’audizione).

Nell’audizione del 22 settembre scorso l’ad di MPS ha ripercorso i principali eventi che hanno segnato l’istituto di credito toscano negli ultimi anni: dall’acquisto onerosissimo da Banco Santandèr di Banca Antonveneta, con relativi contenziosi e procedimenti giudiziari, fino ad arrivare alla recente operazione di scissione dei crediti deteriorati con Amco.

1) Acquisizione di Banca Antonveneta

L’8 novembre 2007 – spiega l’ad Bastianini – il cda approva l’acquisto di Banca Antonveneta rilevata nell’estate dello stesso anno dal Banco di Santander attraverso l’acquisizione della banca olandese ABN Amro, che già la possedeva. Il 17 marzo dell’anno successivo Bankitalia, allora governata da Mario Draghi, autorizza il perfezionamento del contratto. Il prezzo stabilito è di «9 miliardi di euro e 230 milioni di interessi maturati in vista del closing». Per Antonveneta Santander invece pagò all’istituto olandese 5,7 miliardi di euro, quasi 3 miliardi in meno rispetto all’operazione di MPS. Per di più non vengono nemmeno calcolati i quasi 10 miliardi di copertura del deficit di raccolta della banca, ammontare che si somma al “prezzo di listino” dell’istituto veneto. L’obiettivo dell’allora presidente della banca senese Giuseppe Mussari era chiaro: «Diventare da sola la terza banca nazionale: raggiungere 3 mila sportelli e il 10% della quota di mercato», spiega Bastianini alla commissione, costi quel che costi.

«L’operazione viene finanziata attraverso un ricorso a vari strumenti di capitale e di debito» continua il manager. Il prezzo di Antonveneta di 9,3 miliardi viene parzialmente coperto da un aumento di capitale da 5 miliardi: 2 miliardi attraverso un prestito obbligazionario, 2 con un prestito ponte di vari istituti di credito e l’ultimo miliardo con l’emissione di titoli FRESH – obbligazioni convertibili in azioni – attraverso la banca americana J.P. Morgan.

Anche Fondazione Monte dei Paschi risente dell’acquisizione di Antonveneta. Dopo la rilevazione dell’istituto veneto il patrimonio della Fondazione risulterà puntato per il 90% sulle azioni dell’istituto senese, con buona pace dell’auspicata diversificazione prudenziale del patrimonio.

2) Aumenti di capitale nel periodo 2010-2020

Negli ultimi dieci anni «il rispetto dei vincoli regolamentari in tema di patrimonio su cui avevano inciso le rilevanti rettifiche di valori su crediti – prosegue Bastianini – e, più in generale, le ricorrenti perdite di esercizio» hanno imposto ad MPS un «aumento di capitale complessivo per 18,5 miliardi di euro».

Nel 2011 Bankitalia chiede a Monte dei Paschi un consolidamento del patrimonio per sanare le destabilizzazioni dell’operazione di acquisto di Antonveneta che, passando attraverso l’Operazione Alexandria, aveva prodotto perdite per 2 miliardi, compensate in seguito dai Tremonti Bond. Poi, nel 2014, un altro aumento di 5 miliardi per «allineare MPS alle best practice».

Nel 2015 sono necessari ulteriori 2 miliardi e 993 milioni di aumento dopo che la Bce boccia negli stress test Monte dei Paschi per un deficit patrimoniale di 2,1 miliardi. E infine, nel 2017, la banca procede al cosiddetto burden sharing («condivisione degli oneri»). Operazione che prevede la sottoscrizione col Ministero dell’economia di un aumento di capitale per 3,9 mld di euro e 4,5 mld a carico degli obbligazionisti tramite conversione di obbligazioni subordinate. In totale altri 8,4 miliardi: «Un pozzo senza fondo» commenta il senatore Lannutti.

3) Contenziosi e procedimenti giudiziari

I contenziosi, o «petitum», che pendono su Monte dei Paschi al 30 giugno 2020 per un totale di oltre 10 miliardi – riporta l’ad Bastianini – sono di tre tipi. La tipologia dei contenziosi “probabili” prevede richieste per 6,6 miliardi di euro, coperte per il 14% da accantonamenti; quelli “possibili” per 2,2 miliardi e quelli “remoti” per 1,4 miliardi di euro.

I procedimenti penali che interessano l’istituto senese su cui si sofferma Bastianini, invece, iniziano nel 2012 e procedono ancora oggi. Il periodo tra il 2008 e 2011 rileva cause penali legate principalmente all’acquisizione di Antonveneta. Nel 2012 la Procura della Repubblica di Siena ha infatti avviato indagini per falso in bilancio e manipolazioni di mercato inerenti ai bilanci di esercizio 2009-2012 di Monte Paschi con operazioni portate a termine con il supporto (?) finanziario anche di banche straniere (Operazione Alexandria e Operazione Santorini). Nel novembre del 2015 «la Procura di Milano rinvia a giudizio alcuni ex vertici della banca»: Giuseppe Mussari, Gian Luca Baldassarri e Antonio Vigni. L’8 novembre del 2019 verranno tutti condannati in primo grado.

Tra il 2014 e il 2015, la decisione di Monte Paschi di «mantenere la contabilizzazione dell’operazione Santorini a conti aperti», spiega Bastianini, ha generato una serie di esposti penali tra cui, ancora, «falso in bilancio e manipolazione di mercato». In poche parole MPS contabilizzava erroneamente (ma con il placet di Banca d’Italia, ndr) dei derivati creditizi (Credit default swap) come titoli di stato, offrendo un bilancio falso ai suoi azionisti. Nel 2015 la Consob ha quindi ingiunto alla banca un restatement, imponendo la contabilizzazione a saldi chiusi. «Una horror story che ci trasciniamo da anni» annota il deputato veneto Raphael Raduzzi (M5S).

4) NPL e Operazione Hydra

NPL è l’acronimo di «Non Performing Loans», che in italiano si riferisce ai «crediti deteriorati». “Non performing” sono tutte quelle attività che non rispettano i contratti delle attività di credito tra banca e richiedente, soprattutto in merito al rientro di denaro verso l’istituto che eroga il credito.

Al 31 dicembre 2015 Monte dei Paschi aveva registrato un’esposizione netta in termini di crediti deteriorati pari a circa 18 miliardi di euro, in aumento del 7% rispetto a fine dicembre 2014. Numero che però si va assottigliando negli ultimi anni: nel 2018 i crediti deteriorati sono 16,8 mld miliardi, nel 2019 si arriva a 12 miliardi. «Nel Piano di ristrutturazione condiviso con l’Europa del 2017-2019 – annuncia l’ad di MPS Bastianini – tutti gli impegni presi sono stati adempiuti dalla banca».

Nell’ottica del consolidamento dei crediti deteriorati, nel giugno del 2020 il cda di Monte dei Paschi delibera l’Operazione Hydra: la riduzione degli NPL tramite scissione del portafoglio delle sofferenze con la società Amco S.p.a.. L’istituto senese passerebbe quindi da 11,6 miliardi di crediti deteriorati a 3,4. L’«NPL ratio – il rapporto tra il totale delle sofferenze e il totale dei crediti della banca – passerebbe dall’11,8 al 4 per cento, sotto la media di sistema» prospetta Bastianini. «Una fondamentale opportunità – la definisce – per diminuire la rischiosità creditizia del gruppo, allineandola ai migliori standard, e affrontare la crisi economica con un patrimonio più solido».