Mafia in Veneto, una realtà infelice ma presente da quasi mezzo secolo: un rapporto dei carabinieri del nucleo operativo di Padova risale al 1974

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La realtà mafiosa in Veneto esiste almeno dagli anni '70; volendo scegliere un anno preciso, evidenziando una particolare annotazione scritta con valore legale, esiste dalla stesura di un rapporto dei carabinieri del nucleo operativo di Padova, risalente al 1974.

In quella informativa viene definito chiaramente come "..da alcuni giorni un nucleo di teppisti di giovane età e palesemente armati,... commettono atti di violenza e di intimidazione... onde creare terreno fertile al comune disegno criminoso...senza tema di essere denunciati." I primi passi per il controllo del territorio.

Il "nucleo" descritto in questo documento agisce tra Padova e Venezia, una terra dove le leggi dello stato sono più deboli, sia per la "confusione" tipica dei territori di confine a livello di giurisdizione che per la storia non indifferente di bande, rapine e contrabbando propria di quelle zone. Ma quest'ultimo "nucleo" che ha attirato l'attenzione dei carabinieri si sta preparando a fare un salto di qualità. E le intimidazioni sono solo il primo passo.

La Mala del Brenta, che verrà poi definita anche Mafia del Brenta, nasce come molte delle bande precedenti in quelle zone, ovvero una spontanea aggregazione di ragazzi che vogliono guadagnare soldi facili, non faticare come i contadini ed anche, perché no, vivere con il gusto dell'avventura. Quest'immagine "delle origini", unita al fatto che la banda è realmente abile ed intraprendente nelle rapine, non verrà mai persa del tutto, nemmeno al giorno d'oggi. Felice Maniero "Faccia d'Angelo", il boss di questo clan veneto, vedrà infatti sorgere una infinita serie di anneddoti e leggende sulla sua figura, che avrà pure una versione filmica: "Faccia d'Angelo", con Maniero interpretato dall'eccellente Elio Germano.

La realtà è molto meno "romantica" di quanto non narri la leggenda: uno dei primi guai giudiziari che vede il nome di Maniero riguarda lo stupro di due turiste.

La banda frattanto è particolamente intraprendente ed organizzata a livello di rapine, ma questo talento è parte in causa dell'ascesa del clan non tanto come parte di una spontanea capacità generale di imposizione autonoma nella scena criminale e conseguente ascesa, quanto come prova di merito rispetto all'osservazione di chi le decisioni le prende davvero: Cosa Nostra.

Da almeno un decennio infatti Cosa Nostra, anche tramite suoi membri in soggiorno obbligato nella zona del Brenta, da Milano e dalla Lombardia si era estesa fino al Veneto, imponendosi nel territorio. Una banda di ragazzi giovani, ambiziosi e senza scrupoli era un'ottima "socia di minoranza".

La Mala del Brenta gestisce la droga, l'eroina. E non si può trafficare in eroina a livelli alti senza il consenso delle cosche siciliane. Certo, alcuni gruppi, tipo la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, sono capaci di crearsi canali autonomi, ma non si può pensare che la NCO, un'unione di numerosi clan campani con agganci nella 'Ndrangheta ed in Cosa Nostra Americana, sia uguale al gruppo di Maniero per quel che riguarda forza e numeri. Anzi, calcolando pure i cattivi rapporti tra la NCO e Cosa Nostra Siciliana, acquisisce anche un senso più chiaro la "cacciata" dei cutoliani da Modena eseguita dalla Mala del Brenta (che si prende il territorio Emiliano, ovviamente).

Ma tornando al nostro Veneto, Maniero appunto gestisce l'eroina. "Federa" nella sua organizzazione altri gruppi criminali, Mestrini e Veneziani di Laguna, necessari per il rifornimento e la distribuzione della merce. Poi assalta anche il Casinò di Venezia, anzi, i cambisti del Casinò, quelli che prestano denaro a strozzo ai ludopatici ricchi. L'idea è controllarli, sopratutto controllare i loro soldi. Fidanzati, un noto boss siciliano, è presente ed attivo all'azione. E' la notte del 10 ottobre 1980. La partecipazione diretta di un mafioso siciliano vuole dire chiaramente che quel territorio è sì sotto il controllo di Maniero, ma anche dei suoi "soci di maggioranza".

Nel 1990 intanto, dopo dieci anni di "ampliamento aziendale", giusto per dare un avvertimento a chi tende ad impicciarsi troppo dei suoi affari, la Mafia del Brenta assalta a colpi di arma da fuoco la caserma dei Carabinieri di Campagna Lupia (all'interno della stessa dorme la figlia del comandante, ancora bambina). Gli uomini della mafia veneta non entrano, si limitano a sparare da fuori, devastando il devastabile, e nessuno rimane ucciso. Due anni dopo tentano un agguato diretto ai carabinieri della caserma, attirandoli in una trappola in un cimitero vicino. Neanche stavolta qualcuno resta ucciso, ma per una serie di cause fortuite: questa volta il clan voleva lasciare tra i carabinieri almeno un morto, e sperava fosse proprio il comandante che da anni con il suo lavoro stava dando fastidio agli affari.

Intanto, nel 1991, la Mala del Brenta si "libera" del ramo lagunare: pare che i veneziani abbiano alzato troppo la cresta con i loro traffici, eliminando a colpi di mitra pure uno del gruppo mestrino. Lontano da occhi indiscreti, sulla terraferma, i lagunari, portati lì disarmati con l'inganno, verranno uccisi barbaramente. Qualche rumore di sicuro c'è: i mestrini sono arrabbiati e sparano molti colpi. Ma nessuno sente niente, anche se è notte fonda. Il Veneto, come la Sicilia dalla quale provengono molti soci di Maniero, ha parecchi abitanti che sanno benissimo quali rumori è meglio non sentire. Lo stereotipo dell'omertà non è solo meridionale.

Felice Maniero, nel frattempo, ha subito vari arresti seguiti da numerose evasioni, più o meno rocambolesche. Anche queste contribuiscono alla creazione del personaggio "romantico" che il boss del Brenta non è mai stato. Oltre alla droga commercia in armi e la ex Jugoslavia è un ottimo serbatoio di denaro. Di morti per droga ne ha già tanti sulla coscienza, cosa sarà mai qualche numero in più nei massacri dei Balcani ?

Il 12 Novembre 1994 "Faccia d'Angelo" viene arrestato a Torino. E, cosa alquanto strana, poche ore dopo il suo arresto viene convocata la stampa e a lui viene permesso di parlare con i giornalisti, che sono stupiti di questa concessione: i boss della malavita normalmente non devono parlare con nessuno, sopratutto con i media, in quanto è obbligatorio rendere il più difficoltoso possibile la veicolazione di messaggi ai propri sodali ancora liberi. Sei giorni dopo Maniero diventerà un "pentito".

Qua sorgono molti racconti, dubbi e leggende, sul pentimento di Maniero. La più diffusa vorrebbe che il suo pentimento, tramite il quale la sua organizzazione è stata devastata, fosse anche il mezzo per lui più comodo e rapido tramite il quale tenersi il suo tesoro, accumulato in anni di azioni criminali.

A riguardo di questa leggenda, bisogna fare un minimo approfondimento: il capo della banda dei mestrini citata nell'articolo si chiama Paolo Pattarello. Pattarello partecipò, nel dicembre del 1990, la sera di Santa Lucia, ad una rapina della Mala del Brenta a Barbariga di Vigonza, presente anche Maniero. A Felice evidentemente piaceva ancora l'adrenalina dei suoi primi anni di attività.

Tale rapina prevedeva un vero e proprio assalto al treno Venezia - Milano. L'azione però si concluse con la morte di una innocente studentessa di 21 anni, Cristina Pavesi, che era seduta nel Bologna - Venezia, altro treno che passò vicino al primo proprio nel momento in cui i rapinatori fecero brillare una carica di esplosivo.

Pattarello  ancora oggi vorrebbe essere giudicato per la morte della giovane studentessa, estranea a qualsiasi dinamica criminale e pura vittima innocente.

Il 1° Dicembre del 2014 ha palesato di fronte ai giudici, in aula, il suo pensiero accusando anche il sistema giudiziario di non aver voluto processare nessuno per quell'omicidio in quanto una condanna potrebbe far saltare il calcolo delle pene che ha permesso a Maniero di diventare collaboratore di giustizia e tornare, quindi, libero.

Felice Maniero, fondatore della Mafia nata in Veneto, oggi è libero, rilascia interviste a Roberto Saviano, finisce su Report per una questione di depuratori d'acqua che hanno i valori d'arsenico fuori norma e soffre per il suicidio della figlia, che altre leggende vedono come un omicidio eseguito per una vendetta trasversale nei suoi confronti. Finisce anche denunciato con l'accusa di violenze nei confronti della propria compagna.

Il suo percorso di boss criminale di spessore, con accuse per associazione mafiosa, è giunto pare alla fine. Ancora oggi si dibatte sulla sua Mala del Brenta: mafia a sé stante oppure semplice testa di ponte delle mafie storiche nella regione del Veneto ? La maggioranza delle opinioni tende a sostenere il primo dei due pareri.

Comunque, in qualsiasi dei due casi, la mafia in veneto non è di nascita od importazione recente, né tantomeno è un fenomeno inesistente. E di questo fenomeno nel nostro territorio parleremo ancora in futuro.

Dennis Vincent Klapwijk

Come fonte principale dell'articolo è stato preso a riferimento il volume "Mafia a Nord Est", dei giornalisti L. De Francisco, U. Dinello, G. Rossi

Qui gli articoli della serie Mafia in Veneto

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