Luciano Vescovi: «Prendiamoci dei rischi per tornare a vivere»

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Luciano Vescovi, presidente di Confindustria Vicenza
Luciano Vescovi, presidente di Confindustria Vicenza

Comunque la si veda, una cosa è certa: con il virus bisognerà convivere e con esso pure con il rischio del contagio. Il cuore del problema, per Luciano Vescovi presidente di Confindustria Vicenza, sta tutto qui. La questione è trovare il punto di equilibrio tra la fondamentale tutela della salute e l’esigenza di ripartire. «Il rischio di contrarre questo virus – ci dice al telefono – è evidente, ma il rischio di morire di fame o di malinconia nelle case di riposo è altrettanto un rischio da non sottovalutare. Un po’ di rischio per ritornare alla vita normale, bisogna dunque correrlo. L’alternativa è metterci tutti dentro a una cupola di vetro, ma non è un modo di vivere auspicabile». Il presidente di Confindustria Vicenza è provato da due mesi di lockdown, come lo sono tutti gli imprenditori italiani e lo è l’intero sistema industriale vicentino. «Dopo otto settimane di blocco e senza fatturato – riconosce Vescovi -, la situazione ti mette alla prova dal punto di vista fisico e psicologico». Luciano Vescovi è preoccupato per i propri collaboratori, pensa alle persone «più fragili e in difficoltà». Anche per queste ragioni è convinto che «le attività che possono riaprire in sicurezza lo debbano fare». Il punto di equilibrio tra l’esigenza di ripartire e l’attenzione all’emergenza sanitaria va trovato da «ogni regione e ogni territorio. Ogni contesto non può essere trattato nella stessa maniera ».

«Tutti – sottolinea Vescovi – abbiamo a cuore la salute e la sicurezza, ma – ricorda – la vita è fatta di tante componenti e ci vuole buon senso. In un contesto come quello di Vicenza, il manifatturiero poteva aprire anche 20 giorni fa (non ci sono i problemi di logistica della città di Milano). Il punto limite è la compatibilità con il sistema sanitario. Per questo motivo tutte le attività che non possono aprire devono essere aiutate da quelle che lo possono fare».

Si riparte, dunque. Ma c’è da garantire la sicurezza. Gli industriali non si tirano indietro e ci mettono del proprio «Innanzitutto – spiega – un impegno organizzativo, tecnico ed economico come stabilito con l’accordo del 14 marzo integrato da quello del 24 aprile». Ma ci sono altri due punti fondamentali per la tenuta del sistema. «Il primo è rappresentato dalle persone: la sicurezza la fa la persona che agisce con buon senso dentro e fuori il luogo di lavoro. Noi possiamo controllare le 40 ore di lavoro nel corso della settimana, tutto il resto si gioca sulla responsabilità del singolo. L’altro punto è la collaborazione ». Questa partita – per il presidente degli industriali – «non vede né vincitori né vinti: siamo tutti sulla stessa barca e tutti dobbiamo remare assieme. Gli imprenditori hanno bisogno di avere attenzioni pari a quelli dei lavoratori: lavorare è molto complicato e noi abbiamo una grande vicinanza di tipo personale, affettivo e anche strategico con i nostri collaboratori, la principale risorsa della nostra azienda».

Rispetto alla prova di responsabilità dimostrata dagli italiani, Vescovi è colpito da ragazzi e giovani. «Ci hanno stupito. Sono quelli che più soffrono lo stare in casa e hanno dovuto annullare tutta la vita di relazione, fondamentale per la costruzione della persona». Nelle sue parole c’è fiducia. È un ottimismo che «nasce guardando da un lato la maturità dei nostri ragazzi e dall’altro le persone fragili e anziane. Sono – sottolinea – queste due fasce di popolazione, particolarmente sensibili in questo periodo della storia». Quindi un pensiero per gli anziani: «Nelle case di riposo sono stati giustamente isolati per proteggerli. Oggi però, con le dovute attenzioni e precauzioni, bisogna riaprire anche lì». Rispetto alla sfida della ricostruzione che il nostro Paese ha di fronte tra le priorità Vescovi evidenzia le diseguaglianze e la frattura Nord – Sud che va sanata. «Veniamo da 20 anni di crescita delle diseguaglianze. Questo elemento fa fare passi indietro al mondo. Guardiamo all’Italia. Bisogna abbandonare la logica dell’assistenzialismo e le fratture tra Nord e Sud, con un Nord che ha in mente di lavorare e un Sud che ha in mente di essere assistito. Esistono eccellenze in tutti i territori. Bisogna valorizzare le persone che vogliono impegnarsi con le loro competenze. Dobbiamo poi abbandonare il modello della stupidità dilagante in internet. Questi 60 giorni di clausura hanno probabilmente portato a una saturazione nei confronti del web e ci hanno portato tutti ad essere più selettivi. Le persone con cui parlo, dicono sostanzialmente le stesse cose in merito alla vicenda del virus e all’importanza di ricominciare a lavorare. Trovo in questo un grande riavvicinamento nella cultura delle persone. Quando hai avuto molto tempo per stare a contatto con molte sciocchezze che girano in rete hai imparato a scremarle».

La ricostruzione poi deve rimettere al centro i rapporti personali che non possono «essere sostituiti dal mondo digitale. Abbiamo imparato a lavorare con videocollegamenti, ottimi strumenti di condivisione e di lavoro. E questo è un passo da gigante che è stato fatto in due mesi. Ma questo sottolinea Vescovi – non deve diventare un altro “mattone di Satana” nel progetto di rovinarci la vita. Questo non può sostituire il contatto umano dell’incontro. Dobbiamo difendere il valore alla socialità».

Nel guardare al futuro e alla ricostruzione il pensiero non può non andare all’Unione Europea e alle ultime decisioni, come il Recovery Fund che forse indicano che la Ue ha capito la posta in gioco. Luciano Vescovi in questo si mostra molto realista, anzi afferma di guardare «all’Unione Europea con una visione “calvinista”». La Ue «farà cose favorevoli all’Italia – osserva – se converrà agli Stati forti. E poiché alla Germania e agli altri stati forti conviene avere un partner economico – industriale come il Nord Italia, il nostro Paese sarà salvato, ma questo per un mero calcolo economico. L’Italia ha una infrastruttura industriale straordinaria, oltre a un patrimonio turistico incredibile e tutto questo è la nostra forza. Non è vero che noi siamo come la Grecia. Siamo molto più forti della Grecia e dobbiamo crederci».