Lo Stato e il potere: un essere mostruoso opprimente o la nostra salvezza?

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Lo Stato e il Potere  sono i due elementi fondamentali da analizzare per comprendere meglio il meccanismo della politica. Da un punto di vista storico, la nascita dello Stato moderno in Europa può essere collocata intorno al XIII secolo, ma poi va perfezionandosi lungo i secoli successivi.

I tratti essenziali di questo aggregato politico che chiamiamo Stato sono innanzitutto la territorialità del comando, vale a dire il processo di accentramento del potere e di demarcazione dei confini; in secondo luogo vi è il monopolio della forza legittima, cioè la formazione di un esercito nazionale; e, infine, l’impersonalità del comando, cioè la nascita di una burocrazia che gestisce automaticamente il potere, applicando le disposizioni emesse dall’esecutivo.

L’evoluzione dell’apparato statale ha visto poi la nascita di un’economia monetaria, necessaria per mantenere in vita tutto l’apparato burocratico e militare. Non trascurabile, ovviamente, anche l’apparato ideologico caratterizzato dalla nascita di una lingua nazionale, di una religione di Stato e di una mitologia legata alla fondazione e alla occupazione di quel determinato territorio, mitologia che poi va a ispirare tutta la letteratura nazionale. Questo fondamentale apparato ideologico, che costituisce l’ossatura di quella che si configura come l’identità nazionale, fornisce, in un secondo momento, gli argomenti necessari per poter generare ad hoc la diatriba e il conflitto con un altro Stato.

Interessante è comprendere anche il fenomeno da cui si origina il potere, vale a dire tutto ciò che ha a che fare con i meccanismi dell’obbedienza. Le risorse o le fonti da cui può nascere il potere, infatti, possono essere la forza, nel qual caso si genera un potere specificamente politico; la produzione di beni, nel caso della genesi del potere economico; la produzione di idee, quando cioè si genera un potere ideologico.

Sulla scorta dei soggetti, invece, che effettivamente detengono il potere, la scienza politica ha definito élitista quella concezione del potere per cui è sempre una ristretta cerchia di persone a gestirlo e, molto spesso, essa è legata ad una oligarchia economica. Una concezione più complessa del potere è, invece, quella secondo al quale non c’è una sola élite al potere, ma ci sono più gruppi di interesse e lo scopo dei governanti all’interno del processo democratico, ovviamente, è quello di elaborare il discorso politico in modo da soddisfare quanti più gruppi possibili, giacché la tenuta dello Stato dipende dalla gestione dell’interdipendenza tra potere politico, potere economico, che è gestito da altri attori, e potere ideologico, generato degli intellettuali.

Fondamentale nella gestione del potere in uno Stato è l’attenzione riposta nella questione del voto, il quale prima di essere un diritto-dovere di scelta del proprio rappresentante, è l’estrinsecazione di un rito di appartenenza ad una determinata collettività. Se manca l’identificazione collettiva è difficile che possa anche verificarsi la fruizione del diritto di voto.

Oggi possiamo affermare che proprio il diritto di voto rappresenta il prerequisito fondamentale affinché si possa definire democrazia una forma di governo, accanto ad alcune garanzie relative a specifiche procedure, come il poter formulare le proprie preferenze, presentarle ai propri concittadini mediante azioni collettive e/o individuali e il poterlo fare senza subire discriminazioni. Tutto ciò presuppone, ovviamente, un regime di tipo liberale, che non è un’acquisizione scontata nella storia occidentale. Oltre a ciò, anche la fruizione da parte di tutti i cittadini dei diritti civili, quelli tesi all’affermazione delle libertà individuali, politici, inerenti alla possibilità di prendere parte al processo politico, e sociali, relativi alla possibilità di raggiungere un certo standard di vita a prescindere dalla propria posizione sul mercato, è un traguardo importante per poter valutare il percorso di democratizzazione.


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a cura di Michele Lucivero

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