La psicologa Nicoletta Alessi spiega cosa succede in una donna che soffre di dipendenza affettiva

467

La psicologa Nicoletta Alessi dell’associazione culturale Proposte Educative di Cornedo Vicentino ci ha spiegato cos’è la dipendenza affettiva, raccontando anche le storie di alcune donne che, grazie ad un percorso di psicoterapia, hanno imparato ad amare di più se stesse. “La dipendenza affettiva- spiega la dottoressa Alessi- è una forma di amore patologico, caratterizzata da assenza di reciprocità nella vita emotiva di coppia, in cui la persona vede nel legame con l’altra, l’unico scopo della propria esistenza.

Il bisogno di attaccamento e di amore rappresenta uno dei bisogni fondamentali di tutte le persone, base sulla quale costruire l’immagine di sé e la qualità delle relazioni. Da bambini può succedere che questo bisogno non venga adeguatamente soddisfatto dalle persone a noi più vicine: può accadere per incuria da parte delle figure significative, per eccessiva cura o per un’esperienza traumatica che mina il senso di sicurezza e protezione della persona. Anziché essere esperienza di crescita, pertanto, la qualità dell’amore si può trasformare in una prigione che non lascia via di fuga e che ci imbriglia in dinamiche e relazioni malsane cariche di sofferenza”.

Cosa succede in una persona che soffre di dipendenza affettiva? 

“Succede che le emozioni del partner diventano più importanti rispetto alle proprie, che la stima di sé dipende dall’approvazione dell’altro, che diventa difficile prendere una decisione, che la paura di essere abbandonati è talmente intensa che la persona fa di tutto pur di evitare la solitudine ed il rifiuto, che diventa difficile e spaventoso riconoscere ed esprimere i propri pensieri e le proprie emozioni.
Chi è affetto da dipendenza affettiva, non riesce a vivere l’amore nella sua autentica intimità. La paura dell’abbandono, della separazione e della solitudine generano un costante stato di tensione e di ansia che portano la persona ad annullarsi, a mettere da parte se stessa ed i propri bisogni per non rischiare di perdere quell’amore dal quale dipende la sua sopravvivenza e senza il quale potrebbe non esistere. La presenza dell’altro non è più una libera scelta, ma diventa una gabbia.
La dipendenza affettiva, non è un fenomeno che riguarda una sola persona, ma è una dinamica a due. Le persone, infatti, non si scelgono a caso. Spesso si ha la tendenza inconsapevole a ricercare dei partner che attivino i nostri schemi, in quanto rappresentano per noi l’unica lente con cui vedere il mondo e l’unico modo per mantenere un senso di coerenza.
“Non posso stare con lui…” (per il dolore legato ad umiliazioni, maltrattamenti, tradimenti) “…ma nemmeno senza di lui” (per l’angoscia al solo pensiero di perderlo e di rimanere da sola), è la posizione paradossale che Elisa, Marika ed Anna riportano in terapia. Storie diverse, donne speciali che non si riconoscono tali, imbrigliate in schemi e in modalità comportamentali che impediscono loro di essere sé stesse ma che vogliono comprendere e dai quali vogliono uscire perché il prezzo da pagare ormai è troppo alto. Ed il viaggio per capire da dove nasce tutto questo, ci porta a guardare indietro. Con Elisa, Marika ed Anna siamo tornate a quando erano bambine, a quando sentivano che non andavano bene così com’erano, che non erano degne di essere amate o che i loro bisogni non erano importanti. E per questo hanno scelto Luca, Antonio e Marco, qualcuno con cui portare avanti quella modalità, l’unica conosciuta per quanto disfunzionale.
Ma poi, nella vita succede qualcosa… succede che una parte di loro vuole qualcosa di diverso e chiedono aiuto. Sono donne coraggiose che vogliono cambiare, che vogliono stare bene ed uscire da quella prigione che le imbriglia, per riprendersi quel ruolo di principessa che tutte noi abbiamo. Non è mai troppo tardi per cominciare a prendersi cura di sé.”La principessa che credeva nelle favole” è una storia fantastica, che spesso consiglio alle mie pazienti, un modo per riflettere su di sé attraverso gli occhi di una protagonista che ci può aiutare ad uscire da quella gabbia. I libri hanno un grande potere curativo e la psicoterapia è quello strumento, che più di tutti, ci permette di recuperare chi veramente siamo”.