In trincea la truppe dei Benetton

414

Era scontato. I giudizi al vetriolo nei confronti dell?opaco sistema delle concessioni autostradali seguiti al crollo di Genova, hanno immediatamente provocato le reazioni più o meno orchestrate di chi quel sistema lo vede con favore. O dal quale semplicemente ci lucra come non mai. Mentre gli inquirenti procedono con i sequestri delle carte, Atlantia, azionista di riferimento di Autostrade per l?Italia, preconizza ritorsioni verso quanti mettano inopinatamente a rischio il business del gruppo concessionario di una buona parte della rete autostradale del Paese (Foto Andrea Solaro, GettyImages).

Il che peraltro ha fatto in modo che si materializzasse una contingenza strabica per cui i sostenitori del liberismo e della concorrenza tout-court (in teoria ontologicamente avversa ad ogni forma di pratica monopolistica pubblica o privata) si sono dati appuntamento per dar manforte alla rendita di posizione indifendibile di cui beneficiano oggi i concessionari.

Ma la situazione è talmente incandescente che oltre alle solite firme della stampa mainstream, appiattite sulla difesa di quelli che i detrattori definiscono veri e propri privilegi, a scendere in campo a favore del mantenimento del sistema non non c?è solo il Pd. Ma anche qualche pezzo da novanta del Carroccio, il quale peraltro è membro della coalizione che col M5S da qualche mese governa l?Italia. Si tratta di sue big come Giancarlo Giorgetti sottosegretario alla Presidenza del consiglio e Luca Zaia, governatore leghista del Veneto.

SOSTENITORI DEI PRIVATI IN PRIMA LINEA
Che Zaia non fosse affatto ostile ai Benetton, trevigiani come lui, che sono tra gli azionisti di riferimento nella galassia Aspi-Atlantia, era ampiamente previsto. Basti pensare al fatto che una delle propaggini del gruppo Benetton, Fabrica, curò la campagna elettorale di Zaia quando quest?ultimo nel 2010 corse per la prima volta come governatore. Lo ha ricordato molto bene il professor Filippomaria Pontani su Il Fatto del 19 agosto a pagina 9. Un fatto che ai Veneti è abbastanza noto, ma che la stampa regionale non ha mai messo bene in evidenza. Come sono noti gli affari veneziani della casata di Ponzano, mentre non tutti ricordano un decreto del presidente della Regione Veneto Zaia del 2011 il quale apriva le porte ad una mega-speculazione alle porte di Venezia (si chiama Veneto city), benedetta da Lega, Fi, Pd e centristi vari. Operazione che vedeva tra i soggetti interessati la crema della imprenditoria veneta, fra cui i Benetton. Il progetto è ancora in alto mare. E sarà pure un caso, ma quel decreto arrivò giusto un anno appresso che la campagna elettorale di Zaia ebbe il supporto della benettoniana Fabrica. Per non parlare dell?endorsement, andato perfettamente a segno, che esattamente un anno fa Zaia mise in campo nei confronti di Gianni Mion, sponsorizzato a mille per la presidenza di Vtp, la potentissima società pubblico-privata che a Venezia gestisce il terminal portuale dei passeggeri: piccolo dettaglio Mion è conosciuto non solo per essere stato brevemente il presidente della Banca Popolare di Vicenza dopo la sciagurata era di Gianni Zonin, ma soprattutto per essere il principale manager di riferimento della famiglia di Ponzano Veneto. Ora alla luce di tutto ciò non può essere sottaciuta la presa di posizione di Zaia contro l?ipotesi dell?annullamento delle concessioni autostradali, quelle riferibili ad Atlantia in primis. Uno Zaia che volente o nolente si è iscritto alla compagine dei giannizzeri di Benetton. Tanto che sono ancora molti i veneti che ricordano le parole di apprezzamento del governatore verso la big family della Marca in previsione della possibile candidatura di Cortina ai mondiali di sci del 2021.

Anche Giorgetti in qualche modo deve fare fronte alle interessenze tra il Carroccio e la galassia Benetton, gruppo a sua volta in buoni rapporti con Cl. Anzitutto questa ha ampiamente finanziato la Lega, come altri partiti, proprio mentre Giorgetti era ai piani alti di via Bellerio. Come non va dimenticato il recente mea culpa del leader del Carroccio Matteo Salvini (attuale numero uno del Viminale) per avere votato in passato il cosiddetto salva Benetton. Su tutto rimane comunque il grandissimo imbarazzo con cui al meeting di Comunione e liberazione Giorgetti ha preso le difese contro ogni ipotesi di nazionalizzazione della gestione autostradale. Una posizione che sulla stampa nazionale, a partire da La Repubblica, ha avuto vasta eco. Quasi scontato poi appare in questo senso, l?attacco nei confronti di ogni ipotesi di nazionalizzazione, distillato sempre su Repubblica dal presidente degli industriali veneti Andrea Tomat.

LO SPAURACCHIO DEI CONCESSIONARI
Rimangono quindi da capire i timori di coloro i quali sostengono che qualora lo Stato volesse riappropriarsi della gestione delle autostrade, che sono monopòli naturali, e che quindi per loro natura si prestano ad una gestione pubblica. Che tale è proprio in quei paesi come Svizzera e Germania (in quest?ultima i pedaggi nemmeno si pagano) che offrono tra i migliori servizi. In questo senso come in tema di storture attribuibili alle concessioni private, basterà ricordare alcuni approfondimenti di altissimo livello curati da Report nel 2004 nonché nell?aprile del 2018 e sul sito del Corsera, da Milena Gabanelli: una disamina che da giugno spopola su Youtube.

LA CGIL E IL RICHIAMO DELLE LOBBY DELL?ASFALTO
In realtà non bisognerebbe dimenticare che c?è una inchiesta della magistratura appena iniziata. La quale sul crollo del ponte Morandi potrebbe giungere a conclusioni eclatanti. Non si può dimenticare che il governo potrebbe sciogliere i contratti in essere in danno del concessionario e che soprattutto questo parlamento potrebbe in qualsiasi momento legiferare in modo da sventrare ope legis, senza costi per il pubblico e con una sfilza incalcolabile di penali in danno ai privati, il dominio di questi ultimi sul concedente pubblico. Tutto ciò fa sorgere un sospetto. Quello per cui gran parte delle critiche al ritorno della gestione pubblica (che sia chiaro può essere sinonimo di sperpero e di malversazione tanto quanto quella privata) siano in realtà generate dalla necessità di difendere i privilegi incistati nel monopolio privato. E forse non è un caso che a sostenere, anche se in modo indiretto, un mantenimento dello status quo attuale ci sia la Fillea, ovvero la federazione degli edili di Cgil, da sempre particolarmente attenta alle sirene dei colossi dell?asfalto.

UN CASO MEDIATICO
Sul fronte dei media frattanto si continua a registrare una serie di episodi che non fa onore alla categoria dei giornalisti. Uno di questi, davvero eclatante, è la conferenza stampa convocata da Zaia a palazzo Balbi. In evidente stato confusionale, a disagio persino col lessico e con la sintassi pur in assenza di un contraddittorio degno di questo nome, Zaia è riuscito a dirsi contrario alla gestione pubblica citando però tra i soggetti con i quali intenderebbe instaurare una partnership la A22 del Brennero che è de facto a totale controllo pubblico (e sulla quale per vero non mancano le critiche sulle modalità con le quali sono state aggirate le gare). Di più Zaia durante il suo intervento, integralmente mandato in onda sul canale Youtube di Vvox.it, ha anche parlato della Pedemontana veneta spiegando come questa sia un esempio mirabolante di iniziativa privata dimentico che la convenzione che regola i rapporti tra Regione Veneto (il concedente) e la italo-spagnola Sis (il concessionario) scarichino il rischio d?impresa sul bilancio della Regione, come rilevato dalla magistratura erariale. Non pago Zaia ha pure affermato che «noi non siamo i concedenti ma i concessionari». Una affermazione incomprensibile che si può spiegare solo in due modi. O freudianamente, con un trasporto così smodato verso l?opera da identificare l?amministrazione regionale col soggetto privato che la propone. Oppure con una crassa impreparazione (quantomeno lessicale) amplificata dallo stato di evidente imbarazzo nel quale il presidente si trovava.

Ma la cosa però non è stata per nulla evidenziata dalla stampa regionale veneta, che ben lungi dal mettere in campo un atteggiamento professionalmente dialettico, si è limitata ad accomodare lo sgangherato discorso di Zaia. Per rendersi conto di tutto ciò basta leggere quanto hanno riportato nell?ordine Corriere veneto, La Nuova Venezia (gruppo Espresso) ed Il Giornale di Vicenza. Ora che il cronista sistemi le inesattezze di un intervento ci sta perché fa parte del suo dovere il rendere il più comprensibile possibile ciò che effettivamente viene riferito dall?interlocutore. Ma non riportare lo stato di grande difficoltà in cui il governatore si è precipitato da solo e soprattutto non porre al presidente una domanda che fosse davvero scomoda è ben altra cosa: non un quesito sulle sue liason con la galassia Benetton, non un quesito su Veneto city, non un quesito in merito al fatto che le circostanze saranno accertate in primis dai magistrati e non dai periti come ha goffamente spiegato il governatore.

SPV, CONTROLLI? NO, CROLLI
Un corto-circuito mediatico che fa il paio con un altro articolo del Corveneto, nel quale si parla di una non ben precisata vigilanza di stampo teutonico per quanto riguarda i cantieri ancora in itinere della Pedemontana veneta: opera criticata ferocemente non solo da molti comitati di zona ma anche dalla Corte dei conti e dall?Anac. E che è uscita con le ossa rotte da molti servizi giornalistici tra cui uno di Report. Da questo punto di vista sarebbe ben interessante capire a che cosa si riferisca l?autrice Martina Zambon visto che proprio quei cantieri (la Pedemontana ancora non è stata inaugurata) sono stati colpiti da uno smottamento che ha creato una voragine gigantesca e dal crollo di una galleria in costruzione che ha ammazzato un operaio: episodi dei quali Alganews.it si è occupata diffusamente.

PEDEMONTANA, BENGODI PRIVATO
Quel cantiere è stato posto sotto sequestro e l?indagine si sta concentrando proprio sulla qualità delle céntine, ovvero i sistemi provvisori di sostentamento del tunnel, che secondo l?accusa sarebbero stati fuori standard. Anche questa tragedia, seppur non confrontabile con quella di Genova, non è stata ricordata dai cronisti che si sono confrontati con Zaia. O quanto meno di tutto ciò non c?è una traccia degna di questo nome nei rispettivi servizi. E ancora, nel servizio del Corveneto incentrato sul tema della sicurezza tra l?altro manca ogni accenno al fatto che sostanzialmente i controlli sui cantieri della Spv siano di fatto in capo al solo concessionario e che la Regione nella stipula dell?atto di convenzione si è ben guardata dall?imporre clausole draconiane di salvaguardia. Le quali prevedano in caso di una qualche inadempienza da parte del privato, ad esempio, la rescissione in danno del contratto corroborata da una garanzia fidejussoria almeno equivalente al valore dell?incasso garantito al concessionario. Il quale per inciso è nell?ordine di parecchi miliardi. Si tratta di una trappola nella quale la Regione Veneto si è infilata da sola, ma che potrebbe facilmente essere disinnescata da una nuova legge nazionale che imponga a concedente e concessionario una stipula aggiuntiva in tal senso, pena la nullità della convenzione.

SCENARIO POLITICO-SOCIALE
Questi sono tutti aspetti, anche se di dettaglio, molto importanti, che sono in grado di spiegare lo stato di sudditanza nel quale la parte pubblica negli anni si è cacciata dopo aver entusiasticamente dato ascolto alle sirene delle lobby. Da un punto di vista etico però questa resa, per certi aspetti, pesa ben più sulla sinistra. Che nel suo dna dovrebbe o vorrebbe vantare la difesa dei più deboli e quella degli interessi collettivi. In realtà la sinistra in Italia, specie nell?ultimo quarto di secolo ha progressivamente abbandonato questo presidio pagando un caro prezzo: anzi un carissimo pedaggio. Si tratta di una condizione di estrema difficoltà che è stata ammessa da una delle personalità più in vista del giornalismo italiano. Si tratta di Gad Lerner, uomo dichiaratamente di sinistra, che su Il Fatto del 22 agosto ha fatto una feroce autocritica in tal senso.

PICCOLO TERMOMETRO
Ad ogni modo un piccolo ma importante termometro di quale piega potrebbero prendere i rapporti tra la galassia Benetton e lo Stato italiano in tema di autostrade viene proprio dal Veneto. Nella Bassa padovana un gruppo tra ambientalisti e proprietari terrieri si è messo di traverso rispetto alla realizzazione della terza corsia lungo l?autostrada Padova Bologna (il tratto è quello tra la città del Santo e Monselice), la cui concessione fa riferimento proprio a Atlantia che è stata bersaglio da parte dei comitati di critiche al curaro. Questi ultimi hanno deciso di impugnare l?iter con un ricorso al Presidente della repubblica. Lamentano il rischio di una cementificazione eccessiva in un territorio già saturo da un punto di vista urbanistico. L?esito di questa vertenza, fatti salvi i tempi della giustizia, potrebbe essere la cartina tornasole del futuro delle concessioni viarie in Italia.

di Marco Milioni, da Alganews.it