Il sesso è (ancora) un tabù? Il video intervento del prof. Michele Lucivero per il progetto Sexteen

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Il tema oggetto di questo approfondimento è relativo all’interrogativo “se il sesso costituisce ancora oggi per noi donne e uomini moderni un tabù”. Diciamo subito e in maniera molto approssimativa, secondo una concezione molto comune di tabù come proibizione, che il sesso non è più un tabù ormai nella nostra società. Certamente, per molte persone o famiglie che decidono di autoisolarsi dal mondo contemporaneo, non accedere ai mezzi di comunicazione di massa, ai social network e vivere sotto una sorta cappa fatta di un universo simbolico fittizio, staccato completamente dalla realtà, allora è possibile che il sesso possa ancora costituire un tabù e così è possibile perpetrare ai propri figli un complesso di informazioni fantasiose, con le quali poi dovranno fare i conti quando cresceranno, come negare oltremodo, ad esempio, che i figli nascano perlopiù da interazioni sessuali e non dipendano dalla generosità di una cicogna!

Ovviamente, anche su questo bisogna chiarirsi: cosa intendiamo dire quando affermiamo che il sesso non è più un tabù? Ci riferiamo, ad esempio, alla consapevolezza e alla conoscenza dell’uso degli apparati genitali? Ci riferiamo al fatto che possiamo tranquillamente assistere in televisione con i nostri figli, in qualunque momento della giornata, a scene in cui delle persone si baciano e finiscono a letto a far l’amore? Che si possa tranquillamente spiegare ai propri figli che gli esseri umani nascono in seguito ad una interazione sessuale in cui bisogna mettere quasi sempre in campo gli organi genitali? Oppure dicendo che il sesso non è più un tabù vogliamo dire che le immagini di sesso, cioè di interazioni sessuali, sono accessibili a tutti coloro i quali hanno a disposizione uno smartphone, presumibilmente intorno agli 11/12 anni, senza dover aspettare che arrivi notte fonda e cercare su canali locali qualche film erotico che possa vagamente stimolare la nostra eccitazione.

Ora, se ci poniamo il problema dell’educazione sessuale, cioè di un certo tipo di discorso normativo sulla sessualità, che sia legato a dei valori morali, bisogna constatare, e questo potrebbe essere accettato anche con una relativa soddisfazione, che oggi le occasioni nella vita quotidiana che ci consentono di affrontare questioni legate alla sessualità con chiarezza con i propri figli, ad esempio, sono molteplici. Persino in farmacia, accanto alle caramelle per la gola, è presente, per carità, in maniera piuttosto asettica, lo stand dei preservativi e delle creme per intensificare il piacere sessuale e non si capisce perché ogni volta che ci vado con mia figlia di cinque anni, la signorina venga attratta da quello specifico stand e nella sua probabilmente ereditaria curiosità comincia a toccare e a chiedere spiegazioni su quei dispositivi: saranno i colori tendenti al fucsia o al viola di quel gel orgasmico stimolante, ma occorre pur giustificarne l’uso davanti alla farmacista che, probabilmente, non aspetta altro che vedere come se la cavano i papà di oggi davanti all’evoluzione disinibita della nostra società.

Circa cento anni fa, nel 1913 con Totem e tabù Sigmund Freud cerca di approfondire questo tema a livello psicoanalitico ed interpreta il tabù come una sorta di proibizione che il soggetto s’impone senza conoscerne le motivazioni e l’origine. Bisogna dire che tabù è una parola polinesiana che significa sacro, consacrato, ma anche pericoloso, impuro e Freud, pensando che le origini dei tabù risalgano a qualcosa di più profondo, comincia a stabilire delle connessioni tra il comportamento dei nevrotici e quello delle popolazioni ritenute primitive, che, verso la fine dell’Ottocento, venivano scoperte grazie agli studi della scienza dell’etnologia.

Freud individua così delle somiglianze tra nevrotici e primitivi davanti ai tabù, ad esempio il fatto che in entrambi i casi al soggetto resti oscuro il motivo della prescrizione, come anche i meccanismi di assimilazione dei tabù che essi trovano disponibili nella comunità, per finire poi con la comune percezione del livello di contagiosità degli oggetti proibiti e la creazione di pratiche cerimoniali per ricordarsi della prescrizione.

Ciò che vuole dirci Freud nell’analisi dei tabù, tra cui molti sono a sfondo sessuale, è che si tratta di divieti antichissimi, imposti da una generazione precedente sulle dinamiche dei desideri incontrollati, che uno si trova a recepire come divieti perché la loro manifestazione rivelerebbe una tendenza antisociale. Tra i tabù più comuni egli individua il divieto per la comunità di uccidere l’animale-totem e il divieto di avere rapporti sessuali con persone dell’altro sesso appartenenti allo stesso totem. Nella dinamica ambivalente tra la tendenza a soddisfare un piacere e il suo divieto, il tabù interviene a rimuove l’impulso, ma non il desiderio, che sta dietro l’impulso e che, invece, ne esce terribilmente rafforzato perché inevaso.

Il punto è, avverte Freud, che al fondo di tutti i tabù primitivi e dei nevrotici vi è la paura di toccare, del contatto fisico, per cui egli conclude che, alla fine, tutti i tabù sono riconducibili alla paura da contatto sessuale e le nevrosi non sono altro che disfunzioni derivanti da turbe sessuali, da desideri repressi, di cui si reprime l’impulso, a causa della prescrizione sociale, ma la cui radice rimane soffocata all’interno dei soggetti.

Ora, tornando a noi, se è vero ciò che dice Freud in relazione al significato del tabù, cioè alla tendenza a rimuovere le tendenze antisociali con prescrizioni, è chiaro che più debole si rivela il legame che un individuo sente con la società, meno si lascerà frenare dai tabù. D’altro canto, la nostra società ci ha anche abituati ad un forte individualismo, a soddisfare qualsiasi desiderio per accedere ad ogni tipo di piacere, compresi quelli sessuali, anche se questo poi, in alcuni casi, potrebbe condurre a logorare i rapporti all’interno della società e ad assecondare la logica del più forte, il quale imporra inevitabilmente il proprio desiderio su un altro corpo.

Qui tutti gli interventi dell’autore prof. Michele Lucivero tra cui quelli in video del progetto Sexteen.