I versi di Dante ai nostri tempi. Servillo per “Agorà. La Filosofia in Piazza”: il valore della Commedia per gli studenti e le studentesse di oggi

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Dantedì, 25 marzo 2021
Dantedì, 25 marzo 2021

di Simona Servillo

Ha ancora senso leggere e studiare Dante dopo 700 anni? Il Sommo Poeta appassiona ancora i nostri studenti?  Qual è il significato che i ragazzi e le ragazze attribuiscono alle famose terzine?

In occasione del 700esimo anniversario dalla morte di Dante Alighieri, le scuole e l’intero mondo della cultura si mobilitano per celebrare in ogni modo l’autore immortale, dagli studenti e dalle studentesse più piccini a quelli più grandi non c’è ordine di scuola che si esimi dal leggere e dall’interpretare i “divini versi”.

Abbiamo provato a rivolgere quelle domande ai ragazzi e alle ragazze dodicenni della scuola secondaria di primo grado “Michele Santomauro” dell’Istituto ComprensivoSan Giovanni Bosco” di Molfetta (BA), che, partecipando ad una delle numerosissime iniziative social dedicate a Dante, hanno riflettuto sul significato odierno di quei famosi versi, su quei personaggi incontrati tra le pagine dei loro manuali, su un messaggio che, evidentemente, ancora oggi può considerarsi valido e sempre attualissimo.

E così, può sembrare strano ai più, ma subito i ragazzi e le ragazze sono rimasti travolti dalla bellezza dei versi danteschi, si sono appassionati e si sono lasciati guidare dai loro insegnanti sulle orme del viaggio più famoso al mondo in compagnia del “viaggiatore” più celebre mai esistito.

Dalle loro riflessioni, tuttavia, è emerso quanto il messaggio del poeta fosse davvero universale, al di là del suo linguaggio apparentemente complesso e lontano dai nuovi linguaggi multimediali con i quali spesso le nuove generazioni trafficano. La verità è che, sebbene il poema abbia ormai raggiunto una certa età, gli studenti e le studentesse ne hanno colto tutta la sua eterna attualità.

Nello sforzo di attualizzazione, è sorprendente come la porta dell’Inferno, oltre a essere la porta della loro aula, sulla quale hanno prontamente appeso un cartellone «Lasciate ogni speranze o voi ch’intrate» (sic!), è diventata lo spunto di riflessione per discutere su cosa potesse rappresentare per loro tale soglia al giorno d’oggi. Qualcuno ha parlato dello smartphone, uno schermo che inghiottisce le persone per ore e che rende sempre più sole le giovani generazioni, anche se virtualmente connesse. C’è chi, in maniera molto profonda, ha identificato la porta dell’inferno con le carceri moderne, luoghi di estrema solitudine e di somma sofferenza, soprattutto per chi combatte e urla la propria innocenza da dietro le sbarre. Il paragone è presto fatto e proviene da dodicenni spesso liquidati come indifferenti: come Dante si è sentito smarrito davanti all’orrore infernale, così Patrick Zaki ha sentito e continua a sentire su di sé lo smarrimento per un arresto ingiustificato e incomprensibile.

Non è stato difficile per i nostri ragazzi e le nostre ragazze attualizzare la figura del traghettatore infernale, giacché, purtroppo, la realtà di spunti ne offre parecchi. Come Caronte traghettava le anime sull’altra sponda dell’Acheronte e con il suo bastone si apprestava a colpire le anime che si attardavano sulla riva della spiaggia, oggi quei meschini scafisti non provano nessuna pietà verso coloro che, sperando in un futuro migliore, continuano a provare ad attraversare l’inferno buio del nostro mare. Cercando di giungere su una riva più amica, le moderne anime migranti molto spesso affondano, vengono abbandonate urlanti e inascoltate, ben lontane da quelle rive dalle quali provano ad immaginare una serenità maggiore per loro e i loro cari. Ma Caronte oggi è anche la figura del boia nelle carceri in cui la pena di morte è ancora, purtroppo, una realtà. Il moderno Caronte è quell’uomo che porterà sulle spiagge infernali il condannato a morte, colui che staccherà una spina o inietterà la dose letale.

Ancor più semplice è stato per gli studenti e le studentesse modernizzare la figura della dolce anima di Francesca da Rimini, costretta ad un matrimonio combinato e ammazzata dal marito perché travolta dalla passione per un altro uomo. Quante moderne Francesca ci sono nel 2021? Quante donne, quante bambine costrette ad un matrimonio forzato in quei paesi in via di sviluppo? Quante donne costrette a unioni con uomini di cui non conoscono neppure il viso?

Per i nostri studenti e le nostre studentesse, tutt’altro che passivi e passive davanti alla cronaca quotidiana, oggi Francesca rassomiglia molto alle numerosissime donne che, nel tentativo di affermare la propria volontà e di seguire la propria passione, continuano a subire violenze da parte di ex compagni e di mariti violenti. Le menti degli studenti e delle studentesse sono subito andate alla ricerca delle statistiche che riportano i dati agghiaccianti sui femminicidi.

Che non si dica, dunque, troppo frettolosamente, che i ragazzi e la ragazze di oggi non siano appassionati, che non si interessino alla letteratura e alla realtà che li circonda. È ora di finirla con la retorica decadente secondo la quale gli studenti e le studentesse di una volta erano migliori, magari è solo il sintomo della decadenza galoppante di chi l’afferma e non ha più nulla da dire.

La levatura delle grandi personalità, tra cui il Sommo Poeta, di cui oggi ricorre il 700esimo anniversario della scomparsa, sta nell’individuare temi e problemi che toccano in maniera universale l’essere umano e sappiamo che da questo punto di vista i versi di Dante non deludono mai e anche per i nostri ragazzi e le nostre ragazze essi restano immortali!

Simona Servillo è laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” con una tesi in Storia delle tradizioni popolari sui riti funebri, abilitata all’insegnamento di Italiano, Storia e Geografia, lavora come docente nella scuola secondaria di I grado. Dopo dieci anni di servizio nelle scuole della provincia di Vicenza, entrata in ruolo nel 2011 presso l’I.C. “Marco Polo” di Montecchio Maggiore (VI) è tornata recentemente in Puglia, dove insegna presso la Scuola secondaria di primo grado “Michele Santomauro” dell’I.C.S. “San Giovanni Bosco” di Molfetta (BA)

 


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a cura di Michele Lucivero

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