“Gli Usa ci spiano. E l’Europa non vede e non sente”, ovvero chi la fa l’aspetti: da VicenzaPiù cartaceo 1° dicembre 2007 n. 82, anno II

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Gli Usa ci spiano, VicenzaPiù n. 82 del 1° dicembre 2007
Gli Usa ci spiano, VicenzaPiù n. 82 del 1° dicembre 2007

Oggi e non da oggi gli Usa attaccano le spie le spie foreste. Una volta erano soprattutto quelle russe, oggi nel mirino ci sono in primis quelle cinesi, forti anche della super tecnologia di cui il Paese a stelle e strisce ha iniziato a foraggiare il Paese, in cui il comunismo stava per essere declinato anche sotto la voce capitalismo, quando gli commissionava apparecchiature low cost, prima tramite Taiwan e Hong Kong, poi sempre di più direttamente; prima prodotte lì su licenza, poi clonate, quindi riprogettate e migliorate col reverse engineering e, infine, sviluppate in proprio, anche con tecnici formati nelle liberali università americane, tanto da metter in serio pericolo la leadership della Silicon Valley e non solo.

Ma quello dello spionaggio, industriale e politico, non è una novità né tantomeno una esclusiva del “bolscevichi” e dei “mandarini rossi”. Gli Usa anche in questo sono stati maestri e precursori facendone un’arma della propria potenza e, se vogliamo, in questa guerre di spie c’è una costante: la debolezza dell’Europa con gli spioni di tutti i tempi.

Ecco cosa si poteva leggere ad esempio come rassegna stampa sul n. 82, anno II, di VicenzaPiù cartaceo in edicola il 1° dicembre 2007…

Gli Usa ci spiano. E l’Europa non vede e non sente

Stati Uniti sempre più “spioni” nel nome della sicurezza internazionale

La notizia più censurata dell’anno è in realtà molto pubblicizzata. Ogni correntista italiano dal mese di giugno in avanti dovrebbe aver ricevuto una “Informativa alla clientela” nella quale la banca di riferimento gli comunica che quasi tutte le sue operazioni bancarie sono spiate da agenzie degli Stati Uniti d’America. Questo accade perché in nome della “guerra al terrore” la Casa Bianca ha costretto il consorzio Swift (il consorzio inter- bancario che gestisce le transazioni elettroniche) a dare l’accesso ai dati in suo possesso alle numerose agenzie americane (alcune segrete) che si occupano di sicurezza.

Gli amanti delle ricerche d’archivio tuttavia non troveranno traccia di polemica sulla stampa italiana. (…) Eppure le nostre banche ne sono testimoni: “Il tema è ampiamente dibattuto in Europa presso varie istituzioni in relazione a quanto prevede la normativa europea in tema di protezione dei dati”. Questa frase è nella comunicazione che ogni correntista italiano dovrebbe ormai aver ricevuto, ma cercando sui nostri giornali si vede che solo il Corriere della Sera si è in qualche modo occupato della vicenda, un anno fa. Se ne è occupato male, visto che l’ha raccontata come un problema di privacy degli americani, ma se ne è occupato; molti altri non hanno fatto nemmeno lo sforzo. (…)

In Svizzera si è gridato alla morte del segreto bancario, in Belgio si è aperta un’inchiesta poi chiusa nel nulla, nel resto d’Europa si sono levate feroci proteste. In Italia zero, meno di zero; l’unico ad esprimersi è stato l’inadeguato Frattini, che lo ha fatto cercando di non attirare l’attenzione e ci è riuscito. Nonostante la latitanza dei nostri politici e dei nostri media, la questione ha avuto un triste epilogo. Gli americani non hanno rinunciato a spiare quei dati e l’Europa si è dovuta adeguare. Diciamo subito che questo tipo di spionaggio non serve alla lotta contro il terrorismo, visto che lo stesso Dipartimento di Stato affermava già nel 2003 che al Qaeda & soci non si servivano più da tempo dei canali di transazione ufficiali che gli americani avevano annunciato di controllare. In quella mole di dati ci sono i movimenti bancari di governi, leader e partiti politici, industrie e corporation di tutti i paesi; un valore immenso, un potere enorme. Già in passato gli Stati Uniti erano finiti sotto accusa per aver utilizzato il sistema di spionaggio “Echelon” per favorire le proprie aziende ai danni di quelle europee, ma questo è solo uno dei possibili usi illegittimi di quei dati. La lettera ai correntisti è una clamorosa dichiarazione dell’impotenza europea; vi si legge che poiché “allo stato, le banche non potrebbero effettuare le suddette operazioni richieste dalla clientela senza utilizzare questa rete interbancaria e senza comunicare ad essa i dati sopra indicati…” il cliente deve sapere che i dati delle sue transazioni finiscono dritti sui computer delle autorità americane. Ridicola la chiosa della lettera: “Le ricordiamo anche che l’interessato conserva i Suoi diritti previsti dall’art. 7 del Codice in materia di protezione dei dati personali.” Chissà cosa significa quel “conserva”, se i diritti alla protezione dei propri dati sono così platealmente infranti come si dice poche righe sopra..

Non meno pietosa l’Europa, la quale il 28 giugno 2007 ha rilasciato una nota di stampa dal titolo: “Gli Usa si adeguano alle norme Ue di protezione dei dati personali ricevuti da Swift”. La nota porta la firma di Frattini nella sua veste di commissario responsabile del portafoglio Giustizia, libertà e sicurezza: “L’Unione europea dispone ora della garanzia che il Tesoro americano elaborerà i dati ricevuti dal server mirror di Swift negli Stati Uniti compatibilmente con i principi UE di protezione dei dati”.  Sciocchezze.

Nel dettaglio si capisce che Stati Uniti ed Europa si sono accordati per lasciare tutto com’è ora; l’Europa ha ottenuto solo che: a) Il Tesoro americano si impegna ad usare i dati Swift esclusivamente per la lotta contro il terrorismo. b) Il Tesoro Usa si impegna ad analizzare le informazioni Swift con continuità per individuare e cancellare i dati non necessari nella lotta contro il terrorismo. c) Gli impegni impongono obblighi rigidi per la conservazione dei dati: i dati dormienti (cioè quelli richiesti dal Tesoro americano ma non riconosciuti necessari per la lotta contro il terrorismo) non possono essere conservati per più di cinque anni dalla data di ricevimento o, nel caso dei dati ricevuti prima della pubblicazione delle “representations”, per più di cinque anni da quella data.

Il che vuol dire che gli Stati Uniti continueranno ad avere libero accesso a tutti i dati del consorzio Swift e che “si impegnano” a gestirli onestamente; dall’altro lato la UE ha un “potere di controllo” assolutamente pleonastico sulla cancellazione, dopo 5 anni, di dati che potrebbero già essere stati copiati, usati e distribuiti. Che la faccenda sia intimamente molto illegale lo testimonia lo stesso Frattini, ove dice: “Gli impegni rappresentano uno dei tre elementi fondamentali per risolvere il problema della violazione della legge europea sulla protezione dei dati dovuta al trasferimento di dati Swift negli Stati Uniti”.

La legge Europea sulla protezione dei dati è stata e continuerà quindi ad essere violata dal governo americano e nessuno ci può fare nulla. Impotenti sono i singoli spiati, impotenti le banche, impotente l’Unione Europea. Non è restato quindi che coprirsi le spalle senza fare troppo rumore, “avvertendo” i clienti dell’incresciosa situazione senza dare troppo risalto allo scandalo. Hai visto mai che un cittadino pianti una causa alle banche. (…) Non c’è da aver timore, l’informativa dice i Vostri diritti sono fatti salvi, anche se la banca vi dice che non ci può proprio fare niente (forza maggiore?) visto che di consorzi che facciano concorrenza a Swift non ce ne sono. In realtà qualcosa si potrebbe fare, cominciando dal sottrarre la rete Swift al controllo degli Usa, visto che la sede legale e metà delle macchine con tutti i dati (Server) è in Belgio.

Fabrizio Casari

da www.altrenotizie.org 24 novembre 2007