Giustizia, la Repubblica: stretta sulle toghe in politica, Cartabia e il freno alle porte girevoli

Le proposte della commissione Luciani La ministra: "Qualcosa si è guastato nel rapporto tra magistratura e popolo"

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Porte girevoli in magistratura verso la politica
Porte girevoli in magistratura verso la politica
di Conchita Sannino, da la Repubblica. La stretta si intravede. Stop alle candidature di magistrati nello stesso territorio in cui è stata esercitata la funzione, divieto di tornare in quella circoscrizione per cinque anni, se eletti; o per tre, se la corsa non è andata bene. Basta, insomma, all’incondizionato e reversibile “transito” tra magistratura e politica cui le toghe, finora, non avevano saputo porre argine.
Marta Cartabia, ministro della Giustizia
Marta Cartabia, ministro della Giustizia

È la linea di fermezza, non distante dal rigore del ddl Bonafede, che trapela ieri dal lavoro che la commissione Luciani, voluta dalla ministra Marta Cartabia, ha esposto ai capigruppo di maggioranza.

Riforma del Csm, entrano nel vivo i lavori in commissione Giustizia alla Camera, è «interlocutorio» ma denso il confronto aperto ieri pomeriggio dalla ministra. Che dà appuntamento ai parlamentari tra due settimane: il tempo di studiare le oltre 100 pagine tra relazione e proposte del gruppo di studio presieduto dal costituzionalista Massimo Luciani. Sarà poi Cartabia a fare sintesi e a proporre i suoi emendamenti. Ma si parte dall’eloquente premessa della ministra. «Qualcosa si è guastato nel rapporto tra magistratura e popolo, nel cui nome la magistratura esercita e svolge la sua funzione — sottolinea la ministra — Occorre urgentemente ricostruirlo». Vari i nodi che si affrontano, nel disegno di riassetto a Palazzo dei Marescialli: dai dubbi sul “rinnovo modulare” cioè le elezioni parziali per un ricambio mid-term (che esigerebbe una modifica costituzionale), al numero dei componenti che si allarga (e passa a 30: 20 togati più 10 laici); dal sistema del “voto singolo trasferibile” alle modifiche dei requisiti per il conferimento di «funzioni direttive e semidirettive». Un quadro d’insieme che registra subito la disponibilità di M5S, Pd e Iv, e il freddo attendismo di Lega e Fi.
Ma tra le proposte spiccano quei paletti alle aspirazioni politiche dei giudici, coltivate negli anni con sempre maggiore disinvoltura. Eccoli. Divieto per i magistrati di «candidarsi nella circoscrizione del territorio» dove si sono svolte le funzioni «negli ultimi 2 anni». Candidatura possibile «solo dopo un’aspettativa di almeno 4 mesi». Per inciso: norme, che se fossero state attive, ieri avrebbero impedito l’ascesa dell’attuale governatore Michele Emiliano (Pd) e oggi arresterebbero di colpo la campagna elettorale in corso di Catello Maresca, candidato sindaco a Napoli (col centrodestra) e fino a poche ore fa sostituto pg in città.
Criteri stringenti si prospettano soprattutto per il post-voto: i magistrati eletti, al rientro, tornerebbero al lavoro «per 5 anni in una regione diversa e non limitrofa» a quella della sede di provenienza; e sempre per un lustro potrebbero «svolgere solo funzioni collegiali», senza assumere incarichi direttivi o semidirettivi. Quanto ai magistrati candidati ma non eletti, invece, «per 3 anni» dovrebbero rinunciare a lavorare nel distretto e nella circoscrizione in cui esercitavano al momento del debutto in politica; e per lo stesso periodo non eserciterebbero funzioni né di pm, né di gip, né di gup.
Tema assai delicato, sottolineano Cartabia e Luciani, con gli altri professori della commissione, Francesca Biondi e Renato Balduzzi. Ma un altro passo avanti c’è, la ministra non elude il tema delle attese: «Il dibattito pubblico e accademico da tempo è maturo. E certo i fatti che hanno riguardato la magistratura nei mesi più recenti, hanno reso improcrastinabili e più urgenti gli interventi». Luciani rivendica la determinazione a cambiare rotta: «Non si è indebolito il ddl Bonafede, ma abbiamo impostato una disciplina molto più rigorosa per l’accesso alla politica. Per chi ha ricoperto incarichi elettivi, il rientro può avvenire con limitazioni estremamente ferme. Solo incarichi collegiali». Doveroso però, aggiunge, «è riconoscere la possibilità di un ritorno in magistratura, per rispetto della Costituzione ». Sarebbero comunque i primi lucchetti alle “porte girevoli”.