FIR, altre ansie per i soci “vecchi” delle banche: spariscono 500 mln e gli anticipi? Cavallari (Adusbef): “dobbiamo ripartire da capo?”

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Adusbef e FIR (Fondo Indennizzo Risparmiatori): l'avv. Fulvio Cavallari interviene su VicenzaPiuTv
Adusbef e FIR (Fondo Indennizzo Risparmiatori): l'avv. Fulvio Cavallari interviene su VicenzaPiuTv

I tecnici del servizio Bilancio del Senato nel Dossier sul provvedimento all’esame della commissione Bilancio di Palazzo Madama fanno presente, “a titolo meramente informativo”, che il FIR (Fondo indennizzo risparmiatori) dispone di uno stanziamento, nello stato di previsione del Mef (Ministero dell’Economia e delle Finanze), di circa 524 milioni l’anno (per l’esattezza 523,8 milioni) sia per il 2020 che per il 2021 e non di 1,5 miliardi dal 2019 al 2021come asserito nella Relazione tecnica” del Decreto Iegge Cura Italia del 18 marzo. “Tale circostanza – osservano gli esperti – appare meritevole di chiarimento

Nel documento si fa inoltre rilevare “che l’erogazione di un anticipo del 40% dell’indennizzo deliberato potrebbe determinare effetti di cassa, accelerando i flussi in uscita rispetto alle previsioni tendenziali”. E, anche in questo caso, vengono sollecitati chiarimenti “circa l’attuale costruzione dei tendenziali relativi al Fir e i tempi previsti di erogazione sulla base della legislazione previgente (se cioè gli indennizzi sarebbero comunque erogati nel corso del presente anno)”.

A più riprese siamo stati garantiti da destra e manca che i denari sono a capitolo di bilancio – ci dice l’avv. Fulvio Cavallari, presidente di Adusbef Veneto che abbiamo interpellato appena letto il lancio Radiocor Il Sole 24 Ore –. Ora si assiste a un balletto di difficile interpretazione di cui veniamo a conoscenza leggendo fra le righe di articoli di stampa e atti parlamentari. I risparmiatori chiedono a gran voce chiarezza e garanzie. Questa legge e o no in grado di pagare, sia pur parzialmente, i risparmiatori? O dobbiamo ricominciare da capo?”.

Insomma è una storia infinita che, è triste dirlo in questo periodo, pare che debba portare alla ulteriore consunzione di gran parte dei soci azzerati dai crac bancari del secondo decennio del 2020.

Oltre 200.000 di loro, i più colpiti, ad aprile 2016 videro crollare a 10 centesimi le azioni delle due ex Banche Popolari venete e due terzi di loro sono o forse già erano ultrasessantacinquenni, guarda caso la fascia d’età che oggi teme di più gli effetti del Coronavirus.

Da oggi, se non si apriranno spiragli dai chiarimenti chiesti sulla riduzione dei fondi del Fir, che già li avrebbero “rimborsati” solo del 30% rispetto a quanto da loro affidato agli Zonin di turno, non controllati a dovere o con equilibrio da Bankitalia, e sui dubbi sulla liquidabilità di un acconto del 40%, ancor più vitale oggi con la vita ferma, quei settantenni e ottantenni e anche più vecchi, oltre agli altri “giovani”, rischieranno più per il nuovo taglio temuto alle loro attese economiche che per quello alle aspettative di vita.