Fase 2, lavoratori in pericolo? Il racconto di una bancaria: “dormo preoccupata e dovrò indossare il giubbotto antiproiettile?”

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Di seguito il racconto diffuso da una signora veneta impiegata di banca

Stando a quanto riportato da alcuni quotidiani nazionali tra ieri ed oggi, domani dovrei andare al lavoro indossando, oltre la mascherina e i guanti, anche il giubbotto antiproiettile. Possiamo pensare si tratti di notizie vere? Pare lo siano, considerato che gli articoli in questione riportano quanto affermato da organizzazioni datoriali e sindacati in merito ad un reale timore che si possano domani registrare comportamenti violenti da parte delle persone nei confronti degli impiegati della banche.

Ora io, e chi come me domani deve andare a lavorare proprio nella filiale di una qualsiasi banca, cosa dovrebbe fare? Come minimo “dormire preoccupato”, come massimo trovare un modo per non andare a lavorare. Ho l’abitudine di leggere criticamente le notizie e di guardare a ciò che accade cercando un punto di vista il più possibile altro rispetto a quello “indicato”, per questo motivo sono portata a chiedermi che senso abbia dare una notizia del genere in questo momento, cercando quindi una risposta oltre l’apparenza.

Esiste un pericolo reale per noi impiegati? In parte sì, esiste perché la situazione di clausura nella quale ci troviamo ha prodotto in ognuno di noi reazioni di odio e risentimento, ad andare bene, nei confronti di chiunque, sia esso il vicino che esce presumibilmente senza motivo, il runner che corre, chi fa la spesa senza mascherina e ti viene vicino nella corsia del supermercato oppure quello che va a lavorare e beato lui che può uscire…

Insomma ognuno di noi, almeno una volta ha avuto una reazione avversa di questo tipo o contro chi manifesta di avere una reazione avversa. Siamo tutti in una condizione di vita ancora più innaturale di quella alla quale già abitualmente ci condanniamo, siamo tutti molto tesi e spaventati quindi potenzialmente in grado di avere reazioni violente e/o sconsiderate. Quindi sì, domani potrei correre qualche rischio rispetto alla situazione descritta dai quotidiani.

Mi chiedo però per quale motivo vengono fatti considerevoli sforzi pubblicitari per raccontarci un paese che non esiste, l’Italia, in cui tutti sono solidali, cantano, rispettano, amano, sono felici di sacrificare la propria libertà individuale per proteggere gli altri dal contagio e poi vengono pubblicate notizie con il benestare delle parti sociali in gioco governo, organizzazioni datoriali e sindacati?

Se davvero si volessero proteggere le potenziali vittime, le impiegate e gli impiegati da una eventuale aggressività diffusa, non sarebbe stato meglio avvisare le autorità di presidiare i nostri luoghi di lavoro e lasciare che la notizia restasse interna? Badate bene non parlo di censura, spesso si confonde la necessità di gestire il pericolo con la necessità di avere le informazioni, in questo caso la necessità di proteggere la nostra incolumità, doveva essere l’interesse principale non accendere la miccia di quanti magari non avevano neanche per le scatole di prendersela con dei poveri impiegati per il disagio creato da un governo, uno stato ormai del tutto contro il popolo.

Quindi a chi giova tutto ciò? Spiace dirlo ma io credo sia utile e volutamente agito proprio dal governo che ha deciso di dare la notizia perché questo gli permetterà, di esercitare maggiore controllo nei confronti delle persone. Qualora infatti dovesse davvero scatenarsi una reazione violenta sarà semplice adottare misure di ancora maggior contenimento delle libertà individuali, sarà facile allungare il tempo di pagamento dei sussidi promessi, sarà facile scatenare reazioni violente ed inutili nei confronti di persone che nulla possono fare così che esploda un conflitto tra pari utile a chi decide e sceglie.

Al crescere della paura e della violenza diventerà ancora più facile per le forze al governo esercitare maggiori controlli ed abusi, impoverire definitivamente soprattutto le parti della penisola più colpite, impedendo la riapertura generale ancorché progressiva, cercando in questo modo di affossare definitamente proprio le economie più floride, incrementando, attraverso una distribuzione iniqua delle risorse il conflitto esistente tra nord e sud.

Quindi, domani mi conviene non andare a lavorare? No, domani andrò a lavorare, prima di tutto perché non mi sono mai astenuta quando il timore era verso il nemico invisibile ed apparentemente ingestibile, il virus, figuriamoci se mi asterrò oggi che l’eventuale nemico avrebbe il viso di una persona come me ma disperata, che potrò guardare negli occhi.

Non si tratta di eroismo, come non è stato eroismo quello compiuto da tutti quelli che hanno lavorato nonostante il pericolo del virus, si tratta di esercitare la più alta ed importante caratteristica umana: la capacità di scegliere e di autodeterminarsi, il libero arbitrio. Perché una facoltà, un diritto, una caratteristica possa essere occorre esercitarla, quindi se voglio restare libera e combattere contro i veri nemici devo esercitare la mia facoltà di scelta e chiedere a tutti di fare altrettanto.

L’Italia non esiste, non è mai esistita se non come oppressore di popoli ed artefice di dittature. Questo tempo, questa emergenza, ha dimostrato che i popoli che abitano la penisola e che hanno saputo mantenere integra la propria identità sono riusciti a gestire e reagire positivamente, perché di fronte ad un virus non ci sono armi, c’è soltanto la solidarietà vera e profonda, il senso di appartenenza e rispetto, la coercizione non serve se non si ha la certezza che sia possibile lavorare tutti assieme per aiutarsi e per riprendere a vivere.

Il popolo veneto ha dimostrato, ancora una volta, ed a pochissima distanza di tempo da un altra immane catastrofe, quella del Vaia, che è stata di poco successiva al furto compiuto sempre dall’Italia attraverso il fallimento delle banche, di sapere reagire, rispettare, restare solidale, non perdere la creatività e la volontà di reinventarsi pur di continuare a vivere in pienezza.


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