“Fallimento al sole”, evasione fiscale di una cooperativa: GdF sequestra 830 mila euro. Sette indagati per bancarotta

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I Finanzieri del Comando Provinciale di Vicenza hanno eseguito il sequestro preventivo per equivalente di beni fino a concorrenza di 830 mila euro nei confronti di una Società Cooperativa, attiva nel settore della fornitura di servizi, del legale rappresentante e del suo amministratore di fatto.

L’operazione di polizia economico-finanziaria “Fallimento al sole” trae origine dalla metodologia operativa “Dimenticatoio”, finalizzata al contrasto del fenomeno rilevato, in numerosi casi di frode fiscale, per il quale gli amministratori e/o titolari di quote di società con rilevanti debiti tributari provvedono a cedere le proprie quote a soggetti “nullatenenti”, a far nominare una “testa di legno” quale nuovo amministratore e, soprattutto, a trasferire la propria sede legale dalla provincia berica in un’altra, spesso in una grande città metropolitana, al fine di evitare o attenuare il rischio in capo agli ideatori della frode, ossia i reali beneficiari del profitto illecito da evasione fiscale, di incorrere in controlli erariali.

 Le indagini, condotte dalle Fiamme Gialle della Tenenza di Schio nell’ambito dell’operazione “Fallimento al sole” ed avviate nel 2018 su delega della Procura della Repubblica di Vicenza, hanno permesso di far luce sulle condotte fraudolente commesse tramite la citata Società Cooperativa, già con sede a Vicenza ed oggi fallita, attiva nel settore della fornitura di servizi. Gli accertamenti compiuti hanno evidenziato che la stessa, la cui attività consisteva essenzialmente nella fornitura di manodopera a società terze che la utilizzavano nei processi produttivi (principalmente una S.r.l. di Sandrigo, che se ne avvaleva per la separazione dei rifiuti da avviare al riciclo), abbatteva ogni anno le voci attive di bilancio esponendo passività per importi ampiamenti superiori alle attività, ricorrendo (per gli anni d’imposta 2011, 2012 e 2014) all’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti emesse da un’impresa “cartiera”, con sedi fittizie a Milano e Roma.

In tal modo, la Cooperativa era in grado di fornire manodopera a prezzi concorrenziali, sottraendosi sistematicamente al pagamento dell’I.V.A. sulle prestazioni fornite. Di più, poiché gli importi delle fatture passive erano largamente superiori a quelle attive, la Cooperativa utilizzava il fraudolento credito I.V.A. per compensare anche le somme dovute a titolo previdenziale in favore dei soci lavoratori.

La fittizietà delle fatture in acquisto emergeva immediatamente, in quanto i documenti attestavano presunti acquisti di beni strumentali, mai rinvenuti nel corso delle attività di servizio, per svariati milioni di euro, mentre la Cooperativa aveva comunicato alla banca dati denominata Spesometro Integrato ed indicato in bilancio costi per importi nettamente inferiori, coerentemente con la sua natura e la tipologia dei servizi offerti, che prevedono l’acquisto di soli beni di modico valore (dispositivi di protezione per i lavoratori, tute e guanti da lavoro). Nelle dichiarazioni fiscali, grazie all’utilizzo dell’illecito ed ingente meccanismo di fatture per operazioni inesistenti, sono state pertanto indicate spese decuplicate o addirittura centuplicate rispetto a quelle realmente sostenute.

Inoltre, tali fatture non erano mai state reperite, neppure nel corso di un controllo fiscale avviato nel 2015 dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della Cooperativa. Nell’ambito di tale attività ispettiva, venivano occultate tutte le scritture contabili del soggetto controllato, mentre veniva esibito esclusivamente un contratto di appalto tra la Cooperativa e la “cartiera” milanese, con cui quest’ultima avrebbe fornito servizi alla prima per importi milionari, e non ceduto beni strumentali come invece attestato nella contabilità della società vicentina.

L’audizione di oltre 30 soci-lavoratori ha poi evidenziato che nessuno di loro era consapevole della qualifica rivestita in seno alla Cooperativa. Trattavasi, nella maggioranza dei casi, di cittadini extra-comunitari che non avevano mai ricevuto alcuna convocazione alle assemblee, mai conosciuto direttamente i legali rappresentanti della Cooperativa, e non erano nemmeno in grado di riferire dove fosse la sua sede. Erano dunque semplici prestatori di opera, mascherati dietro lo schermo della Cooperativa, del tutto ignari dello status di “soci”, che lavoravano quali disassemblatori di apparecchi elettronici presso la sede della società di Sandrigo e, in misura inferiore, quali addetti alle pulizie presso un centro commerciale di San Donato Milanese. In altre parole, la Cooperativa era gestita in totale abuso dello strumento giuridico cooperativo e in assenza della decantata mutualità prevalente.

Emergeva in maniera lampante come gli organi di controllo della Cooperativa non avessero mantenuto neppure una parvenza di equilibrio tra la documentazione attestante la fonte delle obbligazioni passive, le annotazioni contabili ed i bilanci, evidentemente consapevoli che appena smascherato il meccanismo fraudolento la società sarebbe stata “di fatto” chiusa e spostata in altra sede.
Quest’ultima evidenza, sintomatica di un disegno fraudolento preordinato, trova anche conferma in una circostanza riscontrata dai finanzieri nel corso delle indagini ed in particolare nel corso dell’esame del materiale informatico (documenti informatici e caselle di posta elettronica): la Cooperativa infatti, a soli 4 giorni (3 maggio 2016) di distanza dalla ricezione di una mail dell’Agenzia delle Entrate datata 29 aprile 2016 riepilogativa delle contestazioni fiscali che sarebbero state mosse, viene interessata dal trasferimento della sede legale e del domicilio fiscale a Napoli (luogo che nessun collegamento aveva mai avuto con l’attività della società), presso un indirizzo fittizio, con contestuale messa in liquidazione e, poche settimane dopo (14 giugno), cancellazione dal Registro delle Imprese. La procedura liquidatoria avrebbe potuto essere avviata senza l’anomalo trasferimento nel capoluogo partenopeo che, con ogni evidenza, mirava a depistare i controlli dalla sede effettiva, dove sarebbe stata agevolmente riscontrata la fittizietà della forma mutualistica assunta dal sodalizio. Su istanza della Procura di Vicenza, il 13 giugno 2017 veniva dichiarato il fallimento della Cooperativa, gravata da insostenibili debiti nei confronti dell’Erario per quasi 1,7 milioni di euro.
Il G.I.P. presso il Tribunale di Vicenza, accogliendo la richiesta del P.M. titolare delle indagini e condividendo le ipotesi investigative delle Fiamme Gialle, ha dunque emesso un decreto di sequestro preventivo per equivalente fino a concorrenza di € 837.916,10, pari all’I.R.E.S. e all’I.V.A. evase dalla Cooperativa tramite l’utilizzo in dichiarazione delle prestazioni inesistenti, sommate alle indebite compensazioni effettuate tra il 2014 ed il 2016.
Il provvedimento ha attinto la Cooperativa, un legale rappresentante pro tempore della stessa ed il suo amministratore di fatto, ossia un professionista milanese, dominus dell’intero meccanismo fraudolento, oggi iscritto all’A.I.R.E. in quanto residente a Londra.
Quest’ultimo, pur non figurando direttamente nella compagine societaria, è risultato essere amministratore di fatto dell’impresa fornitrice “cartiera” (da pregresse indagini condotte dalla Procura di Milano), nonché depositario delle scritture contabili della Cooperativa, intermediario per la trasmissione delle dichiarazioni fiscali e delegato ad operare su un suo conto corrente societario. Di fatto egli è risultato ganglio centrale nella vita aziendale e nell’ideazione della frode all’Erario.
Sono stati sottoposti a vincolo reale 2 immobili (insistenti nel comune di San Giuliano Milanese), 2 partecipazioni in società di capitali attive nel milanese, 1 autovettura, 2 cassette di sicurezza e 1 conto corrente.

Le due persone fisiche attinte dal provvedimento di sequestro preventivo sono ad oggi indagate a piede libero dalla Procura della Repubblica di Vicenza, unitamente ad altri tre legali rappresentanti pro tempore della Cooperativa, al referente per la gestione del personale e all’amministratore della S.r.l. di Sandrigo (quest’ultimo extraneus alle compagini societarie direttamente coinvolte nel meccanismo fraudolento di emissione di fatture false ma – comunque – ritenuto concorrente nel reato di fallimento per mezzo di operazioni dolose [223, comma 2, della Legge Fallimentare], con l’aggravante di aver cagionato un danno di grave entità al ceto creditorio in quanto beneficiario fraudolentemente consapevole delle prestazioni lavorative fornite a basso prezzo) – a vario titolo per i reati di bancarotta documentale, dichiarazione fiscale fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fiscale infedele, occultamento o distruzione di scritture contabili, indebita compensazione e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (reati puniti dall’art. 216 della Legge fallimentare e dagli articoli 2, 4, 10, 10-quater e 11 del D.Lgs. 74/2000).

Nei confronti di cinque degli indagati, nel febbraio 2019, erano state eseguite altrettante perquisizioni locali e personali, che avevano permesso di rilevare elementi probatori fondamentali in merito alla gestione di fatto della Cooperativa, nonché appurare in via definitiva l’avvenuto occultamento della documentazione contabile.
L’operazione, inoltre, evidenzia ancora una volta come la Guardia di Finanza operi ogni giorno per garantire un fisco più equo e proporzionale all’effettiva capacità reddituale di ognuno, contrastando i gravi illeciti fiscali. L’evasione, infatti, produce effetti negativi per l’economia, ostacolando la normale concorrenza fra imprese, danneggiando le risorse economiche dello Stato ed accrescendo il carico fiscale gravante sui cittadini e sulle imprese oneste. L’operazione delle Fiamme Gialle si è sviluppata secondo il dispositivo operativo del Corpo nell’ambito del contrasto all’evasione, all’elusione e alle frodi fiscali, facendo leva sulle peculiari funzioni di polizia economico-finanziaria ed è stata condotta trasversalmente tanto sotto il profilo amministrativo-tributario quanto quello penale con il conseguente sequestro preventivo del patrimonio finalizzato alla confisca, che è obbligatoria nel caso in cui il procedimento penale si concluda con la condanna degli indagati.