Emergenza smog, Cinzia Perrino (direttore Cnr) a laRepubblica: “bloccare le auto non serve, è come in una stanza di fumatori”

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convegno cnr
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“Metti tanti fumatori in una stanza chiusa e chiedi ad un paio di smettere di fumare. Forse ci sarà un po’ meno fumo, ma finché non verrà aperta la finestra le cose cambieranno pochissimo”. Usa un esempio semplice, Cinzia Perrino, direttore dell’Istituto sull’Inquinamento atmosferico (IIA) del Cnr per suggerire che, seppur utili, le giornate di grande stop al traffico purtroppo “incidono poco” sulla qualità della nostra aria.

In questo inverno di bassa pressione lo smog sta soffocando la Pianura Padana, città come Torino o Milano preoccupano per i livelli impressionanti e costanti di Pm10 e in decine di altre metropoli continueranno anche nei prossimi giorni le limitazioni alla circolazione. A Roma la sindaca Virginia Raggi ha perfino vietato il traffico alle auto più “moderne”, quelle Euro 6. Ma queste singole giornate di blocco – proviamo a chiedere a Perrino – incidono davvero sulla salute dell’ambiente?

I blocchi del traffico attuali sono efficaci?
“Come tutte le misure emergenziali, e questa è una di quelle, sono misure che lasciano un po’ il tempo che trovano. Sono 20-30 anni che ci rifugiamo in misure come queste e poco viene fatto per soluzioni che incidano in maniera sensata e a lungo termine. Quelle odierne hanno un piccolo effetto. Quanto? Il contributo diretto del traffico relativo alle polveri Pm10 è stimabile intorno al 25%. Vietando la circolazione ai diesel incidiamo dunque solo su quel  25% ma nel frattempo tanti altri veicoli continuano a circolare, più o meno la metà di quelli abituali. A questo punto, il blocco, si potrebbe dire che incide per poco più del 12%. Una percentuale piccola, davvero marginale”.

E perché le amministrazioni intervengono sempre e solo sul traffico?
“Perché è il più controllabile. Un blocco del traffico è la cosa più semplice per tentare una azione immediata, anche se l’efficacia è minima. E’ molto più complesso invece pensare di  programmare azioni a lunga durata. Poi ti trovi in situazioni come quest’anno che sono molto sfavorevoli: per 20 giorni e più si verifica alta pressione, assenza di venti significativi e  di precipitazioni e così tutto si complica. E’ come se fossimo nella condizione di un gruppo di fumatori dentro a una stanza con finestre chiuse. Anche se due o tre non fumano per un po’, la concentrazione di fumo aumenta comunque perché non c’è ricambio”.

Se non sulle auto, su cosa dovremmo concentrarci allora?
“Un aspetto poco discusso, soprattutto d’inverno, è per esempio quello che negli ultimi anni c’è stato un aumento importante dell’uso di  legna e pellet per il riscaldamento, di termostufe, termocamini e caminetti, tutte strutture che emettono molte polveri, anche se sono impianti piccoli e domestici. Ce ne sono tantissimi e danno un contributo negativo alla qualità dell’aria importante. Andrebbero controllate, gestite: esistono ordinanze sulla regolazione dei gradi, ma per ora funzionano poco”.

Quanto incide invece il cambiamento climatico sullo smog?
“E’ un discorso complesso. Ricordiamoci sempre che esistono città trafficate, come Roma, che però sono più fortunate tra regimi di brezza e condizioni atmosferiche spesso favorevoli e, al contrario, zone come il bacino padano  che risultano chiuse e dove tra polveri sottili ed emissioni agricolo-industriali la situazione è drammatica. I cambiamenti climatici, in entrambe le aree, porteranno eventi sempre più estremi, con incidenza diversa. Capire come questi ricadranno sulla qualità dell’aria è difficile ed oggetto di studio, anche perché molto dipenderà dalle precipitazioni”.

Per migliorare la qualità dell’aria esistono “blocchi” differenti a cui si potrebbe pensare?
“Io credo che come tecnologia dei motori ormai abbiamo tirato la corda al massimo: Euro 5 e Euro 6 sono molto vicini come caratteristiche emissive, non si migliora più di tanto. E’ giusto continuare a cercare nuove soluzioni ma sulla concentrazione delle polveri non riusciremo a fare miracoli. Ecco perché bisognerebbe agire su chilometri percorsi. Un’auto è responsabile per ciò che esce dalla marmitta ma anche per  il risollevamento delle polveri depositate sulle strade. Questa emissione è indipendente dalla categoria del veicolo, che sia Euro 0 o Euro 6, diesel o benzina, un’auto comunque risolleva polveri, motivo per cui bisognerebbe pensare a limitare i chilometri da percorrere. Poi certo, va implementato il trasporto pubblico ed è necessario puntare su tecnologie più sostenibili e trovare il modo per evitare che tutte le persone usino l’auto sempre, anche per i minimi spostamenti”.

di GIACOMO TALIGNANI da laRepubblica