Ebrei internati di Vicenza vanno ricordati principalmente all’ex Eretenio e non al teatro Olimpico con targa per giunta “invisibilmente in alto”

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Ex Eretenio, dove furono internati gli ebrei di Vicenza
Ex Eretenio, dove furono internati gli ebrei di Vicenza

Non capisco come mai il Comune di Vicenza sia incorso in un errore tanto banale per la memoria degli ebrei. Non sono una storica ma credo di essere una buona ricercatrice. Qualcuno, a tutti i costi, ha voluto apporre una targa al Teatro Olimpico in ricordo degli ebrei deportati e che lì sarebbero stati rinchiusi, senza dare però il giusto valore al luogo della Memoria e senza consultare la “signora storia”.

Targa all'Olimpico posta in alto a memoria degli ebrei internati a Vicenza
Targa all’Olimpico posta in alto a memoria degli ebrei internati a Vicenza

È stata collocata, forse più per gloria istituzionale che per Memoria, in un luogo non rappresentativo per la maggior parte degli ebrei deportati e assassinati e posta così “invisibilmente in alto” da aver quasi bisogno di una piccola gru alzapersone per essere vista e letta, quasi a voler nascondere “la Memoria”, nemmeno poi tanto realista. Ecco, per usare un mio stile, direi “che è stata posata con l’impegno tipico di chi fa le cose senza il cuore”.

La mia parola vale poco ma è quella di una persona che ha raccolto “il vissuto dentro” di alcuni ebrei ex internati. Non escludo che qualche ebreo sia stato temporaneamente posto in breve fermo giudiziario presso il Teatro Olimpico, ma la maggior parte degli ebrei furono “raccolti” presso il Teatro Eretenio, sarebbe giusto dare valore e memoria a quello che resta dell’Eretenio.

Lo scrive chiaramente Il prof. Emilio Franzina, già ordinario di storia contemporanea all’università di Verona, Accademico Olimpico, studioso e scrittore nel libro La provincia più agitata: Vicenza al tempo di Salò attraverso i notiziari della Guardia nazionale repubblicana e altri documenti della RSI, 1943-1945”, edito nel 2008. Esattamente a pagina 144 l’Autore riporta una nota dell’Ispettore Generale di Pubblica Sicurezza G. Antoci: “Attualmente si trovano fermati e custoditi nell’ex Teatro Eretenio, in attesa di essere trasferiti nel Campo di Concentramento che sta per essere approntato nella Colonia di Tonezza, 50 ebrei adulti di sesso maschile stranieri e 4 di nazionalità italiana, altri 34 ebrei italiani si sono resi irreperibili…“. Vogliamo mettere in dubbio la parola di un Ispettore di Polizia?

C’è poi l’allora Priore di Monte Berico, padre Giacinto Evarelli, che giura testimonianza sul buon operato dell’allora Prefetto, Neos Dinale e cita come luogo di raccolta degli ebrei l’ex teatro Eretenio, dove si sarebbe recato per portare conforto proprio su ordine dell’ex Prefetto Dinale. Mettiamo in dubbio anche la parola del Priore della Basilica di Monte Berico?

Mi sento di mettere in dubbio che gli ebrei fossero tutti di sesso maschile, perché così non è, ma non il luogo di raccolta, considerate le testimonianze scritte.

Dinale è stato oggetto di molte critiche anche da parte mia, ma con il senno del poi e con la consultazione di alcune fonti storiche, incrociando dati di diversi “colori” ho capito che faceva sì il prefetto, ma prima di tutto era un uomo. L’attività di Neos Dinale è documentata da fascicoli contenenti i rapporti mensili al Ministero dell’Interno: interessanti sono le carte concernenti il processo per collaborazionismo, con le testimonianze a favore rese da alcuni vicentini.

Dinale operò a Vicenza quale prefetto durante la Repubblica Sociale Italiana. Bisognerebbe che l’arroganza e lo strapotere individuale e politico lasciassero spazio alla vera ricostruzione storica. Si “urla” a gran voce che la storia non si deve cambiare, ma i primi a “modificarla” a seconda dell’ideologia sono proprio gli “storici” appoggiati dalla politica. Senza valutazione pragmatica, senza ricerca, senza amore non può esserci ricostruzione: per favore fate un passo indietro e fate avanzare la Verità che, per opportunismo personale e politico, siete capaci di dissipare.

Ho sbagliato anch’io, pur consultando una sola ma autorevole fonte e ho dato Walter Landmann, ex internato nel vicentino, morto con i genitori in campo di sterminio, ma la storia è andata diversamente. Brevemente vorrei raccontare “Walter Landmann”, un signore che non si è mai sentito ebreo (nemmeno quando l’ho conosciuto io) ma che era figlio di padre ebreo e di madre cristiana tedesca, sorella di un ufficiale delle SS, grazie al quale lui e la sua famiglia scamparono al campo di sterminio e furono esclusi dalla lista di deportazione, esclusi ma non cancellati.

Più volte mi ha ripetuto “io non sono mai stato ebreo”, ma la famiglia non rifiutò l’aiuto dalla Delasem, ovvero l’organizzazione di resistenza ebraica che operò in Italia tra il 1939 e 1947 (a Vicenza si è visto qualcuno della Delasem fino a fine anni 50). La Delasem ha gestito aiuti economici per gli ebrei internati o perseguitati, potendosi avvalere anche del supporto di numerosi non ebrei. Si stima che solo nel periodo bellico, la Delasem abbia distribuito più di 1.200.000 dollari, di cui quasi 900.000 provenienti dall’estero.

Nutro il ragionevole dubbio che molti di quelli che dicono di aver aiutato gli ebrei, non l’abbiano fatto tutti a titolo gratuito. Ritornando all’ex internato, ho accettato, contro la mia volontà, il “sentirsi” del signor Landmann nel più assoluto rispetto di quello che lui voleva essere, e assieme siamo andati al Teatro Olimpico. Non ha ricordato il teatro Olimpico come luogo di raccolta e in quell’occasione mi disse che, dai suoi ricordi, doveva trattarsi di un teatro in prossimità di un fiume e della stazione ferroviaria. Allora siamo andati laddove un tempo c’era l’Eretenio: il rudere rimasto dai bombardamenti del 1944 non gli ha richiamato alla memoria il luogo a lui “nefasto”, ma il fischio del treno gli era familiare e mi ha confermato che il teatro doveva per forza trovarsi vicino al fiume e a  breve distanza dalla stazione.

Al fischio di un altro treno Landmann ha annuito…


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Nata a Vicenza il 25 gennaio 1954, studentessa mediocre, le bastava un sette meno, anche meno in matematica, ragazza intelligente, ma poca voglia di studiare, dicevano i suoi professori. Smentisce categoricamente , studiava quello che voleva lei. Formazione turistica, poi una abilitazione all’esercizio della professione di hostess di nave, rimasta quasi inutilizzata, un primo imbarco tranquillo sulla Lauro, un secondo sulla Chandris Cruiser e il mal di mare. Agli stipendi alti ha sempre preferito l’autonomia, ha lavorato in aziende di abbigliamento, oreficeria, complemento d’arredo, editoria e pubbliche relazioni, ha girato il mondo. A trent’anni aveva già ricostruito la storia degli ebrei internati a Vicenza, ma dopo qualche articolo, decise di non pubblicare più. Non sempre molto amata, fa quello che vuole, molto diretta al punto di apparire antipatica. Dove c’è bisogno, dà una mano e raramente si tira indietro. E’ generosa, ma molto poco incline al perdono. Preferisce la regia alla partecipazione pubblica. Frequenta ambienti ebraici, dai riformisti agli ortodossi, dai conservative ai Lubavitch, riesce nonostante il suo carattere a mantenere rapporti equilibrati con tutti o quasi. Sembra impossibile, ma si adegua allo stile di vita altrui, in casa loro, ovviamente.