Diamanti, Borzi su FQ e Sandonà a Thiene: un’altra “fregatura bancaria”. L’avv. Calvetti: ecco come recuperare i soldi

613

Il 25 gennaio 2018 titolavamoUn diamante è per sempre, come fregatura. E infatti il quotidiano locale consigliava diamanti che vendeva Intesa e azioni della BPVi che la stessa banca ha arraffato a zero“.

Un anno dopo pochi giorni fa, il 15 gennaio 2019, nelle semi nascoste pagine della provincia, e un micro richiamo nel web, “Diamanti beffa, al via le azioni legali” ha titolato Ivano Tolettini, una volta re della giudiziaria (nel nostro caso anche precursore delle fake news) dell’ineffabile giornale, per anni e anni distintosi nell’opera di “sponsorizzare” il sistema incernierato intorno a Gianni Zonin e a Giuseppe Zigliotto, l’ex presidente di Confindustria Vicenza, azionista di riferimento del GdV, entrambi ora imputati nel processo per il crac dell’ex Popolare.

Massimo Sandonà, consulente finanziario
Massimo Sandonà, consulente finanziario

Avevamo incontrato anche noi Massimo Sandonà, il consulente finanziario di Thiene, che ricordava il nostro articolo e che stava provando a sollecitare l’interruzione del mutismo locale su una speculazione truffaldina, quella dei diamanti “piazzati” ai clienti delle banche a più del doppio del loro valore e, per giunta, con delle assicurazioni sulla “tranquillità” dell’investimento che solo le azioni “musìna” della BPVi scalfivano.

Tutto questo avveniva per opera di banche di nome come, appunto, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Gruppo BPM (in cui è confluito il Banco Popolare di Verona e Novara) che hanno distratto da altri investimenti più trasparenti almeno due miliardi di euro spostati dalle tasche di decine se non centinaia di migliaia di risparmiatori, molti nel Vicentino.

Massimo Sandonà ci aveva documentato a dovere sui diamanti beffa o fregatura che dir si voglia e ci aveva stimolato a riprendere e ad approfondire il caso, ma senza fermarci a due righe buttate lì a lavarsi la… coscienza.

Nicola Borzi, giornalista d'inchiesta
Nicola Borzi, giornalista d’inchiesta

Il 18 gennaio, intanto, mentre raccoglievamo documentazione, Il Fatto Quotidiano pubblicava a firma Nicola Borzi (il collega che ha svelato, tra l’altro, che presso la BPVi c’erano conti dei Servizi e che perciò è stato… perquisito e non solo) l’articolo dal titolo auto esplicativo “Il crac del broker degli scandali con 600 milioni di diamanti” che subito vi proponevamo* e che oggi aintegriamo con un’intervista in video dell’avv. trevigiano Sergio Calvetti.

Il fondatore dello studio Tlc Lawyers di Calvetti e partners, balzato alle cronache di Vicenza e di tutto il Veneto per essere stato indicato da oltre 8.000 ex soci della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca come loro legale nelle azioni civili e penali intraprese, ci ha illustrato

  • il meccanismo dell’ennesimo “esproprio bancario” dei risparmiatori, l’immobilismo per anni, vi giunge nuovo?, della Consob, che si era lavata le mani definendo il business dei diamanti nelle filiali come un’attività commerciale di terzi,
  • il cuneo aperto da una deliberazione della AGCM, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che sanzionava per 15 milioni di euro come “pubblicità ingannevole” quella attuata dalle banche per promuovere i diamanti (“Diamanti da investimento: consumatori ingannati, multate imprese venditrici IDB e DPI e banche Unicredit, Intesa, MPS, BBPM per oltre 15 mln“)
  • l’irrilevanza per i danneggiati del fallimento di Intermarket Diamond Business (Idb), una delle due società che cedevano i diamanti ai clienti, per il tramite delle banche, che sono le contraparti chiamate in causa da Calvetti in quanto “capienti” a differenza di  IDB e DPI
  • le attività di recupero del proprio denaro per tutti gli “ingannati” con Intesa, Unicredit e MPS ora pronte, come ci aveva già detto anche Sandonà, a restituire, sia pure con modalità diverse, il 100% del “maltolto” ma con Banco BPM ancora sulle barricate e fermo ad un’ipotesi di transazione al 50%.

Ascoltate, allora, l’avvocato Calvetti, che vi consiglia di rivolgersi a lui o a un qualunque altro legale esperto, in attesa di nuove notizie sull’argomento da VicenzaPiu.com, povero, piccolo ma, sempre, senza rimorsi verso i suoi lettori.

 

*Il crac del broker degli scandali con 600 milioni di diamanti

IL COLOSSO IDB – AL CAPOLINEA IL GRUPPO CHE COMMERCIAVA LE PIETRE COINVOLTO IN DIVERSE INCHIESTE. ORA TREMANO MIGLIAIA DI CLIENTI

di Nicola Borzi, da Il Fatto Quotidiano

Esperto di diamanti
Esperto di diamant

Intermarket Diamond Business (Idb), che fu il maggior broker nazionale di diamanti, è in procedura fallimentare. L’istanza è stata presentata nei giorni scorsi dagli amministratori della società, nominati dai magistrati di Milano che hanno rimosso i predecessori finiti sotto indagine. Il giudice Alida Paluchowski, presidente della seconda sezione civile del tribunale lombardo, ha fissato all’8 aprile la prima udienza dei creditori e ha nominato curatore l’avvocato Maria Grazia Giampieretti. In ballo, oltre al futuro della Idb e dei suoi dipendenti, ci sono i tempi di riconsegna a decine di migliaia di risparmiatori di pietre valutate, a fine 2017, 641 milioni, che i clienti hanno lasciato in deposito al broker.

Le due inchieste penali in corso sulla vicenda ora potrebbero salire a tre nel caso emergessero reati fallimentari. La Procura di Milano indaga per truffa sulla vendita delle pietre e ha perquisito i broker e alcune banche. I passati vertici di Idb sono poi sotto indagine per associazione a delinquere, circonvenzione di incapace, falso, peculato e sequestro di persona. I magistrati indagano sui trasferimenti di quote societarie intestate attraverso un trust alla fondatrice di Idb, Antinea Massetti De Rico (che era in stato vegetativo dal 2011) e a suo marito, Richard Edward Hile, entrambi deceduti nel 2017. Tra aprile e maggio 2018 gli inquirenti avevano sequestrato conti correnti e azioni conferite all’Hile Trust per 70 milioni. Il 3 ottobre scorso però la seconda sezione penale della Cassazione ha accolto l’istanza contro i sequestri avanzata da una nipote di Hile e ha rinviato gli atti al tribunale perché li riesamini. Il 14 maggio 2018 il presidente e amministratore delegato di Idb, Claudio Giacobazzi, è stato trovato morto in un hotel a Reggio Emilia. Nel 2005 Idb era stata oggetto di un fallito tentativo di infiltrazione della ’ndrangheta, scoperto dal giudice Guido Salvini nel 2008. Dopo l’esplosione del caso, i clienti hanno iniziato a premere su broker e banche per riottenere i propri soldi e il blocco delle nuove vendite ha pesato sui conti 2017 di Idb, con il crollo di ricavi (da 130 milioni del 2016 a 3,5) e risultati (da 5,4 milioni di utile a 15,7 di perdite).

Il 20 settembre 2017 l’Antitrust aveva sanzionato le modalità di offerta dei diamanti “gravemente ingannevoli e omissive” con listini autoprodotti molto più alti dei valori di mercato: 9,35 milioni al canale Idb (2 milioni al broker, 4 a UniCredit e 3,35 a Banco Bpm), 6 milioni all’altro broker Dpi e al suo canale (un milione alla società, 3 a Intesa Sanpaolo, 2 a Mps). Il 17 ottobre scorso il Tar del Lazio ha poi confermato le multe. Le società coinvolte hanno presentato ricorso al Consiglio di Stato.

L’avvocato Anna D’Antuono, consulente legale dell’associazione di risparmiatori Aduc, spiega che “in caso di fallimento, i clienti che ancora detengono i diamanti in Idb dovranno presentare ricorso per restituzione-rivendicazione delle pietre. Ogni azione è però da valutare e coordinare con le mosse da compiere nei confronti delle banche ‘presentatrici’, per evitare incompatibilità tra le procedure e soprattutto difficoltà nella quantificazione del danno da richiedere”.

Il collocamento di diamanti in banca come “beni di investimento” è esploso durante la crisi finanziaria del 2008. Gli istituti piazzavano attraverso la propria rete i diamanti venduti dai broker ricevendo in cambio commissioni spesso superiori al 10% dell’importo totale. Negli ultimi 15 anni le banche attraverso Idb e Dpi hanno venduto pietre stimate in 2 miliardi. Nei giorni scorsi Mps, che si è detta pronta a rimborsare integralmente i clienti riacquistando i loro diamanti, ha finalmente ottenuto l’autorizzazione della Questura a procedere nell’operazione. Una stima delle pietre vendute negli anni dal broker Dpi ai clienti del gruppo di Siena è di 330 milioni.

Intermarket Diamond Business (Idb), che fu il maggior broker nazionale di diamanti, è in procedura fallimentare. L’istanza è stata presentata nei giorni scorsi dagli amministratori della società, nominati dai magistrati di Milano che hanno rimosso i predecessori finiti sotto indagine. Il giudice Alida Paluchowski, presidente della seconda sezione civile del tribunale lombardo, ha fissato all’8 aprile la prima udienza dei creditori e ha nominato curatore l’avvocato Maria Grazia Giampieretti. In ballo, oltre al futuro della Idb e dei suoi dipendenti, ci sono i tempi di riconsegna a decine di migliaia di risparmiatori di pietre valutate, a fine 2017, 641 milioni, che i clienti hanno lasciato in deposito al broker.

Le due inchieste penali in corso sulla vicenda ora potrebbero salire a tre nel caso emergessero reati fallimentari. La Procura di Milano indaga per truffa sulla vendita delle pietre e ha perquisito i broker e alcune banche. I passati vertici di Idb sono poi sotto indagine per associazione a delinquere, circonvenzione di incapace, falso, peculato e sequestro di persona. I magistrati indagano sui trasferimenti di quote societarie intestate attraverso un trust alla fondatrice di Idb, Antinea Massetti De Rico (che era in stato vegetativo dal 2011) e a suo marito, Richard Edward Hile, entrambi deceduti nel 2017. Tra aprile e maggio 2018 gli inquirenti avevano sequestrato conti correnti e azioni conferite all’Hile Trust per 70 milioni. Il 3 ottobre scorso però la seconda sezione penale della Cassazione ha accolto l’istanza contro i sequestri avanzata da una nipote di Hile e ha rinviato gli atti al tribunale perché li riesamini. Il 14 maggio 2018 il presidente e amministratore delegato di Idb, Claudio Giacobazzi, è stato trovato morto in un hotel a Reggio Emilia. Nel 2005 Idb era stata oggetto di un fallito tentativo di infiltrazione della ’ndrangheta, scoperto dal giudice Guido Salvini nel 2008. Dopo l’esplosione del caso, i clienti hanno iniziato a premere su broker e banche per riottenere i propri soldi e il blocco delle nuove vendite ha pesato sui conti 2017 di Idb, con il crollo di ricavi (da 130 milioni del 2016 a 3,5) e risultati (da 5,4 milioni di utile a 15,7 di perdite).

Il 20 settembre 2017 l’Antitrust aveva sanzionato le modalità di offerta dei diamanti “gravemente ingannevoli e omissive” con listini autoprodotti molto più alti dei valori di mercato: 9,35 milioni al canale Idb (2 milioni al broker, 4 a UniCredit e 3,35 a Banco Bpm), 6 milioni all’altro broker Dpi e al suo canale (un milione alla società, 3 a Intesa Sanpaolo, 2 a Mps). Il 17 ottobre scorso il Tar del Lazio ha poi confermato le multe. Le società coinvolte hanno presentato ricorso al Consiglio di Stato.

L’avvocato Anna D’Antuono, consulente legale dell’associazione di risparmiatori Aduc, spiega che “in caso di fallimento, i clienti che ancora detengono i diamanti in Idb dovranno presentare ricorso per restituzione-rivendicazione delle pietre. Ogni azione è però da valutare e coordinare con le mosse da compiere nei confronti delle banche ‘presentatrici’, per evitare incompatibilità tra le procedure e soprattutto difficoltà nella quantificazione del danno da richiedere”.

Il collocamento di diamanti in banca come “beni di investimento” è esploso durante la crisi finanziaria del 2008. Gli istituti piazzavano attraverso la propria rete i diamanti venduti dai broker ricevendo in cambio commissioni spesso superiori al 10% dell’importo totale. Negli ultimi 15 anni le banche attraverso Idb e Dpi hanno venduto pietre stimate in 2 miliardi. Nei giorni scorsi Mps, che si è detta pronta a rimborsare integralmente i clienti riacquistando i loro diamanti, ha finalmente ottenuto l’autorizzazione della Questura a procedere nell’operazione. Una stima delle pietre vendute negli anni dal broker Dpi ai clienti del gruppo di Siena è di 330 milioni.

di Nicola Borzi da Il Fatto Quotidiano