La difficile coesistenza della scuola col Covid e il ‘terrorismo mediatico’ del GdV: Calenda e il caso Suarez ci fanno riflettere

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Il Giornale di Vicenza spara scuola e covid nel titolo
Il Giornale di Vicenza spara scuola e covid nel titolo

Troppi rischi, via i figli da scuola. È questo il titolo che campeggia questa mattina sul quotidiano principale di Vicenza. Virgolettato ovviamente, perché non è un’opinione del giornalista, ma è quello che penserebbero e direbbero, e avrebbero già messo in atto, secondo l’articolo, molti genitori di Vicenza e provincia. Ma non tutti notano le virgolette e il concetto è ormai sbattuto in prima pagina. Così sembra quasi un invito a ritirare davvero i figli da scuola.

Ora, sappiamo che la riapertura delle scuole era una questione delicata, con il Covid che sta ancora circolando e la stagione delle influenze alle porte. Ancora più delicata è la questione dei trasporti, che governo e Regione avrebbero dovuto risolvere prima del 14 settembre. In altri Paesi d’Europa le scuole sono state aperte e subito richiuse diverse volte nell’ultimo mese. Ora si discute anche sulla riapertura degli stadi, come prima si è discusso sul lockdown, sulla chiusura delle discoteche, dei bar, dei ristoranti, dei negozi. In Inghilterra il premier Johnson, che pure si è fatto due settimane in terapia intensiva per il Coronavirus, ha detto che da loro ci sono più contagi che in Italia perché l’Inghilterra è un Paese libero, sottintendendo che da noi la libertà non c’è. E del resto li abbiamo visti i negazionisti, nelle piazze e persino in Senato, gridare alla ‘dittatura sanitaria’ solo perché ci chiedevano di mettere la mascherina.

Quello che colpisce è il concetto, la mentalità che si rischia di far passare, nel giornale più noto del capoluogo berico e notoriamente vicino ai rappresentanti di quel mondo industriale e produttivo che si è lamentato, anche giustamente, per i danni subìti dalle chiusure (anche se certe fabbriche non hanno quasi praticamente mai chiuso). Così si torna ad instillare la paura, dopo mesi in cui molti politici ed industriali hanno accusato certa stampa di fare ‘terrorismo mediatico’. La scuola, la cultura, l’istruzione, la formazione, la ricerca, possono passare in secondo piano, possono aspettare, possono essere sacrificabili. Perché tanto “con la cultura non si mangia”.

Carlo Calenda
Carlo Calenda

L’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha detto che i genitori ai figli dicono sempre di studiare e fare i compiti, ma quando votano non scelgono mai chi parla di scuola, ricerca (quella che serve proprio per sconfiggere malattie come il Covid), formazione, etc. Perché non si fidano che la politica possa fare bene in quel settore. E infatti ci si preoccupa giustamente per discoteche, ristoranti, negozi, che se restano chiusi perdono soldi, ma non ci si preoccupa dei danni collaterali che la mancanza di istruzione può portare alle generazioni future. Poi magari fa scalpore il caso Suarez, ma la verità è che gli italiani non danno importanza alla cultura, allo studio, etc. e infatti molti laureati vanno all’estero. Ma così diventiamo sempre meno competivi su vari livelli: sviluppo, lavoro, credibilità internazionale. Per mesi ci siamo detti che non dobbiamo farci vincere dalla paura, che il virus si supera psicologicamente. Ovviamente con tutte le precauzioni e anche sviluppando e investendo su alternative come lo smart working e la didattica a distanza, purché si vada incontro ai diritti e alle capacità di tutti. Poi però chi ha la possibilità e quindi la responsabilità di influenzare l’opinione pubblica sceglie di dare risalto agli aspetti negativi e non a quelli positivi e le possibili soluzioni, che pure sono messi lì vicino, come per esempio lo screening di 800 studenti ad Arzignano.

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