Covid in Rsa, Zaia non firma ma neanche si oppone a commissione inchiesta. 40 scienziati pro Crisanti: “sua denuncia pericoloso precedente”

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Zaia e Crisanti
Zaia e Crisanti

«Non firmo, ma non sono contrario. Dopo ciò che si è detto, la richiesta di una commissione d’inchiesta era il minimo che ci si potesse attendere». Il presidente della Regione Luca Zaia sarà oggi in commissione Sanità, insieme ai tecnici che da un anno lo affiancano nella gestione della pandemia, per rispondere alle domande delle opposizioni, decise a «fare chiarezza» su quanto accaduto in Veneto durante la seconda ondata (i consiglieri di minoranza, peraltro, contestano che il confronto non avvenga in consiglio,convocato tre ore più tardi, ma in commissione, per di più con interventi contingentati di otto minuti).

Zaia ha però anticipato già ieri la sua risposta alla richiesta che Pd, M5S, Europa Verde e Veneto che Vogliamo, capitanati dal portavoce Arturo Lorenzoni, gli hanno recapitato di persona a Marghera, presentandosi nella sede della protezione civile poco prima dell’inizio della consueta conferenza stampa di mezzodì, ossia la convocazione di una commissione d’inchiesta sull’esempio di quelle già costituite su Pfas e case di riposo («Il mio suggerimento – ha postillato Zaia – è di unire a quest’ultima, che non è mai arrivata alle conclusioni finali, quella sul Covid, visto che i due argomenti si intrecciano»).

Salvo ammutinamenti poco probabili dopo il placet del presidente, la commissione d’inchiesta – che va votata in aula a maggioranza – sarà chiamata a rispondere a 5 domande: se la permanenza del Veneto in «zona gialla» possa aver inciso sul numero dei contagi e dei decessi nel periodo ottobre 2020-marzo 2021; quali fattori abbiano consentito la permanenza del Veneto in zona gialla, con particolare riferimento ai tamponi eseguiti ed ai posti letto di terapia intensiva dichiarati; se l’utilizzo dei test rapidi di prima e seconda generazione sul personale sanitario possa aver avuto conseguenze sul numero dei contagi; se ogni cautela sia stata adottata nelle Rsa; se, a fronte del dilagare dei contagi e all’impennata dei decessi, siano state fornite tempestive indicazioni e direttive da parte degli organi competenti.

Quesiti che da tempo vengono riproposti dalle minoranze, anche e soprattutto alla luce delle ricerche del professor Andra Crisanti, direttore del laboratorio di Microbiologia di Padova che contesta l’affidabilità dei test rapidi, e che hanno ripreso vigore nell’ultima settimana a seguito della puntata di Report con l’ormai celeberrimo fuori onda del direttore generale della Sanità Luciano Flor e della notizia che la procura di Padova sta indagando con l’ipotesi di truffa nelle pubbliche forniture. «Il caso Report ha reso evidente che non si è voluto approfondire un allarme generale – attacca Elena Ostanel del Veneto che Vogliamo -. Sono mesi che gli operatori sanitari, i ricercatori e noi consiglieri di minoranza avvertiamo sui rischi che ci sono nell’usare i tamponi rapidi per chi lavora negli ospedali e nelle Rsa». Aggiunge Anna Maria Bigon del Pd: «In tempi non sospetti abbiamo chiesto di istituire la zona rossa in Veneto. Purtroppo non siamo stati ascoltati. Ora vogliamo capire il motivo di un’azione uguale e contraria a quella che abbiamo proposto». E Vanessa Camani, pure Pd, chiama in causa Zaia: «Esca dal bunker nel quale si è nascosto e sia finalmente trasparente. È inaccettabile che si nasconda dietro ai tecnici, è lui il protagonista assoluto della gestione dell’emergenza».

Fin qui, il merito dell’inchiesta su cui lavorerà la commissione. Ma le opposizioni denunciano un clima generale di forte tensione e sostanziale inagibilità politica, provocato dalla schiacciante maggioranza ottenuta dal presidente alle ultime Regionali. «In 200 giorni abbiamo presentato 200 interrogazioni, 99 delle quali proprio sulla gestione della pandemia – fa di conto Lorenzoni -. Abbiamo ottenuto solo 41 risposte, spesso evasive e con oltre due mesi di ritardo». Cristina Guarda, Europa Verde, fa un esempio: «Ho fatto una richiesta di accesso agli atti sulle terapie intensive, mi hanno risposto che ci volevano 50 giorni per elaborare i dati e dopo 50 giorni mi hanno detto di andarmeli a vedere sul sito di Agenas». Dura l’accusa di Giacomo Possamai, capogruppo del Pd: «Dai consiglieri della Lega c’è una concezione da Ventennio del fare politica. Non si spiega altrimenti la serie di comunicati in stile “bastonatura” emessi a distanza di un quarto d’ora l’uno dall’altro nel giorno in cui abbiamo chiesto che Zaia venisse a riferire in aula, dove non lo vediamo da settembre».

Il presidente, come detto non firmerà la richiesta di costituzione della commissione d’inchiesta («Come non ho mai firmato alcun atto del consiglio ad eccezione delle proposte di legge depositate a inizio legislatura») ma non metterà di traverso la maggioranza, ribadendo di essere pronto ad andare «fino in fondo» rispetto a qualunque richiesta di chiarimento su ciò che è accaduto: «Si è sempre trattato di scelte tecniche, rispetto alle quali noi non avevamo alcuna competenza per dire sì o no. Non c’è mai stato alcun margine di discrezionalità politica. A meno che ora non mi si voglia venire a dire che dovevamo rinunciare a fare i test, a fare diagnosi e cercare i contagiati». L’affidabilità dei test, come detto, è al centro delle critiche di Crisanti che, denunciato da Azienda Zero per diffamazione, riceve la solidarietà di 40 scienziati italiani, primo firmatario Silvio Garattini: «Se la denuncia si riferisce alla libertà del professor Crisanti di discutere pubblicamente le sue osservazioni – si legge nella lettera – riteniamo che la stessa possa costituire un pericoloso precedente avverso alla libertà della ricerca scientifica e offriamo a Crisanti il nostro sostegno».

Marco Bonet sul Corriere del Veneto