Censimento Istat su popolazione veneta: Verona il comune più popoloso, calano gli stranieri a Vicenza

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Istat Veneto popolazione dati statistiche Verona Vicenza
Istat Veneto popolazione dati statistiche Verona Vicenza

Nel corso del 2018 e del 2019 l’Istat ha svolto le prime due rilevazioni del Censimento permanente della popolazione previsto dall’art. 3 della legge 221/2012. La realizzazione del censimento ha comportato un radicale cambiamento di strategia rispetto alla rilevazione diretta, esaustiva e a cadenza decennale su tutti gli individui e tutte le famiglie che ha caratterizzato i censimenti fino al 2011. Il nuovo censimento si basa, infatti, sulla combinazione di rilevazioni campionarie e dati di fonte amministrativa trattati statisticamente, è realizzato ogni anno ed è inserito all’interno del Sistema Integrato dei Registri statistici gestito dall’Istat.

I dati resi disponibili riguardano gli anni 2018-2019 e sono stati ottenuti attraverso due indagini annuali sul territorio (una basata sulle liste anagrafiche e l’altra su un campione areale d’indirizzi), condotte su un campione di circa 2.800 comuni (di cui circa 1.100 coinvolti ogni anno e circa 1.700 che effettuano le rilevazioni con rotazione annuale). A queste indagini si affianca l’utilizzo di numerose fonti amministrative integrate, finalizzato al consolidamento dei risultati annuali riferiti alla totalità dei comuni italiani.

La popolazione censita in Veneto al 31 dicembre 2019 ammonta a 4.879.133 unità, con una riduzione di 5.457 abitanti (-1,1 per mille) rispetto all’anno precedente e un incremento di 23.229 abitanti (+0,6 per mille in media ogni anno) rispetto al Censimento 2011.
Nel confronto con il 2011, i residenti aumentano nelle province di Padova, Treviso, Venezia e Verona, mentre diminuiscono nelle altre. La crescita maggiore è rilevata nella provincia di Verona (+3,3 per mille in media annua), il calo maggiore nella provincia di Rovigo (-5,6 per mille in media annua). Più del 90% dei residenti è concentrato in cinque province, mentre Rovigo e Belluno non arrivano a coprire il 9% della popolazione regionale. Nel 2019 il comune più popoloso è Verona, con 259 mila abitanti; quello più piccolo è Laghi, in provincia di Vicenza, con 127 abitanti.

La struttura per genere della popolazione residente si caratterizza per una maggiore presenza di donne, che sono 2 milioni 489 mila, il 51% del totale. L’età media è 45,4 anni, leggermente superiore ai 45,2 anni registrati a livello nazionale. Il confronto con i dati del Censimento 2011 evidenzia un progressivo invecchiamento della popolazione, con ritmi più alti della media nazionale. Diminuiscono i bambini sotto i 10 anni (-13,9%) e cresce di molto la fascia di età 50-59 (+23,1%).

Il comune più giovane è Veggiano, in provincia di Padova, con un’età media di 40,4 anni; quello più vecchio è Zoppé di Cadore, in provincia di Belluno, dove l’età media è pari a 55,2 anni. Nel periodo 2011-2019 la popolazione di cittadinanza straniera è aumentata dello 0,8% in media ogni anno. La presenza dei cittadini stranieri risulta in calo, in media annua, a Vicenza (-1,4%), Treviso ?(-0,5%) e Belluno (-0,4%), mentre registra una crescita nelle altre province, con Venezia (+3,1%) in testa.

L’età media degli stranieri è più bassa di 12,8 anni rispetto a quella degli italiani (33,9 anni contro 46,7 nel 2019). Tra gli stranieri, l’indice di dipendenza, ovvero la quota di popolazione in età non lavorativa (con meno di 15 anni o con 65 anni e più) rispetto alle persone in età da lavoro (15-64 anni) è pari al 30,9%, mentre tra gli italiani è il 60,4%. Se ci si limita alla componente a carico in età 65 e più, i precedenti valori sono pari, rispettivamente, a 5,7% e 40,7%.

Anche la popolazione straniera registra un processo di invecchiamento rispetto al Censimento del 2011, con un calo della quota di persone con meno di 40 anni ed un aumento di quelle più anziane, soprattutto tra i 50 ed i 70 anni. Nel 2019, oltre la metà (56%) degli stranieri residenti in Veneto proviene dall’Europa. I cittadini originari dell’Africa e quelli originari dell’Asia incidono nella stessa misura (20,1%). I cittadini rumeni sono il 25,6% del totale degli stranieri residenti e costituiscono la comunità straniera più numerosa, seguiti da marocchini (9,2%) e cinesi (7,2%). Il rapporto di genere nella popolazione straniera è eterogeneo rispetto alle varie provenienze. L’incidenza della popolazione femminile prevale tra coloro che provengono dai Paesi non UE dell’Europa orientale (57,8%) e tra i latinoamericani (65,1%). Il 36,8% della popolazione con 9 anni e più ha un diploma di scuola secondaria di secondo grado o di qualifica professionale, il 16,9% la licenza elementare e il 29,2% la licenza media. Le persone con un titolo terziario e superiore sono il 13,3%.

Rispetto al 2011 il grado di istruzione è migliorato. Si è ridotta la presenza di analfabeti (dallo 0,5% allo 0,3%) e di alfabeti privi di titolo di studio (dal 4% al 3,4%). Le persone con un titolo universitario e superiore sono aumentate dal 10,6% al 13,3%.

Tra la popolazione residente di 15 anni e più le forze di lavoro sono 2,4 milioni, 83 mila in più rispetto al 2011 (+3,7%). L’incremento è dovuto in particolare alla crescita delle persone in cerca di occupazione (+20,6%), soprattutto fra le donne (+22,9%). Crescono anche gli occupati: nel 2019 sono 52 mila in più rispetto al 2011 (+2,5%).
Il tasso di attività è pari al 55,7%, tre punti percentuali sopra il corrispondente valore dell’Italia, ed anche l’occupazione è più alta, dal momento che gli occupati rappresentano il 51,4% della popolazione di 15 anni e più, contro il 45,6% della media nazionale. Sensibilmente inferiore è pure il tasso di disoccupazione (7,6% in Veneto e 13,1% in Italia).

Il mercato del lavoro presenta un forte squilibro di genere. Il tasso di occupazione maschile è pari al 60,3%, oltre diciassette punti in più di quello femminile (43,1%); il tasso di disoccupazione è pari al 5,9% per gli uomini e 9,8% per le donne.

Al 31 dicembre 2018, data di riferimento della prima edizione del Censimento permanente della popolazione, la popolazione censita in Veneto ammonta a 4.884.590 unità; un anno dopo il Censimento ha rilevato 4.879.133 residenti. Al netto degli aggiustamenti statistici derivanti dalla nuova metodologia di calcolo, i dati censuari registrano per la popolazione nazionale come per quella veneta la perdita di capacità di crescita per effetto della riduzione della natalità.

Tra il 1951 e il 2011 i residenti in Veneto sono aumentati di oltre 939 mila persone, con un tasso di incremento medio annuo (+3,6‰), in linea con quello nazionale (3,7‰). Negli ultimi otto anni, invece, la popolazione veneta è cresciuta dello 0,6‰ l’anno, quella italiana dello 0,4%.

La distribuzione territoriale della popolazione evidenzia un significativo squilibrio tra l’area centrale della regione, in cui si rilevano i più elevati valori di densità della popolazione, e le due province che delimitano il territorio regionale a nord (Belluno) e a sud (Rovigo), colpite da un calo demografico pressoché continuo. Le cinque province che coprono l’area centrale del Veneto (Verona, Vicenza, Padova, Treviso e Venezia) hanno una popolazione compresa fra gli 849 mila abitanti di Venezia e i 934 mila di Padova, con una densità media di 350 abitanti per Km2 (la media regionale è di 266 abitanti per Km2). I residenti nelle province di Belluno e Rovigo, che insieme coprono il 29,6% del territorio regionale, sono 433 mila e rappresentano appena l’8,9% della popolazione veneta.

Tra il 1951 e il 2019, la popolazione aumenta in tutte le province venete, ad eccezione di Rovigo e Belluno. L’incremento maggiore si registra in provincia di Verona (+279 mila residenti, incremento medio annuo del 5,3 per mille), che è anche l’unica provincia veneta a presentare una crescita sistematica di popolazione. Il bellunese e il rodigino, invece, sono interessati da un processo di spopolamento quasi continuo. Nel 2019 la provincia di Belluno conta 35 mila residenti in meno rispetto al 1951 (tasso medio annuo -2,4 per mille) e 7 mila in meno rispetto al 2011 (tasso medio annuo -4,5 per mille); in quella di Rovigo il saldo negativo è di 126 mila residenti rispetto al 1951 (tasso medio annuo -6,4 per mille) e di 11 mila rispetto al 2011 (tasso medio annuo -5,6 per mille).

Tra il 1951 e il 2019, in 66 comuni si registra una crescita sistematica di popolazione, che porta a raddoppiare (da 458 mila a 963 mila) il numero dei residenti. Tale crescita interessa prevalentemente i comuni con popolazione compresa fra 10 e 50 mila abitanti (48 comuni su 130), ma anche 13 comuni tra 5 e 10 mila abitanti e 5 comuni con un numero di residenti tra mille e 5 mila.

Sono invece 63 i comuni che ad ogni censimento hanno sempre registrato un calo di popolazione. Si tratta di comuni di piccole e piccolissime dimensioni (solo 2 hanno più di 20 mila abitanti, tutti gli altri non superano i 5 mila), distribuiti per la gran parte fra le province di Belluno (24 comuni) e Rovigo (20). Nel complesso, nei comuni in cui la popolazione diminuisce sistematicamente si contano, nel 2019, 120 mila residenti; nel 1951 erano più del doppio (257 mila).

La struttura per genere della popolazione residente si caratterizza per una maggiore presenza della componente femminile. Nel 2019 le donne sono 2,5 milioni – il 51% del totale – e superano gli uomini di 99 mila unità. Il maggior peso, dovuto al progressivo invecchiamento della popolazione e alla maggiore sopravvivenza delle donne sino alle età senili, fa sì che in Veneto ci siano 96 uomini ogni 100 donne, contro i 95 della media nazionale. La struttura di genere nel Veneto nel 2019 registra tuttavia un maggiore equilibrio rispetto al 2011, quando il rapporto di mascolinità era al 94,9%.

Le differenze territoriali sono significative: il rapporto di mascolinità più basso è nella provincia di Venezia (94,5%), il più alto nella provincia di Vicenza (97,4%).
Nel 2019, in 177 comuni (il 31,4% dei comuni veneti) il rapporto di mascolinità è sbilanciato a favore della componente maschile; Il primato regionale spetta al comune di Ferrara di Monte Baldo in provincia di Verona (120,4%) e Crespadoro in provincia di Vicenza (128,5%). All’estremo opposto si collocano i comuni di Brenzone sul Garda in provincia di Verona (86,8%) e Cortina d’Ampezzo in quella di Belluno (87%). In tre comuni si registra parità tra i generi: Palù in provincia di Vicenza, Ospitale di Cadore in provincia di Belluno e Giavera del Montello in provincia di Treviso.

La popolazione veneta presenta una struttura per età analoga a quella italiana, come si evidenzia dalle relative piramidi delle età. Nel 2019 l’età media in Veneto è di 45,4 anni contro i 45,2 dell’Italia. Il 45,5% dei veneti ha meno di 45 anni (il 46,5% a livello nazionale), il 23,3% ha più di 64 anni (il 23,2% in media Italia).
Il confronto dei dati del 2019 con quelli del Censimento 2011 evidenzia il progressivo invecchiamento della popolazione veneta, analogamente a quanto accade alla popolazione italiana. I bambini con meno di 10 anni diminuiscono di oltre 64 mila unità (-13,9%, a fronte del -11,5% dell’Italia). Crescono, invece, del 4,1% sia la popolazione tra i 10 ed i 19 anni sia quella di età compresa fra 20-24 anni; a livello nazionale la classe 10-19 anni cresce dello 0,7%, la classe 20-24 registra un calo del -3,2%. L’aumento più rilevante si registra nella fascia d’età 50-59 anni, che in otto anni passa da 650 mila a 800 mila unità (+23,1%, +19,6% a livello nazionale). Crescono anche peso e consistenza delle classi più anziane: sono 1,1 milioni i residenti con più di 64 anni (+13,6% in Veneto e +11,9% in Italia) e i grandi anziani (con 85 anni e più) passano da 140 mila a 177 mila unità (+26,3% per il Veneto, +29,4% per l’Italia).

Le variazioni nella composizione per età si riflettono sui principali indicatori di struttura demografica. L’età media sale da 43,3 anni nel 2011 a 45,4 nel 2019 (in Italia passa da 43,3 a 45,2 anni); l’indice di vecchiaia (% popolazione in età 65 e più / popolazione in età 0-14) passa da 144,5 a 179,2; l’indice di dipendenza degli anziani (% popolazione in età 65 e più/ popolazione in età 15-64) passa da 31,6 a 36,5. Cresce sensibilmente il rapporto tra la componente più anziana e quella più giovane della popolazione in età lavorativa (indice di struttura della popolazione attiva): mentre nel 2011 ci sono 127 residenti nella classe di età 40-64 ogni 100 residenti con età compresa fra 15 e 39 anni, nel 2019 se ne contano.

Le province di Verona, Vicenza e Treviso presentano la struttura demografica più giovane, con valori degli indicatori pressoché identici (età media sotto i 45 anni, indice di vecchiaia tra 163,1 e 166,3, indice di dipendenza anziani non superiore a 35, indice di struttura della popolazione attiva tra 140 e 146). All’opposto la struttura più anziana si registra a Belluno e Rovigo, con un’età media attorno ai 48 anni e un indice di vecchiaia rispettivamente di 236,0 e 243,8.

Al Censimento del 2019 in Veneto risiedono 485.972 stranieri. Rispetto al 2011 si registra una crescita di 28.671 unità (+0,8% medio annuo). Tale incremento ha compensato la riduzione della componente italiana (-5.442 unità) determinando nel complesso una crescita della popolazione (+23.229 unità).

La dinamica per genere della popolazione straniera vede aumentare leggermente la componente femminile (il tasso di crescita medio annuo è pari a +0,9% per le donne e a +0,7% per gli uomini), che nel 2019 rappresenta il 52,2% della popolazione straniera, contro il 51,8% del 2011.

La distribuzione territoriale degli stranieri ricalca, a grandi linee, quella della popolazione in complesso. Su 100 stranieri solo 6 risiedono in provincia di Belluno o di Rovigo, gli altri 94 si distribuiscono tra le province di Verona (22), Padova e Treviso (ciascuna con 19 stranieri), Venezia (18) e Vicenza (16).
Rispetto al 2011, la presenza straniera cresce in provincia di Venezia (+3,1% in media annua) e, in maniera più contenuta, nelle province di Padova, Rovigo e Verona; diminuisce, invece, nelle province di Treviso?(-0,5%), Belluno (-0,4%) e Vicenza (-1,4).

Tra il 2011 e il 2019 più della metà dei comuni veneti (318 su 563) registra una riduzione della popolazione straniera; il loro peso complessivo sul totale della popolazione straniera si riduce dal 13,6% al 10,1%.

La piramide delle età dei residenti stranieri mostra nel 2019 una struttura molto simile a quella della popolazione straniera complessiva italiana; si differenzia solo per una base (età da 0 a 9 anni) leggermente più ampia e per una maggiore incidenza della componente femminile più giovane (fino ai 39 anni). Rispetto al 2011, le modifiche della struttura per età della popolazione straniera sono in linea con quelle nazionali, ad eccezione della fascia 0-9 anni, il cui peso si riduce di 3,1 punti percentuali in Veneto e di 2,3 in Italia.

La struttura demografica della popolazione di cittadinanza straniera appare notevolmente diversa rispetto a quella italiana. L’età media è di quasi 13 anni più bassa rispetto a quella degli italiani (33,9 anni contro 46,7). A livello nazionale la differenza è di circa 12 anni, per effetto di un’età media leggermente più bassa per gli italiani (46,2 anni) e un po’ più alta per gli stranieri (34,7 anni).

Di conseguenza, gli indicatori strutturali per la componente italiana e per quella straniera sono piuttosto differenziati, sia a livello nazionale che a livello regionale. In Veneto l’indice di vecchiaia, ovvero il numero di ultrasessantaquattrenni ogni 100 bambini e ragazzi (under 15), è pari a 206,3 per gli italiani e a 22,6 per gli stranieri; a livello nazionale l’indicatore è pari a 199,1 per gli italiani e 27,6 per gli stranieri. L’indice di dipendenza, ovvero il rapporto tra la popolazione convenzionalmente non attiva (under 15 e over 64) e quella attiva (15-64), in Veneto è pari a 30,9 per gli stranieri e a 60,4 per gli italiani; in Italia, rispettivamente, a 29,1 e 59,9.

Per quanto riguarda il genere, le differenze tra italiani e stranieri sono meno marcate. Sul territorio veneto il rapporto di mascolinità è pari a 91,7% per gli stranieri e 96,5% per gli italiani. A livello nazionale, invece, il rapporto è più alto per gli stranieri (93,2%) e più basso per gli italiani (95,1%).

Scendendo nel dettaglio provinciale, si riscontra una situazione pressoché analoga al dato regionale, con qualche particolarità. In provincia di Belluno l’età media della componente straniera più elevata della regione (36,6 anni) si associa a un’età media degli italiani tra le più alte (48,3 anni); inoltre, l’indice di vecchiaia dei cittadini stranieri è più che doppio rispetto alle altre province (45,1). Verona, al contrario, presenta la componente straniera mediamente più giovane con una età media di 33,4 anni e anche la componente italiana è tra le più giovani della regione (46,1 anni).

Nel 2019 oltre la metà degli stranieri residenti in Veneto (56%) proviene dall’Europa. I cittadini dei paesi africani e quelli dei paesi asiatici rappresentano entrambi il 20,1% degli stranieri residenti nella regione; quelli provenienti dal continente americano il 3,7%. Del tutto residuale il numero di stranieri arrivati dall’Oceania e delle persone senza cittadinanza (apolidi).
Il 30,7% degli stranieri sono cittadini dell’Unione europea mentre proviene dall’Europa centro-orientale il 25,2%. Con riferimento all’Africa, l’area settentrionale è quella maggiormente rappresentata (10,9% del totale stranieri), seguita da quella occidentale (8,5%). I cittadini asiatici provengono in prevalenza dalle aree centro-meridionali e orientali del continente, con percentuali rispettivamente pari a 10,8 e 8,8. Infine, il 3,5% di tutti gli stranieri residenti in Veneto è originario di un paese dell’America centro-meridionale.
Il rapporto di genere nella popolazione straniera è eterogeneo rispetto alle varie provenienze. L’incidenza della popolazione femminile prevale tra gli europei (57,1%) e tra gli americani (64,2%). È minoritaria tra gli africani (42,1%), soprattutto tra i cittadini dell’area occidentale del continente (35,8%), mentre l’Africa orientale si differenzia dal resto del continente per una presenza di donne superiore alla media (55,1%). Gli asiatici registrano una quota di popolazione femminile pari al 46,1%, con valori inferiori alla media continentale per le comunità dell’Asia centro-meridionale (41,1%) e superiori per quelle dell’Asia orientale (52,1%).
Rispetto alla media nazionale, nel 2019 in Veneto è maggiore la quota dei cittadini europei (56% in Veneto, 49,6% in Italia) ed è inferiore quella dei cittadini americani (3,7% in Veneto, 7,3% in Italia). L’incidenza dei vari continenti risulta abbastanza diversa a seconda della provincia di riferimento. Venezia registra la minore quota di africani (13,2%) e la più elevata incidenza di asiatici (24,5%); a Rovigo la quota di africani sale al 30,9%; Belluno e Padova, infine, presentano le quote più elevate di europei.

PROSPETTO 8. POPOLAZIONE STRANIERA RESIDENTE PER AREA GEOGRAFICA DI CITTADINANZA E GENERE. Anni 2018 e 2019 (valori assoluti e percentuali)

In Veneto, le prime dieci nazionalità estere in ordine di numerosità aggregano il 70,9% degli stranieri residenti. In Italia, le stesse cittadinanze rappresentano il 62,1% degli stranieri residenti. I cittadini rumeni costituiscono la comunità più numerosa; sono il 25,6% degli stranieri residenti in regione a fronte del 22,7% a livello nazionale. Seguono i cittadini del Marocco, che rappresentano il 9,2% del totale (l’8,2% in Italia) e, con percentuali inferiori, le comunità di Cina (7,2% rispetto al 5,7% in Italia), Albania (6,7% e 8,4% in Italia) e Moldova (6,4% e 2,4% in Italia).

Al 31 dicembre 2019, tra i 4.525.802 veneti di 9 anni e più, il 36,8% ha un diploma di scuola secondaria di secondo grado o di qualifica professionale, il 16,9% la licenza elementare e il 29,2% la licenza di scuola media. Le persone con un titolo terziario e superiore sono il 13,3%: il 4% ha conseguito un titolo di primo livello e l’8,9% uno di secondo. I dottori di ricerca residenti in Veneto sono 17.170, pari allo 0,4%. Le persone analfabete rappresentano lo 0,3% della popolazione di 9 anni e più mentre gli alfabeti privi di titolo di studio sono il 3,4%.

Tra il 2011 e il 2019 il livello dell’istruzione regionale è nettamente migliorato, in linea con quanto si registra a livello nazionale.
La quota di analfabeti scende allo 0,3% (0,5% nel 2011), mentre gli alfabeti privi di titolo di studio passano dal 4,0% al 3,4%. Diminuiscono le quote di persone con la sola licenza elementare (dal 22,3% al 16,9%) o con la licenza media (dal 31,1% al 29,2%). Cresce, invece, l’incidenza dei titoli di studio più alti e non obbligatori.
Infatti, i residenti veneti con un titolo universitario e superiore sono passati dal 10,6% del 2011 al 13,3% del 2019. I possessori di un titolo terziario di primo livello salgono dal 2,5% al 4,0%, i dottori di ricerca dallo 0,2% allo 0,4%; la percentuale di persone con il titolo di studio più elevato supera così la percentuale di analfabeti. Si tratta di variazioni rilevanti anche in termini assoluti sia per i laureati di primo livello (da 112.136 a 181.529 unità, +61,8%) sia per quelli di secondo livello (da 345.578 a 403.182 unità, +16,6%).

Al 31 dicembre 2019, le forze di lavoro in Veneto sono 2,4 milioni, 83 mila più rispetto al 2011 (+3,7%). L’incremento delle persone attive sul mercato del lavoro è dovuto in larga parte alla maggiore presenza femminile. Le occupate crescono di 37 mila unità (+4,1%), quelle in cerca di occupazione di 19 mila unità (+22,9%); più contenuto l’apporto della componente maschile (+16 mila occupati e +12 mila in cerca di occupazione, +1,3% e +17,8%, rispettivamente). Le persone non attive sul mercato del lavoro sono ?1,9 milioni, di cui il 61% donne. Tra le non forze di lavoro si contano 963 mila percettori di pensioni da lavoro o di rendite da capitali (-6,3% rispetto al 2011), 399 mila persone dedite alla cura della casa (-5,5%), 317 mila studenti (+14%) e 202 mila persone in altra condizione (+30,8%).

In Veneto gli indicatori del mercato del lavoro sono migliori rispetto alla media nazionale, sia per le donne che per gli uomini. Il tasso di attività è pari al 55,7%, +3,2 punti percentuali il corrispondente valore dell’Italia; gli occupati rappresentano il 51,4% della popolazione di 15 anni e più contro il 45,6% della media nazionale. Sensibilmente più basso, invece, il tasso di disoccupazione (7,6%, in Veneto e 13,1% in Italia).
La maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro attenua solo in minima parte un persistente squilibrio di genere. Nel 2019, il gap di genere del tasso di attività (47,8% per le donne e 64,0% per gli uomini) è di 16 punti percentuali, la distanza tra il tasso di occupazione delle donne (43,1%) e quello degli uomini (60,3%) di 17 punti, il tasso di disoccupazione delle donne (9,8%) supera di 3,9 punti il corrispondente valore dei maschi (5,9%). A livello nazionale, il gap di genere è di 17 punti sia per il tasso di attività che per quello di occupazione e si ferma a quattro punti per il tasso di disoccupazione.

Le province di Padova, Treviso, Verona e Vicenza mostrano valori del tasso di occupazione superiori alla media regionale. Verona e Vicenza sono le province con la percentuale di occupazione maschile più elevata (61,2%); il più elevato taso di occupazione femminile si registra a Belluno (44,3%) che, registrando allo stesso tempo il più basso tasso di occupazione maschile (57,0%, 3,3 punti percentuali meno della media regionale), è la provincia con i gap di genere più contenuto. Le province con il tasso di disoccupazione più elevato sono Rovigo (8,9%) e Venezia (8,1%), Belluno quella con il tasso più basso, sia in complesso (6,3%) che per genere (5,1% per gli uomini e 7,6% per le donne).

Rispetto all’ampiezza demografica, le maggiori quote di occupati (52,7%) si rilevano nei comuni con popolazione compresa tra 1.000 e 20 mila abitanti. Nei comuni più grandi, il tasso di occupazione risulta inferiore alla media regionale e il tasso di disoccupazione supera la media regionale di 0,3 punti percentuali nella classe da 20 mila a 50 mila abitanti e di 1,4 punti nei comuni con oltre 50 mila abitanti.

Il comune con il più elevato tasso di occupazione è Velo Veronese (63,3%), in provincia di Verona, che è anche quello con il tasso di disoccupazione più basso (2,1%). Da notare che i primi dieci comuni con il tasso di occupazione più elevato non superano i 5 mila abitanti e sette sono ubicati nella zona dell’Agordino, a nord di Belluno. In tutti i capoluoghi di provincia, con la sola eccezione di Belluno, si registrano tassi di occupazione inferiori alla media regionale e, al contrario, livelli di disoccupazione più elevati.

Caratteristiche della popolazione secondo la classificazione dei comuni della Strategia nazionale delle aree interne. Nell’ambito della Strategia Nazionale per le Aree Interne, che costituisce una delle linee strategiche di intervento dei Fondi strutturali europei del ciclo di programmazione 2014-2020, è stata introdotta una zonizzazione del territorio nazionale basata su una “lettura policentrica del territorio Italiano, cioè un territorio caratterizzato da una rete di comuni o aggregazioni di comuni (centri di offerta di servizi) attorno ai quali gravitano aree caratterizzate da diversi livelli di perifericità spaziale”.

La mappatura ha riguardato tutti i comuni italiani e si è sviluppata in due fasi:
individuazione dei Poli, rappresentati da singoli comuni (Polo) o da aggregati di comuni confinanti (Polo intercomunale) capaci di offrire, simultaneamente, tutta l’offerta scolastica secondaria, ospedali sedi di DEA di primo livello e stazioni ferroviarie Platinum, Gold o Silver; aggregazione dei restanti comuni in base alle distanze dai Poli misurate in tempi di percorrenza corrispondenti mediamente a meno di 20 minuti per le aree peri-urbane (Cintura), tra i 20 e i 40 minuti per le Aree intermedie, tra i 40 e i 75 minuti per le Aree periferiche e oltre i 75 per quelle Ultra-periferiche.

I comuni veneti che svolgono la funzione di Poli dell’offerta di servizi essenziali sono 27, presenti in tutte e sette le province: cinque a Padova, quattro a Verona, tre a Treviso, due a Belluno, Rovigo, Venezia e Vicenza. Risiede nei comuni Polo il 29,7% della popolazione veneta, mentre il 52% risiede nei 352 comuni classificati come Cintura. In complesso, quindi, più di 8 veneti su 10 vivono in comuni classificati come Centri e possono, almeno in teoria, raggiungere i tre servizi essenziali in meno di 20 minuti. Rispetto al Censimento del 2011, i residenti dei Centri aumentano di 34 mila e 500 unità (tasso medio annuo +1,1‰).
Sono invece 184 i comuni ubicati a più di 20 minuti di percorrenza dai comuni Polo; vi risiedono 893 mila abitanti, 11 mila in meno di quelli censiti nel 2011, con una variazione media annua pari a -1,6 per mille, che diviene -12,8% nei comuni Ultraperiferici.

Rispetto al 2011, il numero di stranieri residenti nella regione cresce del 6,3%; l’aumento, però, non riguarda tutte le classi. Si passa, infatti da incrementi medi annui di 25 unità ogni mille residenti nei comuni Polo a un decremento di 38 unità ogni mille nei comuni Ultraperiferici. Queste dinamiche hanno portato a un aumento dell’incidenza della popolazione straniera nei comuni Polo (dal 10,8% del 2011 al 13,0% del 2019), Polo intercomunale (9,0% nel 2011 e 12,1% nel 2019) e nei comuni Periferici (dal 5,7% al 6,7%).

Gli indicatori socio-demografici evidenziano significative differenze fra Centri e Aree interne: l’età media di chi vive nei Centri (45,4) e nelle Aree periferiche (45,6) è simile e in linea con l’età media regionale (45,4), mentre nelle Cinture si osserva mediamente una popolazione più giovane: l’età media è 44,6, cioè tre anni e mezzo in meno delle zone Ultraperiferiche, in cui l’età media è la più alta in regione (47,9). L’indice di vecchiaia è pari a 178 nei Centri e a 183 nelle Aree interne; l’indice di struttura della popolazione attiva dei comuni delle Aree interne (151) è maggiore di quello dei Centri (148,9). La popolazione delle Aree interne, quindi, tende a essere meno giovane e attiva di quella dei Centri;
sia nei Centri che nelle Aree interne, la percentuale di residenti di 9 anni e più che hanno conseguito almeno il diploma di scuola secondaria di secondo grado è in linea con la media regionale (36,8% in Veneto, 36,9% nei Centri, 36,4% nelle Aree interne); nelle Aree interne la quota di residenti in possesso di un titolo di studio terziario è inferiore rispetto ai Centri (10,3% contro 14%); le Aree interne presentano un tasso di occupazione (50,9%) inferiore rispetto ai Centri (51,5%) e, anche per effetto di una minore partecipazione al mercato del lavoro, un tasso di disoccupazione di poco inferiore (7,3% contro 7,7%).