CBD: cosa dice la normativa italiana sul cannabidiolo

Il CBD, o cannabidiolo, è una delle sostanze presenti nella cannabis, vediamo in che modo l’Italia ha legiferato in materia, e cosa è permesso dalla normativa vigente

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CBD o cannabidiolo, una delle sostanze presenti nella Cannabis
CBD o cannabidiolo, una delle sostanze presenti nella Cannabis

Negli ultimi anni si è acceso il dibattito italiano ed europeo in materia di cannabis e, nello specifico, quello relativo al CBD, abbreviazione che indica il cannabidiolo.

Il cannabidiolo è una delle tantissime sostanze che sono contenute nella pianta della cannabis ma, a differenza di alcune molte più conosciute e discusse come il THC, il CBD non è considerato una sostanza psicotropa, dunque di fatto non è una droga, non causa dipendenza e non ci sono evidenze scientifiche che sia dannoso per la salute.

Proprio per questo motivo in Italia è stato stata fatta una legge che ne regolamenta la coltivazione, la commercializzazione e la vendita, anche se ha evidenti lacune sulle possibilità di utilizzo, come vedremo nel dettaglio più avanti.

Di fatto però, comprare prodotti certificati come CBD è totalmente legale, si possono trovare infatti prodotti al CBD su Justbob, ad esempio, uno dei siti più conosciuti in questo settore.

Proprio per il fatto che il cannabidiolo, a differenza del THC, non sia una sostanza psicotropa sono sempre maggiori le prese di posizione su questo prodotto anche da parte di organismi mondiali.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), ad esempio, il 2 dicembre dello scorso anno ha riconosciuto ufficialmente come la cannabis abbia proprietà terapeutiche e mediche, aprendo la strada ai vari paesi sul suo utilizzo in diversi campi, come riportato da diverse fonti giornalistiche.

L’ONU, in realtà, ha fatto di più, eliminando questa sostanza dalla tabella relativa alle sostanze stupefacenti che non hanno nessuna proprietà curativa.

Sull’onda di queste indicazioni, fa storia la decisione della Commissione Europea, lo scorso anno, di classificare il CBD come alimento.

E in Italia come stanno le cose, come è considerato il CBD, ci sono leggi al riguardo? Certamente sì, seppur lascino spazio a interpretazioni e non risolvano tutti i dubbi che gravitano intorno alla legalità nell’utilizzo di cannabidiolo, ecco un’analisi.

 

Cannabidiolo in Italia: la normativa

 

In Italia la legge di riferimento in materia di CBD, o cannabidiolo, è la numero 242 risalente al 2016 e in vigore dal 2017.

Questa normativa, di fatto, ne regolamenta la coltivazione, la successiva lavorazione e la vendita. In tutte le città italiane, oltre che online, si è assistito alla comparsa di negozi dedicati a quella che viene chiamata la “la marjuana legale”, che sono nati appunto a seguito di questa legge.

Tuttavia, questa definizione è fuorviante, soprattutto per i più convinti proibizionisti, perché richiama alla legalizzazione di una sostanza drogante, mentre non è affatto così, ecco perché.

Di tutte le sostanze che compongono la cannabis le due più conosciute sono senz’altro il CBD e il THC, la loro differenza è però sostanziale. Mentre il primo, quello appunto a cui si riferisce la legge, non è considerato una sostanza psicotropa e dunque dannosa o drogante, il THC è il principio attivo psicotropo e, di fatto, illegale.

Dunque, quello che viene venduto, e che può essere commercializzato in questi negozi è CBD, vediamo nello specifico cosa indica la normativa italiana.

Secondo la legge, è possibile coltivare e commercializzare cannabis o suoi derivati se contengono meno dello 0,2% di concentrazione di THC, mentre non sono evidenziati limiti in merito alle percentuali di CBD.

La coltivazione, inoltre, è consentita per scopi specifici, tra i principali ci sono la bioingegneria, la cosmesi, l’alimentazione o il florovivaismo.

Tuttavia, ogni prodotto di questo genere può essere sottoposto a verifica in merito alla sua provenienza, anche le sementi, ad esempio, non sono tutti consentiti, dovranno essere quelli certificati e inseriti in un apposito elenco stilato dall’Unione Europea.

Per questo motivo, e per rispettare la legge, è molto importante che i soggetti in possesso di questa tipologia di prodotti mantengano le relative certificazioni e che i prodotti riportino con chiarezza le loro caratteristiche e la loro provenienza.

Dunque, la sostanza CBD in Italia è legale e in Europa addirittura non rientra nella classificazione di sostanza stupefacente, quindi ne sono consentiti tutti gli utilizzi? Qui la legge italiana evidenzia un’enorme lacuna, ecco perché.

 

CBD utilizzo: cosa dice la legge

 

Come descritto in precedenza, il CBD è una sostanza totalmente legale nel nostro paese, e la legge ne permette sia la coltivazione che la vendita, tuttavia non è assolutamente chiaro come questo possa essere consumato, ad esempio non si può né asserire né escludere se possa essere fumato o inalato.

Dunque, nel testo legislativo del 2016 si esprime con chiarezza la possibilità di coltivazione, in determinati casi, e vendita del cannabidiolo, ma assolutamente non si esprime sul suo utilizzo.

Questa lacuna, chiaramente, lascia libera interpretazione, perché è una sostanza legale ma si potrebbe incorrere in rischi relativi alla sua modalità di utilizzo, qualora si fosse sottoposti a un controllo.

Un privato cittadino, dunque, per non essere sanzionato, qualora fosse in possesso di tale sostanza dovrebbe per cautela avere sempre a disposizione le relative certificazioni, oltre che le fatture di acquisto.

Pertanto, non resta che aspettare che questa legge venga modificata, indicando con chiarezza in che modo il CBD possa essere consumato, nel frattempo l’unica certezza è che i prodotti certificati come CBD sono assolutamente legali e che secondo diversi studi questa sostanza può apportare diversi benefici per la salute e per il benessere in generale.