Brexit con accordo, Filiera Italia “Salvi 25 miliardi di export italiano con agroalimentare al centro ma Uk non diventi porta per prodotti tarocchi”

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“Alla fine ha prevalso il buon senso e sono stati superati gli ultimi ostacoli relativi a pesca e di aiuti di Stato che non avrebbero certo giustificato un “no deal” dagli effetti disastrosi per entrambe le parti” così Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia commenta l’accordo sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. “C’è grande soddisfazione – dicono dalla fondazione –  per non aver perso un mercato che vale circa 25 miliardi di euro di esportazioni italiane di cui 3,4 miliardi solo di export alimentare”. L’Inghilterra, infatti, rappresenta per le esportazioni alimentari del nostro paese il quarto mercato di sbocco.

“Aver evitato dazi medi del 3% che per alcuni prodotti alimentari potevano raggiungere anche il 30% – prosegue Scordamaglia – è una vittoria per entrambe le parti”. Bene quindi per i cittadini inglesi che non correranno ora il rischio di rimanere senza prodotti alimentari sui loro scaffali o di peggiorare, come scriveva pochi giorni fa il Telegraph, la loro dieta e conseguentemente la loro salute. E bene anche per i produttori italiani di vini e prosecco – mercato che vale per l’Italia 700 milioni di euro all’anno – di ortofrutta trasformata, di pasta, salumi e formaggi le cui esportazioni potranno riprendere a crescere come è avvenuto negli ultimi 10 anni con un incremento del +48%.

“Adesso vanno definiti i dettagli conseguenti anche all’applicazione del level playing field” dice il consigliere delegato riferendosi al rispetto della normativa comunitaria da parte del Regno Unito che così potrà continuare ad esportare anche i suoi prodotti nel mercato Ue, già autorizzati la stragrande maggioranza di impianti inglesi e viceversa. A questo proposito Filiera Italia lancia un alert sottolineando che servirà particolare attenzione nel caso in cui il Regno Unito decidesse di chiudere accordi bilaterali con paesi come gli Stati Uniti “Dobbiamo essere certi che quel paese non diventi un punto di ingresso per prodotti di Italian Sounding e non a norma europea – conclude Scordamaglia – principio che l’accordo di partenariato vieterebbe ma come spesso accade il diavolo si nasconde nei dettagli”.