Bisogna finanziare le imprese… e la sicurezza sul lavoro?

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Mentre si parla e si legge di “aiuti alle imprese”, di “detassare il detassabile” (per le imprese), di gabbie salariali (per i lavoratori), di costi insopportabili (sempre per le imprese), di necessità di finanziamenti pubblici e prestiti garantiti dallo Stato (garanzia che ricade, in definitiva, sulle spalle dei contribuenti, dei lavoratori, dei pensionati … ) ai privati, della necessità di un lavoro sempre più precario … nei luoghi di lavoro si continua a morire.

Del diritto costituzionale di lavorare meglio, tutti e in sicurezza si sente poco o niente.


Queste sono solo alcune delle notizie degli ultimi giorni:

Pisa, tragedia sul lavoro: un operaio è morto incastrato in una macchina (venerdì 17 luglio 2020) (aveva 48 anni)

Incidente mortale sul lavoro giovedì pomeriggio al cantiere dell’Ospedale di Cremona: un lavoratore sessantenne di Fara Olivana con Sola ha perso la vita schiacciato da lastre di calcestruzzo. 

BARI – Un operaio di 23 anni è morto travolto dal carico in legno di un muletto all’interno di una azienda nella zona artigianale di Bitonto (Bari), un capannone dove erano depositati colli di materiale legnoso.

Un giovane operaio di 25 anni è morto il 15 luglio dopo essere rimasto schiacciato da una pressa in un prosciuttificio a San Daniele del Friuli, in provincia di Udine.

Da inizio anno sono 293 i morti per infortunio nei luoghi di lavoro (606 se si considerano anche i decessi in itinere) e sono 361 i lavoratori morti da coronavirus (fonte Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro) … così, tanto per non dimenticare che questo continua succedere nel nostro paese.


Ma si è
mai sentito qualcuno del governo (nazionale, regionale o locale) preoccuparsi seriamente di questa continua strage? Sì, ma solo se serve ad apparire. Quando si esprime solidarietà alle famiglie delle vittime, si afferma “con forza” (e con la velocità di un istante) che “bisogna fare qualcosa”, che “quanto accade non è più tollerabile”. Si promettono azioni e nuovi investimenti, più severità e controlli.

Poi tutto ricade nel silenzio, chi è apparso e ha promesso qualcosa si è lavato la coscienza e potrà dormire sonni tranquilli.


In definitiva, per chi comanda, cos’è mai la sicurezza sul lavoro? Poco o niente. Non porta ricavi né voti. E, poi, quanto può valere la vita e la salute di chi lavora per vivere se la sicurezza viene, normalmente, considerata un costo?

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Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.