Arringa processo BPVi, avv. di parte civile privata Pier Marco Lucibello: cadde a Norimberga l’argomento dell’ordine del Führer, cada anche qui

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Dopo Luigi Ravagnan (nel video il suo affondo contro Gianni Zonin), il terzo avvocato, a pronunciare la sua arringa poco dopo il primo Michele Vettore (qui il video delle sue lucide argomentazioni) e subito prima di Renato Bertelle (clicca qui anche per il suo momento di emozione) e Paolo Ciccotto (qui la sua “petizione” popolare), a pronunciare la sua arringa nell’udienza del 17 dicembre 2020 riservata alla parti civili private è stato l’avv. Pier Marco Lucibello che rappresenta la CAP (Consorzio Autotrasporti Pratese), una società a partecipazione pubblica, che si occupa del trasporto pubblico locale nella provincia di Prato e anche in altre province toscane.

La società, ricorda l’avv. Lucibello al collegio giudicante (De Stefano, Garbo ed Amedoro), che deciderà sulle pene proposte dall’accusa rappresentata dai pm Salvadori e Pipeschi (per Gianni Zonin 10 anni di reclusione dei 51 complessivi chiesti per gli imputati) chiese e ottenne un mutuo di 2 milioni di euro per una classica “baciata” il giorno dopo la richiesta di acquisto dello stesso controvalore di azioni della BPVi, di cui era diventata sua cliente dopo l’acquisizione da parte di Vicenza della Cassa di Risparmio di Prato.

Inutile dire che, azzeratosi il valore delle azioni, l’azienda consortile pratese si è ben guardata dal restituire il mutuo, per i cui interessi passivi ha, però, già perso 62.000 euro (ragion per cui richiede la fissazione di un danno generico salvo poi rivalersi maggiormente in altra sede) ma, nel sostenere le buone ragioni del cliente, Lucibello evoca, per distruggere le difese degli imputati, addirittura il processo di Norimberga.

Al processo di Norimberga – dice l’avvocato – i nostri colleghi, che difendevano doverosamente i gerarchi nazisti accusati di delitti contro l’umanità, sostenevano che avevano obbedito agli ordini: l’ordine del Führer, non si poteva discutere l’ordine del Führer. E uno dei meriti di quella sentenza fu di ribaltare l’argomento, dicendo: no, perché sono crimini di tale evidenza, anche sotto il profilo del diritto naturale, che non c’è ordine superiore che tenga per giustificare. Ecco, io credo proprio che in questo processo un argomento del genere, a maggior ragione, dovrebbe essere rigettato. Abbiamo sotto processo, oltre all’ex Presidente Zonin, i vertici manageriali di Banca Popolare di Vicenza, e abbiamo nel nostro ordinamento un articolo 51, commi 2 e 3, del Codice Penale, che nel caso di soggetti che obbediscono agli ordini, appunto, afferma che non ne rispondono soltanto se hanno ritenuto, per errore di fatto, di obbedire a un ordine legittimo. E l’errore di fatto, l’errore scusabile era ben possibile ai livelli inferiori, ai livelli dei funzionari periferici, a livello di impiegati; e infatti, correttamente la Procura di Vicenza, se inizialmente può averne iscritto qualcuno nel Registro degli indagati, poi ha chiesto, per quanto ne so, l’archiviazione, limitando correttamente l’incriminazione e l’esercizio dell’azione penale nei confronti di coloro che erano al vertice, e che quindi non possono sostenere seriamente di avere errato in buona fede sulla legittimità delle indicazioni che a loro venivano certamente dal Direttore Generale e quant’altri, o dallo stesso Presidente. Questo argomento deve essere respinto. I vertici anche manageriali, e non soltanto, tra virgolette, “politici” – “amministrativi”, di Banca Popolare di Vicenza, sono responsabili perché erano perfettamente consapevoli, essendo capitani di lungo corso in materia bancaria, per la posizione e per l’esperienza che avevano, che le operazioni in questione erano operazioni illecite perché appunto alteravano il capitale di vigilanza della Banca e perché alteravano il mercato…“.

Del video integrale della sua arringa, che vi proponiamo come stiamo facendo per tutti i legali di parte civile intervenuti “oralmente” (clicca qui), riportiamo anche, e al solito, la trascrizione integrale agli atti del processo (qui, nella sezione dei File Premium del nostro sito BankiLeaks.com sono peraltro disponibili tutti i verbali, ndr) che riportiamo di seguito.

PRESIDENTE DEL COLLEGIO – …. Avvocato Lucibello. Solo un attimo che controllo. Dovrebbe aver già depositato, vero?

PARTE CIVILE, AVV. LUCIBELLO – Ho già depositato una chiavetta con le conclusioni. PRESIDENTE – I numeri delle posizioni che rappresenta?
PARTE CIVILE, AVV. LUCIBELLO – Una sola Parte Civile: la numero 589.

Arringa della Parte Civile, Avv. Lucibello

PARTE CIVILE, AVV. LUCIBELLO – Quindi possiamo dare atto che ho depositato le conclusioni e la notula scritta. Premetto che la posizione della Parte Civile che difendo, la Società Cap, è stata, spero esaurientemente, già descritta attraverso la produzione dei documenti che erano acclusi alla costituzione di Parte Civile, e poi in due occasioni, nel corso del dibattimento, questa posizione è stata altresì illustrata con due brevi memorie difensive, depositate all’udienza del 25 settembre di quest’anno e del successivo 6 ottobre, anche a commento dell’esame dell’imputato Giustini, che è il soggetto con cui in particolare hanno avuto rapporti, ha avuto rapporti la Società Cap. Io faccio riferimento integrale a queste memorie e a questi documenti, e non mi ripeto, proprio per i tempi che il Tribunale ci ha indicato. Va capito, forse, com’è l’operazione che coinvolge la Società Cap nei rapporti con la Banca Popolare di Vicenza. Avevamo chiesto di assumere testimoni sul punto, e il Tribunale ha ritenuto sufficienti le prove documentali già acquisite. Peraltro, della Società Cap ha parlato il Pubblico Ministero, sia pure en passant, nel corso della sua requisitoria. Il 3 dicembre – vedo a foglio 11 della trascrizione – il Pubblico Ministero, “tra le significative controparti toscane” di BPVi, cita appunto la Società Cap, e il 4 dicembre ancora, a pagina 53 della trascrizione, fa riferimento alle importanti operazioni baciate realizzate dalla Banca nell’area di Prato. Rammento, in particolare, le operazioni con la Società Consiag, che è una società a partecipazione pubblica, che si occupa dell’acqua, del gas e delle fognature. Anche Cap è una società a partecipazione pubblica, che si occupa nella specie del trasporto pubblico locale nella provincia di Prato e anche in altre province toscane. Questo è un attimo il quadro. L’imputato Zonin, in quel memoriale di cui parlava adesso l’Avvocato Ravagnan, e anche nelle sue dichiarazioni spontanee, ha ricordato che Banca Popolare di Vicenza, nell’ambito di un’azione di sviluppo sull’intero territorio nazionale, aveva acquisito la Cassa di Risparmio di Prato, e così i migliori clienti di questa passati a Banca Popolare di Vicenza divengono appunto i bersagli delle operazioni baciate, e tra queste c’è appunto la Società Cap, che chiede e ottiene un mutuo di 2 milioni di euro per acquistare le azioni. Non sto a ricordare quello che è già scritto nelle memorie e nei documenti. Come scrivevo nell’ultima di queste memorie, è, come dire, questa può essere proprio il modello delle operazioni baciate perché nel giro di due giorni vi è l’accordo per l’acquisto di azioni, 2 milioni di azioni della Banca Popolare di Vicenza, e il giorno dopo (la lettera firmata da Giustini), il giorno dopo vi è la concessione di un finanziamento di 2 milioni finalizzato appunto all’acquisto di queste azioni. Quindi questa è una sorta di icona delle operazioni baciate. Ricordiamoci che Giustini, come ci ha lui stesso ripetuto durante il suo esame, ha ricoperto la funzione di Direttore Regionale di Banca Popolare di Vicenza in Toscana, appunto, ed è lui che firma la lettera con cui si concede a Cap, o meglio, la lettera con cui si dà atto di questa operazione di investimento; si promette il riacquisto delle azioni, si individua l’interesse appunto per dare redditività a Cap per l’investimento in azioni, e così via. La domanda è: questa operazione si iscrive nell’ambito delle condotte delittuose contestate agli Imputati e ha determinato il danno risarcibile per Cap? Sul primo aspetto basta riferirsi a quello che ha correttamente sostenuto il Pubblico Ministero sugli effetti di questa politica delle operazioni baciate: la turbativa del mercato, l’alterata formazione del patrimonio di vigilanza. La prassi delle operazioni baciate e le connesse comunicazioni al pubblico, false e decettive, per tutto quanto ha sostenuto correttamente il Pubblico Ministero, che aveva raggiunto il suo culmine proprio nell’anno 2014, quando si svolge questa operazione con Cap, dava alle azioni e al capitale della Banca una falsa apparenza di liquidità e di solidità e attirava investimenti, come Cap, che mai avrebbero accettato di contrarre, se avessero conosciuto la verità sulle effettive condizioni della Banca, sulla sostanziale illiquidità del titolo. Sul secondo aspetto, il danno, ma esso è già insito nella determinazione a contrarre indotta dalle false apparenze. La crisi della Banca e del titolo azionario, determinata dal disvelamento della verità, poi sappiamo bene che dapprima ha drasticamente ridotto e poi ha annullato il valore del titolo, che è amaramente rimasto in carico a Cap a valore zero. Né la Banca, ovviamente, ha adempiuto agli impegni di remunerazione e di riacquisto contenuti nella lettera a firma Giustini del 25 settembre 2014, che loro hanno in atti. Ecco, tutto è largamente documentato. Cos’altro dire? Io credo che sia opportuno, perché furono già in sede di opposizione alle costituzioni di Parte Civile, dalle Difese degli Imputati fu evocato un argomento: i soggetti che hanno partecipato, i soggetti privati che hanno partecipato a operazioni baciate non si possono costituire Parte Civile perché essi sono addirittura concorrenti esterni al reato, che sarebbe stato in ipotesi commesso dagli esponenti della Banca. Il Tribunale ha dato una risposta, che oggi è più che mai attuale, e leggo appunto l’ordinanza brevemente, l’ordinanza del 21 marzo 2019. Il Tribunale ha detto: ma, signori, se la prospettazione della Difesa degli Imputati è quella della consapevolezza da parte dei clienti del contesto, quella delle Parti Civili invece è quella della inconsapevolezza; e poi si dice che dal contesto accusatorio si evince, diversamente da quanto ipotizzato dagli Imputati, l’impossibilità per colui che aderiva di valutare adeguatamente la reale portata di quanto andava a sottoscrivere, a causa delle false prospettazioni e dei falsi prospetti informativi. Io ho apprezzato molto l’accento che ha posto, al termine appunto dell’istruttoria dibattimentale, il Pubblico Ministero sul tema dell’occultamento: occultamento della politica, come dire, della prassi, del modo di agire collegato appunto alle operazioni baciate. Se ne parlava sottovoce nei corridoi, si vietava addirittura di scambiarsi e-mail che parlassero di questo tema, vi era un atteggiamento appunto di generale occultamento perché si sapeva bene gli effetti che avrebbero avuto sulla vita della Banca, sul mercato, la conoscenza che si era costruito un castello di carte attraverso queste operazioni, attraverso la creazione di un capitale largamente artificioso e privo di effettivi fondamenti sulla solidità patrimoniale della Banca. È proprio questo occultamento che impediva ai privati, che conoscevano solo il loro spicchio di interesse e, come dire, di vicenda finanziaria, che impediva ai privati di comprendere questo contesto, non soltanto illecito ma dal punto di vista di un investitore un contesto che, se davvero conosciuto, avrebbe fatto scappare a gambe levate chiunque, di fronte alla prospettiva di acquistare azioni di una Banca che si reggeva sull’inganno. Questa è, credo, l’ulteriore riprova dell’assoluta legittimità delle costituzioni di Parti Civili di coloro che hanno partecipato alle operazioni baciate in piena inconsapevolezza, determinata dall’altrui occultamento, di quella che era la situazione reale della Banca, della Banca Popolare di Vicenza. Cos’altro? Un’annotazione che a me sembra giusto fare. Da alcuni interventi, anche da domande che sono state poste dalle Difese degli Imputati nel corso del dibattimento, sembra di evincere la volontà di avvalersi di un argomento che, se fossimo in una sede diversa, si chiamerebbe “l’argomento del Führer befiehl” (l’ordine del Führer). Al processo di Norimberga i nostri colleghi, che difendevano doverosamente i gerarchi nazisti accusati di delitti contro l’umanità, sostenevano che avevano obbedito agli ordini: l’ordine del Führer, non si poteva discutere l’ordine del Führer. E uno dei meriti di quella sentenza fu di ribaltare l’argomento, dicendo: no, perché sono crimini di tale evidenza, anche sotto il profilo del diritto naturale, che non c’è ordine superiore che tenga per giustificare. Ecco, io credo proprio che in questo processo un argomento del genere, a maggior ragione, dovrebbe essere rigettato. Abbiamo sotto processo, oltre all’ex Presidente Zonin, i vertici manageriali di Banca Popolare di Vicenza, e abbiamo nel nostro ordinamento un articolo 51, commi 2 e 3, del Codice Penale, che nel caso di soggetti che obbediscono agli ordini, appunto, afferma che non ne rispondono soltanto se hanno ritenuto, per errore di fatto, di obbedire a un ordine legittimo. E l’errore di fatto, l’errore scusabile era ben possibile ai livelli inferiori, ai livelli dei funzionari periferici, a livello di impiegati; e infatti, correttamente la Procura di Vicenza, se inizialmente può averne iscritto qualcuno nel Registro degli indagati, poi ha chiesto, per quanto ne so, l’archiviazione, limitando, limitando correttamente l’incriminazione e l’esercizio dell’azione penale nei confronti di coloro che erano al vertice, e che quindi non possono sostenere seriamente di avere errato in buona fede sulla legittimità delle indicazioni che a loro venivano certamente dal Direttore Generale e quant’altri, o dallo stesso Presidente. Questo argomento deve essere respinto. I vertici anche manageriali, e non soltanto, tra virgolette, “politici” – “amministrativi”, di Banca Popolare di Vicenza, sono responsabili perché erano perfettamente consapevoli, essendo capitani di lungo corso in materia bancaria, per la posizione e per l’esperienza che avevano, che le operazioni in questione erano operazioni illecite perché appunto alteravano il capitale di vigilanza della Banca e perché alteravano il mercato. E quindi, sotto questo profilo, ripeto, è un argomento che deve essere respinto. Ultima parola, perché sto sforando il termine essenziale del quarto d’ora. Come loro leggeranno nelle conclusioni scritte, quella di Cap è una richiesta di condanna generica, quindi con riserva di successivo giudizio per la determinazione del quantum. Certo, perché questa è una vicenda in cui Cap si è ben guardata di restituire il mutuo che è stato fatto per l’acquisto delle azioni, nel momento in cui le azioni si sono azzerate nel valore. D’altra parte, non abbiamo avuto una iniziativa giudiziaria della Banca per recuperare le somme mutuate, perché la Banca si rende ben conto della situazione in cui si trova e in cui appunto tutti noi ci troviamo nella valutazione, anche in termini penali, di questa vicenda. Certo, c’è un danno immediato ed evidente perché, com’è documentato nella costituzione di Parte Civile, con la costituzione di Parte Civile c’è un danno di oltre 62.000 euro per interessi, che sono stati gettati via, in buona sostanza, perché relativi all’acquisto di azioni che non valgono più niente. Però, in questa situazione ancora non definita, preferiamo richiedere una condanna generica per valutare poi i successivi sviluppi della vicenda. Quindi mi richiamo di nuovo alle conclusioni scritte, ringrazio per l’attenzione e vi auguro buon lavoro e buone feste.

PRESIDENTE – Grazie, Avvocato. Auguri di buone feste anche a lei. Grazie…


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