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Amministrative, Giacomo Salvini sul Fatto: la Lega “fantasma” al Sud. Il partito nazionale non gode di buona salute

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Matteo Salvini con Umberto Bossi
Matteo Salvini con Umberto Bossi

di Giacomo Salvini da Il Fatto Quotidiano

Milano, 21 dicembre 2019. Matteo Salvini sale sul palco della sala dei Congressi dell’Hotel Da Vinci e gli basta una frase per mettere una pietra tombale su trent’anni di storia: “Oggi è l’inizio di un bellissimo percorso”. Pausa. “Siamo nel 2019 e il fatto che la Lega sia un movimento nazionale mi sembra ormai chiaro ed evidente”. Applausi. Quasi un anno dopo, il progetto della Lega come “partito nazionale” se non è morto, non gode di buona salute. “Possiamo dire che il progetto del partito nazionale che ha portato tanta fortuna a Matteo Salvini per il momento è stato messo in soffitta” è la sentenza di Mauro Calise, politologo all’Università Federico II di Napoli. Non è bastato mettere da parte i matrimoni con rito celtico, le ampolle, il druido, i “negher”, i cori contro i napoletani e “il celodurismo” di matrice bossiana. E neppure riuscire nell’impresa di diventare secondo partito nel centro-sud alle ultime europee (23,3%) e di vincere in regioni dove la Lega era vista come un partito di ufo, come l’Abruzzo, la Calabria e la Sicilia. Per capire se la “Lega Salvini premier” – il nuovo partito che, da statuto, ha sostituito la vecchia “Lega Nord” – abbia attecchito al centro-sud è necessario analizzare in quanti comuni il partito si presenti con una propria lista alle prossime elezioni amministrative del 20-21 settembre. E il risultato per Salvini è desolante: su 372 Comuni delle 8 Regioni del centro-sud in cui si va al voto, il simbolo del Carroccio compare solo in 36 città. Meno di uno su 10. Nel meridione la Lega è un partito fantasma.

La fuga dai comuniIl dato più impressionante riguarda la Campania, dove su ben 85 comuni il Carroccio è riuscito a presentare il proprio simbolo solo in cinque casi: a Giugliano (Napoli), Ariano Irpino (Avellino), San Nicola la Strada (Caserta) e nelle piccole Pagani, Angri e Cava de’ Tirreni (Salerno). Non ci sarà nessuna lista invece in provincia di Benevento, feudo elettorale dell’acerrimo nemico di Salvini, Clemente Mastella. Il dato che pesa di più è la quasi totale assenza della Lega nell’area metropolitana di Napoli – patria dei Cesaro, scomunicati dal leader leghista – dove il Carroccio corre con una propria lista solo in un comune su 28 e non c’è traccia nemmeno nel Sannio e nell’Irpina. Un dato ancora più basso si registra in Calabria dove la Lega avrebbe potuto beneficiare della spinta di Jole Santelli, governatrice di Forza Italia eletta a fine gennaio. Qui su 73 Comuni che andranno al voto, il simbolo del Carroccio si trova solo in quattro sopra i 15 mila abitanti, tra cui Reggio Calabria dove Salvini punta forte su Antonio Minicuci e Antonio Manica a Crotone. Nel resto della regione, il commissario regionale Cristian Invernizzi si è accontentato di piazzare qua e là qualche candidato, ma tutti in liste civiche. In Puglia invece la Lega si presenta in 11 Comuni su 49 (22%) mentre va peggio in Abruzzo – governata da Marco Marsilio (FdI) dal febbraio 2019 – dove il Carroccio corre in soli due comuni su 62: Chieti e Avezzano (L’Aquila). Va un po’ meglio in Sicilia dove storicamente il centrodestra è più forte delle altre regioni del Meridione: qui la Lega si presenterà in 16 comuni su 61. Meno di uno su tre. Ma da via Bellerio, non sono preoccupati. Anzi, ostentano soddisfazione: “È la prima volta che corriamo veramente e non mi sembra un fallimento avere un nostro candidato (ma senza simbolo, ndr) in un Comune su tre – spiega al Fatto il responsabile Enti locali della Lega, Stefano Locatelli – al centro-sud partivamo quasi da zero”. Lorenzo Pregliasco, fondatore di Youtrend, è di un altro parere: “Se l’opinione pubblica muta velocemente, il processo di rappresentanza politica richiede più tempo – spiega – Se a questo aggiungiamo il fattore della crescita di Fratelli d’Italia, si spiega perché la Lega sia ancora un partito con un forte baricentro al nord”.Classe dirigente cercasi

Oltre alla difficoltà di presentare proprie liste, Matteo Salvini al sud ha anche un grosso problema di qualità di classe dirigente. Per presentare candidati alle prossime elezioni regionali in Campania e Puglia ha dovuto riciclare dinosauri della politica, trasformisti e notabili locali in grado di portargli in dote migliaia di preferenze. Per esempio a Napoli il Carroccio candida l’ex sindaca grillina di Quarto Rosa Capuozzo (“Sono sempre stata di destra” dice oggi) e l’ex vice coordinatore regionale di Forza Italia, Severino Nappi, mentre in Puglia la Lega ha optato per tutti volti sconosciuti perché non aveva grandi nomi in grado di infiammare i pugliesi. Qui però Salvini ha dovuto ripescare di tutto per guidare il partito: al vertice c’è l’ alfaniano Andrea Caroppo e Mister Papeete, l’europarlamentare Massimo Casanova. E poi un acquisto Salvini lo ha fatto: il sindaco di Foggia, Franco Landella salito sul carro del Carroccio dopo una ventennale esperienza con Forza Italia. Perché convertito al sovranismo e al nuovo verbo salviniano? No, semplicemente perché Forza Italia aveva deciso di depennare la cognata Michaela Di Donna dalle liste per le regionali. La Lega ha grossi problemi anche in Sicilia dove da quattro deputati all’Assemblea regionale adesso sono rimasti soltanto in due e il governatore Nello Musumeci ha riservato l’assessorato dei Beni culturali al leghista Alberto Samonà, lo stesso che qualche anno fa inneggiava alle Ss di Adolf Hitler. Non va meglio in Molise dove il Carroccio è sparito dal consiglio regionale e in Abruzzo dove il coordinatore leghista di Avezzano, Giovanni Luccitti, viene direttamente dal Pd.

“Lega-Italia sta fallendo”

“La Lega al sud è in ritirata perché alle elezioni regionali i rapporti dei micronotabili contano di più dei rapporti di opinione – continua il politologo Calise – È chiaro che fino a quando Salvini è stato al governo poteva godere di un effetto bandwagon (salire sul carro del vincitore, ndr) da parte di un notabilato meridionale attento alle dinamiche clientelari. Quando questa capacità di attrazione è venuta meno, il fenomeno è ritornato nel suo alveo naturale. E adesso cosa ha da offrire la Lega ai micronotabili? Assolutamente niente. Questa dinamica si moltiplica all’ennesima potenza alle elezioni comunali dove contano molto le persone e pochissimo il voto di opinione”. Poi l’affondo: “Per questo, per adesso, il progetto del partito nazionale sta fallendo”.