Su insolvenza Veneto Banca perizia tecnica chiesta da Consoli, CorVeneto: «L’istituto non era finito», contraddizioni di Bankitalia

349

Veneto Banca, sulla dichiarata insolvenza ora Vincenzo Consoli chiede una perizia ai giudici. La novità è emersa ieri a Venezia nell’udienza in Corte d’appello davanti alla prima sezione civile presieduta da Mario Bazzo. In ballo un nuovo round dell’opposizione promossa a Venezia dal manager della popolare di Montebelluna alla sentenza con cui a giugno il tribunale di Treviso aveva fissato che Veneto Banca era in stato d’insolvenza il 23 giugno 2017, due giorni prima della liquidazione, accogliendo la richiesta del pubblico ministero di Treviso Massimo De Bortoli, che sta conducendo l’inchiesta penale sul crac della banca e che così può indagare anche per bancarotta.


L’appello a Venezia è a un passaggio decisivo. La discussione delle posizioni è conclusa. E sia la procura generale che i rappresentanti dell’ultimo cda, quello del fondo Atlante, guidato da Massimo Lanza, si sono rimessi alla decisione del collegio. Entrambi di fatto soddisfatti del quadro emerso e di un’eventuale pronuncia che confermasse la sentenza di primo grado.

Anche nel caso degli ex amministratori. Per il cda di Lanza, rappresentato anche ieri dal professor Lorenzo Stanghellini, Veneto Banca non era insolvente neppure dopo il 23 giugno, mentre per il tribunale di Treviso il patrimonio è azzerato se si mette sul conto anche il contributo dello Stato per la liquidazione. «Ma a questo punto poco importa – ha commentato Stanghellini a fine udienza -. Decisivo è che la sentenza di primo grado ha riconosciuto che la banca non era insolvente prima del 23 giugno e che lo divenne per la mancata concessione della ricapitalizzazione precauzionale. E furono gli amministratori, saputo del no alla ricapitalizzazione precauzionale, ad anticipare Bce, dichiarando la mancata continuità aziendale».

Messa così, escluse responsabilità dell’ultimo cda nell’aver creato lo stato d’insolvenza, la dichiarazione eventualmente confermata in appello si tradurrebbe in sede penale nel ricercare indietro negli anni gli atti di cattiva gestione che hanno posto le basi della bancarotta, costruendo un quadro di debolezza non più recuperabile. Dando un’arma in più alla Procura di Treviso per scandagliare l’epoca Consoli-Trinca.

E infatti Consoli, con l’avvocato Sirio D’Amanzo, ha chiesto al tribunale una consulenza tecnica d’ufficio. «Riteniamo che la banca non fosse insolvente», ha detto il legale. In sostanza, sulla base dei dati del perito di parte, il professor Francesco Busato, Veneto Banca al momento della liquidazione con gli 1,7 miliardi di patrimonio netto e i 4 di crediti deteriorati netti, recuperabili per l’85% secondo le proiezioni di Banca d’Italia, per un valore finale di 3,4 miliardi, ne aveva più che a sufficienza per pagare tutti i creditori.

E questo anche senza considerare la rettifica dei commissari liquidatori sugli 800 milioni di crediti deteriorati recuperati in bonis in poco tempo, annunciata l’anno scorso nell’audizione nella commissione banche. Smentita ora con una lettera dei commissari stessi, girata a Venezia da Bankitalia. In buona sostanza, hanno scritto i commissari, l’800 si riferiva alle posizioni recuperate in bonis. Mentre i milioni recuperati sono solo 21. «Una rettifica inaspettata, perché, come per Consoli, immagino che dopo l’audizione sia arrivata una mail che chiedeva di confermare il resoconto stenografico -, ha ricordato il legale -. Credo che sia un lapsus. Ma se la liquidazione si fosse costituita avremmo potuto almeno chiedere a loro».

D’altra parte per D’Amanzo, anche non volendo prendere per buona questa linea, una perizia tecnica è necessaria per fissare i dati su cui ragionare, perché non ci sono numeri sufficienti per sostenere la tesi opposta. Ctu di cui D’Amanzo ha confermato la richiesta, in subordine ad una sentenza che rigetti l’insolvenza, nonostante il monito arrivato dai giudici della corte, in particolare dal relatore Paola Di Francesco, sui costi dell’operazione, che a quel punto ricadrebbero solo su Consoli, visto che le altre parti si sono rimesse alla decisione del Tribunale. «Sono stato autorizzato a richiedere la perizia», ha però annunciato il legale, dopo una breve interruzione servita per una telefonata a Consoli di verifica.

D’altra parte una base di dati più solida su cui decidere, dopo che anche la Banca d’Italia non ne ha forniti nella relazione chiesta dal collegio giudicante, per la parte di Consoli è fondamentale. La palla a questo punto passa alla Corte d’appello, che si è riservata di decidere. E che potrà concedere la perizia, come tirare dritto e andare (com’è parso più plausibile ieri dal clima) direttamente a sentenza.

*Lo stato d’insolvenza, come indica l’articolo 5 della legge fallimentare, è rappresentato dalla situazione patrimoniale del debitore che non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni . L’insolvenza si manifesta in rapporto a un quadro patrimoniale e di disponibilità liquide per far fronte agli obblighi. L’imprenditore in stato d’insolvenza è dichiarato fallito. La dichiarazione d’insolvenza in sede civile è poi la base per permettere ai magistrati penali di indagare per il reato di bancarotta.

 

di Federico Nicoletti, daIl Corriere del Veneto