L’intervista esclusiva e “documentale” di Antonio Nardone, ad della Miteni Spa: lo stato dell’arte del caso Pfas, un contributo per capirne di più

746

È sicuramente molto delicata la questione Pfas incentrata prima nell’area di Trissino e sull’azienda Miteni e poi allargatasi geograficamente a vaste aree dell’Italia e a cause che non si limitano alla fabbrica locale ma vanno almeno ricercate nei prodotti a base di Pfas non più provenienti dalla Miteni ma acquistati altrove sul mercato dagli utilizzatori e nei rifiuti tossici della Ricerche Marzotto, la vecchia Rimar, su cui è stato edificato il sito produttivo attuale e che ha lasciato in quei terreni di tutto e di più anche perchè le leggi del passato erano diverse e, magari, le “tolleranze” locali, tecniche e politiche, maggiori…

 

C’è stata, quindi, inizialmente una fase di scarsa conoscenza del problema, appena scoppiato, e subito è nato un rimpallo di responsabilità, tipico di certa politica in questo caso alle prese con un argomento in cui la competenza tecnica dovrebbe essere prioritaria rispetto ad ogni affermazione e ad ogni atto, pena la diffusione di paure ai limiti del terrorismo informativo che di certo non aiuta a percorrere la strada della giusta prudenza e delle indispensabili precauzioni verso i possibili “danneggiati” perché in ballo non c’è solo la salute fisica ma anche quella emozionale, più difficile, talvolta, da gestire.

Da qualche tempo, poi, si sta faticosamente percorrendo una via di maggior chiarezza, sulla base di informazioni scientifiche e di rilievi tecnici, di cui sono testimoni i primi riconoscimenti da parte del Coordinamento dei Comuni contro inquinamento da Pfas del lavoro fatto in termini di “pulizia dell’acqua”.

Se i passi compiuti siano nella direzione giusta proviamo a verificarlo ogni giorno dando spazio informativo non solo all’azienda ma ancora di più, vista la numerosità delle fonti di “allarme”, a tutti coloro che di Pfas si occupano per i relativi timori, ma anche per le informazioni tecnico scientifiche. Su tutta una serie di questioni aperte abbiamo, quindi, chiesto di fare il punto, su esclusiva base documentale, glielo avevamo anticipato nella nostra richiesta, al dr. Antonio Nardone, Ad della Miteni. Lui ha risposto a tutte le nostre domande, magari non tutte quelle indispensabili, ma tutte quelle a noi poste dai nostri lettori, tra cui i vari comitati, e tutte quelle che siamo stati in grado di porre per prima cosa a noi stessi, cittadini di quest’area a rischio.

Le risposte e le domande fanno parte di questa nostra intervista video esclusiva ma abbiamo anche riportato, per una migliore e inequivoca comprensione, anche la trascrizione integrale del parlato.

Uno sforzo in più, ma quando si parla di salute per i cittadini e per i lavoratori nessuno sforzo è eccessivo.

A voi, lettori, sta la prima valutazione, a tutti i tecnici e ai signori politici chiediamo osservazioni, purché anche queste documentate e non fatte di pancia: farebbero male a noi tutti.

 

Dottor Nardone con lei parliamo ovviamente di Pfas. Cosa ha imposto il Tribunale delle acque e quali sono le tempistiche previste per l’indagine?
Il Tribunale Superiore delle Acque lo scorso gennaio 2017 ha richiesto che venga fatto un censimento degli utilizzatori dei prodotti perflorurati elencando anche le aziende, il tipo di aziende che li utilizzano. Entro il 2017 doveva essere fatto questo censimento
Quanto avete comunicato la presenza di Pfas nel terreno alle autorità?
Nella primavera 2013 abbiamo messo a punto dei metodi di analisi per i Pfas a seguito di una richiesta di certificazione ambientale, a giugno abbiamo avuto un incontro con gli enti preparatorio, a luglio con i risultati analitici abbiamo fatto una comunicazione ufficiale di questa presenza. Solo nel settembre siamo venuti a conoscenza dello studio Cnr
Se hanno condannato la Dupont perché non dovrebbero condannare la Miteni?
Dupont non è stata condannata. La Dupont ha fatto un’offerta a ciascun cittadino, che ha fatto una class action, di 400 dollari ed essi hanno receduto dalla class action, peraltro avendo in mano già lo studio, che aveva commissionato DuPont insieme con gli enti, di Fletcher che dimostra come non ci sia evidenza tra la presenza di Pfas e patologie
I Noe hanno effettuato delle rilevazioni e le hanno rese pubbliche, le considerate errate?
Abbiamo esaminato a lungo la relazione dei Noe e abbiamo trovato diverse incongruenze come quella della presenza di una vasca di rifiuti interrata che abbiamo ricercato lo scorso luglio insieme ad Arpav e non abbiamo avuto nessuna evidenza.
Dottore, quali sono gli studi sulla tossicità dei Pfas?
Guardi non voglio entrare nell’ambito sanitario. Preferisco rifarmi a una dichiarazione della dottoressa Musmeci dell’Istituto Superiore di Sanità rilasciata qualche mese fa a Radio 24 che vorrei far ascoltare.
(qui il testo dell’intervista di Radio 24 a Loredana Musmeci, direttore del Dipartimento Ambiente dell’Istituto Superiore di sanità

Non abbiamo ad oggi evidenze scientifiche anche da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e quindi dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro che queste sostanze possano essere una concausa di sviluppo di tumori”. Quindi non ci sono evidenze da questo punto di vista? “e ad oggi in letteratura, se mi consente un ultimo chiarimento, non c’è alcuna evidenza scientifica che comunque anche rispetto alla tossicità quindi tossicità non cancerogena, ma come dicevo prima alterazioni dismetaboliche, vi sia un rapporto di causa effetto”. Ok quindi non c’è un nesso di causalità accertato da questo punto di vista…

Dr. Nardone, quante ricerche sono state effettuate sui terreni sulle acque?
Dal 2013 abbiamo fatto 48 carotaggi in tutto lo stabilimento, 48 trincee per un totale di 240 metri lineari e profondi e 38 pozzi piezometri per un totale di 134 ispezioni e un ammontare di 600 campioni
Come funziona il barrieramento della falda?
I pozzi che compongono la barriera idraulica della Miteni permettono di isolare la falda sottostante, aspirare tutta l’acqua inquinata, depurarla su filtri a carboni e rilasciarla pulita.
Un’altra domanda chiave dottor Nardone, perché vi opponete alla maglia 10 per 10 metri?
Ci opponiamo a una maglia 10 x 10 indiscriminata su tutto lo stabilimento perché abbiamo già individuato la fonte di contaminazione lungo l’argine del Poscola con i rifiuti seppelliti negli anni settanta durante la gestione della Rimar. E ci opponiamo anche perché questa maglia andrebbe a indagare sotto degli stabili costruiti prima ancora che ci fosse la produzione. Questo ritarderebbe di 17 anni l’avvio della bonifica con la ripulitura del terreno su tutto lo stabilimento.
Visto il caso Dupont perché la Miteni dopo il 2013 non ha avvisato per tempo i cittadini in via precauzionale di non bere acqua fino a che non si sarebbero messi in sicurezza gli acquedotti e fatte le opportune verifiche idriche?
Già nel 2008 Miteni si era recata presso l’Istituto Superiore di Sanità a consegnare la documentazione disponibile sulla valutazione del rischio del Pfoa per le valutazioni dell’istituto, quindi ben prima del 2013.
Quali sono le differenze tra Pfas c8 e Pfas c4?
I c8 si accumulano nell’organismo, necessitano di diversi anni per essere smaltiti, i c4 invece no
Voi non producete più Pfas C8 dal 2011, è perché in Italia è vietato? E se sì da quando è vietato?
Non esiste nessuna normativa che vieti la produzione Pfas a catena lunga. La Miteni ha smesso nel 2011 per propria scelta mentre continuano le importazioni da parte di utilizzatori ancora dei catena lunga
Dottor Nardone, in che modo potete certificare che non immettete più Pfas nell’ambiente e cosa si intende per acque che rispettano i limiti di potabilità?
Da 18 mesi abbiamo subìto più di 110 accessi da parte degli enti di controllo che hanno continuamente campionato i nostri scarichi. Quindi direi che è altamente certificato il fatto che i nostri scarichi siano all’interno dei limiti delle acque potabili. Per rispetto dei limiti di potabilità intendiamo il rispetto dei valori indicati dall’Istituto superiore di sanità.
In che senso togliete Pfas dall’ambiente?
Quando affermiamo che togliamo Pfas dall’ambiente intendiamo che i nostri pozzi barriera aspirano l’acqua contaminata dalla falda, la filtriamo e la rimettiamo pulita, mentre i nostri scarichi sono al di sotto dei limiti delle acque potabili
Perché avete fatto un ricorso al Tar? volete che i danni li paghino i cittadini?
Noi non chiediamo i danni a nessuno. Nell’ambito della conferenza dei servizi ci è stato chiesto di presentare un cronoprogramma per l’implementazione di una maglia 10 x 10 alla ricerca di rifiuti che possano essere responsabili della contaminazione, mentre noi abbiamo le prove tecniche che l’unica contaminazione o l’unica fonte contaminante sono i rifiuti deposti lungo l’argine del Poscola negli anni 70 dalla gestione Rimar, rifiuti che abbiamo rimosso e quindi non intendiamo, e non è necessario, procedere ulteriormente. Questo cronoprogramma impegna comunque per 17 anni per un costo di 100 milioni ma soprattutto noi non vogliamo aspettare 17 anni per effettuare la bonifica del terreno Miteni.
Dottore, ci sono utilizzi per i quali sono ancora indispensabili i Pfas? Non ci sono altri modi per sostituirli?
Ad oggi vi sono degli utilizzi in cui i Pfas non sono sostituibili ad esempio le schiume antincendio, il liquido dei freni degli aerei, i fari delle auto, gli stent coronarici, le protesi articolari, gli hard disk per i PC, ma molto importanti sono gli utilizzi nel farma perché i Pfas sono un veicolo per trasportare i principi attivi benefici all’interno della pelle. Quindi direi che noi stiamo studiando anche altre molecole che possono dare queste performance senza essere perclorato
L’ultima domanda: Arpav dice che siete i responsabili del 97% dell’inquinamento, è vero?

No, Arpav scrive che il depuratore di Trissino era responsabile nel 2013 del 97 per cento dei Pfas che venivano scaricati nel tubone Arica. I dati attuali sugli scarichi dei consortili dimostrano la presenza ancora elevata di Pfas agli scarichi mentre Miteni ha ridotto le sue emissioni al di sotto delle acque potabili. Questo dimostra come anche allora Miteni non fosse l’unica fonte.