La politica delle chat nel Movimento 5 Stelle di Vicenza

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Convenientemente al proposito di non spendere quattrini, non hanno un luogo fisico. Gli attivisti non hanno segretario e altre gerarchie territoriali, il Movimento 5 Stelle coincide con i loro portavoce. Esistono dei temi distintivi della loro azione politica, ma mancano di un preciso impianto ideologico, di una linea strategica e di una disciplina di partito. La spontaneità dell’impegno politico, il recupero di cittadinanza che ogni cittadino sogna per proprio conto trovano collocazione al loro interno, ma si scontrano presto o tardi con i vuoti organizzativi, con la struttura mancante degli attivi e con una diffusa irresponsabilità di programma e di strategia.
Ci sono però delle assemblee permanenti in cui gli iscritti, senza limite di orario, confrontano le loro idee. Queste sono le chat. Sicché, in mancanza di altre strutture e regole, prendono a prestito quelle previste dai social, e creano dunque organizzatori, co-organizzatori, e altrove amministratori. L’autorità mancante nel Movimento si ripristina nella rete, giacché è qui che avviene più frequentemente lo scontro tra i seguaci delle opposte fazioni. E’ qui che i fatti reali vengono presi a pretesto di una polemica infinita che non vede alcuna riconciliazione, mai, a causa degli inevitabili equivoci della scrittura e dell’eloquenza, e a causa della mancanza di un’effettiva votazione sulle posizioni divergenti. Il nemico reale, che potrebbe essere il nemico di classe, l’esponente di una forza politica opposta e concorrente, un habitué dei tribunali in vesti d’imputato, sparisce, e sorge il nemico di cordata di cui si riportano pedisseque espressioni dette (la maggior parte delle volte scritte – sui social, naturalmente) che dovrebbero dimostrare la violazione di un codice che non esiste, di una linea non concordata, di una strategia non definita. La caccia al nemico interno si sostituisce alla vera lotta politica, giacché tutto l’attivismo a 5 stelle ormai è ammalato di protagonismo: troppi anelano in segreto a diventare portavoce, e il luogo del recupero della cittadinanza si trasforma in un vasto comitato elettorale. E’ qui, nelle chat, nei luoghi creati per l’incontro altrimenti difficile, se non impossibile, di cittadini sparsi su un territorio vasto e vincolati da doveri e da attività coercitive, che lo scontro diviene guerra privata col pretesto del bene comune. E, nell’unico spazio che resta per produrre cittadinanza, determinante per restare connessi alle attività del Movimento, nelle chat, si eseguono le più violente epurazioni. Non c’è bisogno di elevare contestazioni, né predisporre difese: basta accennare appena a un debole addebito adatto a solleticare l’ostilità dei membri, e il gioco è fatto. Fuori! L’espulsione è il gioco preferito del M5S, come se fosse sempre in pericolo una purezza originaria contaminabile dai dubbi e dai pensieri delle new entry, di cui d’altro canto si auspicherebbe l’ingresso. Una guerra feroce e sterile che spesso porta alla paralisi, dove tutti sono rei di una riflessione, di una dichiarazione, e ognuno è in allerta per denunciare alla totalità dei “cittadini consapevoli” il crimine che esclude il proprio antagonista.