Processo BpVi, Il Gazzettino: Zonin all’attacco e per Ambrosetti lui è come l’eroe Ettore

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Inchiesta monca. I difensori dell’ex presidente BpVi Gianni Zonin hanno chiesto ieri il proscioglimento. Nerio Diodà ha definito l’inchiesta “monca”. L’altro avvocato dell’ex dominus vicentino, Enrico Ambrosetti, ha definito un quadro da “deserto probatorio” e l’indagine “random” perché l’inchiesta non ha esplorato tutte le responsabilità degli attori in campo. Di Maurizio Crema, da Il Gazzettino

BpVi, Zonin attacca i buchi dell’inchiesta

Arringa degli avvocati dell’ex presidente al processo sul crac. La difesa: «L’indagine non ha fatto luce su responsabilità della banca: «Come l’Ettore omerico, è una vittima designata» della Vigilanza, delle società di revisione, Bankitalia e BCe» 

 


Un dramma greco classico come l’Iliade, con Gianni Zonin nei panni di Ettore, vittima designata di un’inchiesta con troppi buchi e che ha lasciato fuori troppi protagonisti. Gli avvocati difensori dell’ex presidente per quasi vent’anni di Banca Popolare Vicenza Enrico Ambrosetti e Nerio Diodà prendono la parola in una giornata uggiosa e senza contestazioni che segna la ripresa dell’udienza preliminare che dovrà portare alla decisione se celebrare il processo per il crac della Popolare di Vicenza. E lo fanno sparando a zero contro il lavoro portato avanti dal 2015 dalla Guardia di Finanza e dai pm Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi, presenti in aula davanti al gup Roberto Venditti, che dopo il via libera della Cassazione intende stringere i tempi per l’eventuale rinvio a giudizio, che potrebbe già arrivare entro un paio di settimane. Il 17 ottobre è prevista la prossima udienza per sentire i difensori degli altri quattro indagati: Giuseppe Zigliotto, Emanuele Giustini, Paolo Marin, Massimiliano Pellegrini. Se non si chiude quel giorno è già pronta la coda del 20 ottobre per eventuali repliche dei pm. Poi camera di consiglio. Se ci sarà il rinvio a giudizio c’è chi ipotizza che si possa andare a celebrare il processo entro dicembre.
I difensori di Zonin hanno chiesto ieri il proscioglimento del loro assistito. Diodà avrebbe definito l’inchiesta “monca”. L’altro avvocato dell’ex dominus vicentino Enrico Ambrosetti per circa 5 ore invece si è concentrato sull’in­ chiesta dipingendo un quadro da “deserto probatorio” e definendo l’indagine “random” perché non ha esplorato tutte le responsabilità degli attori in campo. Per Ambrosetti si deve far luce anche sull’operato della società di revisione Kpmg e sulle autorità di vigilanza, soprattutto sulle “baciate”, i finanziamenti ai soci per centinaia di milioni per comprare azioni della banca, una partita di giro della quale secondo Ambrosetti, Zonin-Ettore non era a conoscenza, a differenza di altri manager come l’ex vice direttore Adriano Cauduro o la stessa Banca d’Italia, che avrebbe saputo del meccanismo fin dal 2012.
LE BACIATE E BANCA D’ITALIA
Zonin quando ha avuto segnalazione, ne avrebbe parlato subito con il collegio sindacale, che avrebbe escluso problemi. Nell’arringa di Ambrosetti scorrono nomi di imprenditori in vista, funzionari della Banca d’Italia, vengono citati operazioni come quella per Palladio dove non comparirebbe mai la firma di Zonin ma solo quella dei manager.
«Non e’è nessun collegamento tra l’ex presidente e i capi di imputazione, è inconcepibile rinviare a giudizio Zonin sulla base di questo quadro», commenta Ambrosetti convinto come il destino «del dottor Zonin fosse segnato, proprio come quello di Ettore» nella guerra di Troia. A gestire quelle operazioni scottanti che hanno messo insieme finanziamenti di giro ai soci per un miliardo erano altri, a partire secondo gli avvocati di Zonin dall’ex direttore generale Samuele Sorato, imputato in un processo parallelo, il cui ufficio era il «sancta santorum» dove si pilotava l’ottava banca italiana. L’Ettore di Vicenza difendeva la sua cittadella assediata dalla Bce e dagli speculatori cercando di mantenere i legami con i territori anche partecipando a «cene di cacciagione» dove però non avrebbe mai sollecitato i facoltosi convitati a comprare azioni BpVi. E avrebbe investito sempre del suo: «Fino a fine 2014 la famiglia Zonin ha continuato a comprare azioni, alla fine l’ex presidente, la moglie e i figli detenevano 15 milioni di titoli BpVi comprati senza nessun tipo di finan­ziamento», sostiene il suo avvocato.
PRESSIONI E OMISSIONI
E che dire poi della Banca d’Italia? Credeva talmente in Popolare Vicenza, ricorda Ambrosetti, da dare l’autorizzazione all’Opa che BpVi aveva avanzato su Banca Etruria, istituto quotato in Borsa e poi crollato ancora prima di Vicenza. Ambrosetti ricorda le dichiarazioni dell’ex vicedirettore Marin, convinto di aver raccontato l’esistenza delle baciate ai funzionari di Banca d’Italia fin dal 2012. E le testimonianze raccolte dalla Guardia di Finanza sul sistema messo in piedi per gli aumenti di capitale della banca e su un flusso informativo che, quando doveva raggiungere i vertici istituzionali si prosciugava anche grazie a consigli spicci di mangiarsi carte compromettenti o denunce fatte da dipendenti che non volevano sottostare al pres­sing sui clienti.
PARTI CIVILI ALL’ATTACCO
«Sono d’accordo che in questo processo dovrebbero comparire molti più imputati e più capi di imputazione, come la truffa aggravata – commenta l’avvocato di parte civile Michele Vettore, che nei mesi scorsi ha chiesto e ottenuto sequestri ai beni di Zonin – altro è dire che Zonin non abbia avuto nessuna responsabilità in quello che è accaduto. Noi siamo convinti del contrario». «Oggi ci hanno raccontato una bella storiella, Zonin non sapeva nulla e non esistono prove a suo carico – avverte l’avvocato Renato Bertelle che cura gli interessi di circa 250 azionisti rovinati dal crac – ma dal dibattimento e anche dalle arringhe di oggi emerge quello che io ho denunciato fin dall’inizio: le responsabilità del crac erano ampie e coinvolgevano tutto l’ex cda, collegio sindacale, Banca d’Italia, società di revisione». «Zonin non è Ettore, cioè l’eroe della città che si assume tutte le colpe e va in battaglia, ma siamo d’accordo sul fatto che Popolare di Vicenza e Veneto Banca siano state più o meno come Sodoma e Gomorra – avverte Luigi Ugone dell’associazione «Noi che credevamo in BpVi» – noi come il pelide Achille continuiamo la battaglia perché chi è nel giusto deve combattere senza paura. Esulare Zonin da tutte le colpe è impensabile soprattutto, alla luce di quello che è stato il suo atteggiamento alla sua ultima assemblea quando le azioni sono passate da 62,5 a 48?». Toccherà al giudice Venditti dire l’ultima parola. Ma una cosa in questa storia è certa: non ci sono eroi, solo una grande tragedia che ha spazzato via i risparmi di 118mila soci.