Ristori a vittime BPVi e Veneto Banca: ecco quanto occorre per acconto del 30% e la (mezza) bufala delle vie legali che in 121.000 non potranno adire per importi non ristorati

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Facciamo un po’ di conti, quelli che forse (?) non hanno fatto al Mef e ancora non fanno, o non capiscono o non sanno fare, le associazioni e i legali dei soci vittime della Banca Popolare di Vicenza, sui numeri (azionisti e non obbligazionisti, valori delle azioni da ristorare, platea dei rappresentati da associazioni e avvocati,…) interessati all’articolo 38 del capo III della legge di bilancio in discussione a breve in parlamento. I conti li iniziamo passo passo con la BPVi (domani li ricontrolleremo perché non è stato semplice farli… a quest’ora e dopo parte del pomeriggio passato a sentire considerazioni approssimative da parte di sedicenti difensori dei soci, ndr) ma poi, li faremo, più rapidamente, con lo stesso metodo per Veneto Banca, mentre molte considerazioni potranno essere utili anche per le quatto banche risolte.

Il provvedimento, che partirà alla Camera dal testo originario, da noi anticipato, emendato solo per la cancellazione della proibizione a intraprendere azioni legali per le perdite residue non liquidate (che poi vi spiegheremo perché è una sostanziale bufala per gran parte della platea coinvolta) e solo in Senato prenderà la forma che poi diventerà definitiva con una serie di modifiche richieste a ranghi sparsi e spesso contrastanti dai vari, troppi interlocutori (per giunta poco rappresentativi come vedremo appena possibile), mantiene la rivoluzionaria impalcatura della legge 205, approvata, infatti, da tutte le forze politiche il 27 dicembre 2017, di fatto un anno fa.

Il cosiddetto governo del cambiamento sta provando ora a migliorarla, proprio, per i valori e i ristori in gioco, ma con un’attuazione futura, che, grazie alle divisioni dei presunti rappresentanti degli azionisti (molti risparmiatori, altri, quelli con investimenti da mezzo milione in su, non sempre e non solo risparmiatori, diciamo la verità…) è rinviata dal 30 giugno 2019 (data prima prospettata dopo che il decreto attuativo dall’iniziale 30 marzo 2017 è slittato a… tappe e grazie alle “associazioni antagoniste” fino al 31 gennaio 2019) a dopo il 30 settembre 2019. Questo, infatti, è l’ennesimo nuovo termine per la presentazione delle richieste di ristoro come concesso dal paziente Alessio Villarosa su richiesta unanime dei rappresentanti dei soci presenti all’incontro del 27 novembre al Mef con la cabina di regia contestata dal Coordinamento Banche di don Enrico Torta e da Noi che credevamo nella BPVi, i due raggruppamenti che fanno una gara a parte per dimostrare chi è il più bravo ad innalzare un’asticella che rischia di cadere prima di trovare un solido appoggio sui ritti della difficile trattativa, come spesso ricorda Patrizio Miatello, presidente di Ezzelino III da Onara e di fatto anima dell’articolato raggruppamento di chi cerca una soluzione, sia pure fra evidenti contraddizioni e non rari conflitti, anche di interesse, come per certi avvocati che fanno anche i presidenti, non sempre disinteressati, di associazioni.

Dopo questa premessa, lunga, ma necessaria a chi non ci seguisse da tempo (noi ci occupiamo dello tsunami delle due ex Popolari venete dal 13 agosto del 2010, cfr. “Vicenza. La città sbancata“) facciamo di conto sugli azionisti (risparmiatori e non) interessati e sui valori di ristoro delle azioni BPVi divenute carta straccia ma detenute, cioè pagate, da 92.865 “soggetti” di fatto al valore massimo o a valori vicini a quello truffaldino di 62.50 euro degli ultimi due aumenti di capitale decisi dal cda di Gianni Zonin, che è stato presidente della banca, lui ignaro di tutto, solo… dal 1996 al 2015 dopo essere stato nei precedenti 20 anni nel cda.
Quel numero (92.865) su un totale di 116.797 azionisti (al 31 dicembre 2014), è quello ufficializzato dalla BPVi (salvo suoi errori) quando a loro propose l’Offerta Pubblica di transazione, che escludeva essenzialmente solo le società di capitale e includeva addirittura le fondazioni bancarie (come la Fondazione Banco di Sicilia, socia di Banca Nuova…) e certe onlus come la Fondazione Roi (che di azioni ne aveva comprate per ben 29 milioni di euro con ordine di acquisto e vendita benedetto dal presidente di Roi e banca, il “leader maximo”, a sua insaputa, Zonin), entrambe passate all’incasso (giusto visto la competenza di chi comprava?) di milioni di euro pur lasciandone sul terreno molti di più.
Ebbene di quei 92.865 soci, ben 66.770 (il 71,9%), portatori del 68,7% delle azioni comprese nell’Offerta di Transazione, accettarono 192,8 milioni di euro (mediamente 2.887 euro a testa, il 15% di quanto avevano pagato,19.250 euro a testa, pari, quindi, a un totale di 1.285.333.333 euro, un miliardo 285 milioni 333 mila euro circa su un totale di 1.870.936.438 euro, un miliardo 870 milioni 936 mila euro circa di valore di acquisto – fonte sempre BPVi).
Messi da parte in questi calcoli iniziali gli azionisti non compresi nella Opt, che comunque avevano acquisito i loro titoli direttamente o per eredità a prezzi nettamente inferiori ai massimi, e concentrandoci sulla platea di coloro ai quali era riservata la transazione c’è da dire, intanto, che

1 – ai 66.770 che hanno aderito non saranno concesse azioni legali, come da accordi sottoscritti in quell’ambito e “vidimati” dal rifiuto all’ammissione come parti civili nel processo BPVi proprio in forza di quell’adesione che li vincolava a non attivarle (ecco perché in premessa abbiamo scritto che “la cancellazione, nell’articolo 38, della proibizione a intraprendere azioni legali contro chicchessia per le perdite residue non liquidate è una sostanziale bufala per gran parte della platea coinvolta”, cioè solo per BPVI per quei 66.770 soci)

2 – i primi soci risparmiatori (sempre tralasciando per ora i soci precedenti al 2007, che pure sono ricompresi nella tutela dell’articolo 38) ad accedere ai ristori, allo stato attuale della sua formulazione, sono quelli che non aderirono all’Opt, cioè 26.165 con in cassetto azioni che avevano acquisito per un totale di 585.603.105 euro (585 milioni 603 mila euro circa) e, quindi, per un controvalore medio ognuno di 22.381 euro.

Quindi:

1 – se questi 26.165 soci BPVi “prioritari” fossero liquidati con un acconto del 30% riceverebbero ognuno 6.714 euro, altro che problema del paletto di 100.000 euro (a meno che non si vogliano tutelare più i soci big della povera gente in assoluto), per un totale di 175.671.810 euro (175 milioni 671 mila euro circa)

2 – ai 66.770 soci che già hanno aderito alla transazione al 15% al primo giro spetterebbero (se tutti chiederanno il ristoro, altro dubbio non affrontato ad oggi) per pareggiare l’ammontare del 30% di ristoro di acconto altri 192.000.000 di euro, in media, quindi, altri 2.890 euro a testa.

Quindi, sempre che siano corretti i dati comunicati da BPVi all’epoca della transazione e sempre non includendo (per mancanza di dati altrettanto precisi) i “soci” più vecchi comunque depositari di valori più bassi, se calcolati al valore di carico, per restituire a 92.865 soci, pur continuando a includere fondazioni e altri enti, che forse non dovrebbero beneficiare più dei ristori se la logica è la tutela dei “truffati” inconsapevoli, il 30% di quanto pagato basterebbero 368.471.810 euro (368 milioni 471 mila euro circa)

Con analoghi calcoli per i 54.374 azionisti, equivalenti al 72,6% del totale portatori di azioni comprese nell’offerta (74.895 soci) e del 67,6% delle azioni comprese nel perimetro dell’Offerta di Transazione fatta per Veneto Banca (valore transato di circa un miliardo 656 milioni 666 mila euro su un totale di 2 miliardi 450 milioni 690 mila euro circa), il riconoscimento economico complessivo fu di 248,5 milioni di Euro (base 9 euro ad azione, 4.570 euro circa a testa, il 15% del valore medio di azioni che avevano avuto un’oscillazione nei prezzi di acquisto maggiore).

Quindi per restituire a 74.985 soci, e pur continuando a includere fondazioni e altri enti, il 30% iniziale di quanto pagato basterebbe dare circa altri 248,5 milioni di euro ai 54.374 che hanno transato per farli arrivare ad incassare il 30% dopo che questo stesso 30% verrà “ristorato” ai 24.521 che non accettarono l’Opt: a questi “irriducibili”, o rassegnati, serviranno 238 milioni 207 mila euro circa.

In totale, sempre che siano corretti i dati comunicati da Veneto Banca all’epoca della transazione e sempre non includendo (per mancanza di dati altrettanto precisi) i “soci” più vecchi comunque depositari da valori più bassi, se calcolati al valore di carico, il “round” per ristorare con un 30% iniziale i soci di Veneto Banca preleverà dai fondi dormienti altri 486 milioni 707 mila euro circa.

In totale, a parte i vecchi soci ed evitando, forse e almeno inizialmente, i ristori a possessori milionari di azioni serviranno per il 30% di acconto 855 milioni 178 mila euro circa, diciamo per semplicità almeno oltre un miliardo (quanto oltre ora non riusciamo ad ipotizzarlo) per tutti…

Per un ristoro al 100% del valore di carico (e senza considerare ipotesi, folli?, di concedere cifre maggiori) servirebbero almeno altri 2 miliardi 333 milioni 333 mila euro per un totale di 3 miliardi 333 milioni 333 mila euro solo per le banche venete mentre non siamo in grado di conteggiare le risorse necessarie per le quatto banche risolte, per altre eventualmente e per equità assimilabili alle due venete in LCA e per nuovi istituti che non vivono oggi giorni tranquilli…

Oggi i conti correnti dormienti ammontano a 1 miliardo 574 milioni di euro mentre le assicurazioni si tengono ben strette le loro polizze dormienti

PS 1 Per aver accettato le clausole relative all’Opt non potranno adire azioni legali un totale di 121.144 soci di cui 66.770 della BPVi e 54.374 di Veneto Banca.

PS 2 Sperando di aver dato un contributo fattivo a una discussione che, troppo spesso, prescinde dai numeri, vi preghiamo di segnalarci eventuali errori all’indirizzo mail fondosocibanchevenete@vipiu.it.

PS 3 Dai calcoli, se non errati da noi o per i dati di partenza, verrebbe da supporre che la gran parte di soci ha perso cifre piccole, se pur importanti per ognuno, mentre la virulenza delle battaglie sembrerebbe dettata da azionisti più consistenti di quelli medi, dai 50.000 euro sempre più su, per esempio. Anche loro devono riaverli ma l’esiguità, relativa, del loro numero farebbe capire anche perché di gente a protestare, ad aderire alle associazioni, a rivolgersi ai legali e a costituirsi parte civile siano in tutto diecimila o poco più…   

PS 4 Se tutto questo è vero il dramma vero diventa non quello dei soldi conteggiati al valore massimo “gonfiato” delle azioni ma al prezzo di acquisto, ma quello enorme dei debiti veri ad euro veri, gli NPL per miliardi, solo in parte da associare ad azioni parzialmente baciate, che sotterreranno, dopo aver disintegrato la Popolare chi li avrebbe concessi con qualche allegria, chi, senza poter contrattare con la banca con cui li hanno accesi, già ora è rincorso dalla SGA.