A Vicenza e nel vicentino le campane disturbano?

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Il mondo cambia, divengono sempre più evidenti i segni di una progressiva e sembra quasi ineluttabile scomparsa della religione e dei suoi segni anche pubblici. E’ il processo di secolarizzazione che è iniziato con la cultura dell’illuminismo e della visione massonica del mondo, tanto care anche a certi abatini in vena di modernità e proseguito poi con la prospettiva filosofica dello scientisimo positivista, che relegava la fede religiosa allo stadio infantile dell’uomo e con il marxismo che considerava la religione “oppio dei popoli“.
Non da meno aiutò la negazione del fenomeno religioso nella sua dimensione trascendente il modernismo, che relegava il fondatore della religione cristiana ad un “uomo solamente storico” di buone prospettive morali. L’epoca dei totalitarismo, in particolare il comunismo e il nazionalsocialismo non nascosero mai la loro avversione alla religione e soprattutto la volontà di cancellarne, anche mediante distruzioni di chiese e soprattutto culturali, il valore. Più sfumata la posizione del fascismo che non brillò per “fede”, ma convisse con la Chiesa cattolica per opportunità. Gli eventi del secondo conflitto mondiale e la scoperta degli orrori, sempre del totalitarismo, hanno certo contribuito a considerare in modo negativo la stessa fede, incapace di aver posto almeno un freno a tanto scempio della dignità umana. Dio è morto, significavano in molti sulla scia della nota espressione del filosofo F. Nietzsche ed era quindi necessario “liberare” il mondo dalla fede, in Europa da quella cristiana. Emmanuel Célestin Suhard (1874 -1949), arcivescovo di Parigi e cardinale fin dal secondo dopoguerra, nel 1947, indicò bene come la guerra fosse stata una delle cause della crisi della chiesa, dovuta anche alle scoperte scientifiche, ai cambiamenti nelle comunicazioni di massa, allo sviluppo dell’economia. Con il suo saggio “Il declino della Chiesa”, tradotto in Italiano dalla Edizione dei Servi (Milano) con il titolo “Agonia della chiesa” a cura di p. Camillo de Piaz, diritti a Davide Turoldo, il prelato francese intravedeva nel cosiddetto umanesimo moderno, cui si faceva riferire anche il comunismo, il movimento culturale avversario alla fede. Né il tradizionalismo né il correr appresso alla modernità potevano essere soluzioni, con chiarezza veniva prospettato. Il rimedio alle difficoltà fu la convocazione del Concilio vaticano II, che per molti fu una rottura con il passato, per un monsignore vicentino addirittura una rivoluzione. Nacquero movimenti di nuova aggregazione, di nuova lettura delle realtà ecclesiale, ma il processo di secolarizzazione e di scristianizzazione non è certo diminuito, anzi! Sempre più aumentano le richieste di impedire talora letteralmente la manifestazione religiosa e la sua diffusione, soprattutto di quella cristiana, perché per quella islamica, ad esempio, le “voci” contrarie sono pochine e in Francia hanno subito attentati.
Tra le tante manifestazioni della fede cristiana, una in particolare è considerata “disturbante”: è il suono delle campane che, oltre a chiamare a raccolta i fedeli, invita a considerare che il mondo non è solo fatto di cose terrene. Così, comprendendo le ragioni degli avversari, ma anche di qualche ben pensante credente, si diminuiscono i segni pubblici della fede e le autorità ecclesiastiche provvedono di conseguenza in modo che non vi siano considerazioni negative anche sul festoso suono delle campane.
Son passati i tempi nei quali il vicentino sacerdote e poeta Giacomo Zanella invitava con i suoi versi a considerare come il suono delle campane annunci che di solo pane non si vive, ma pare che il mondo d’oggi voglia brioches.

Le campane de’ villaggi (1879).

Campane de’ villaggi!
Al povero colono
De’ dí festivi sull’attesa aurora
Nel duro letto coricato ancora,
Come torna giocondo il vostro suono
Che dell’usato Sol previene i raggi,
Campane de’ villaggi!
Campane de’ villaggi!

Il triplice concento
Passa rombando nella buia stanza:
Poi rapido dilegua in lontananza
E maggior torna col tornar del vento,
Che fra le cime sibila de’ faggi,
Campane de’ villaggi!
Campane de’ villaggi!

Con voi per una porta
Entrano i sogni dell’età piú cara.
Scorge il buon vecchio un primo sguardo, un’ara
Una schiva fanciulla, or donna accorta,
Che figli il fe’ onesti e saggi,
Campane de’ villaggi!
Campane de’ villaggi!

Come operose amiche
Che l’una l’altra. al mattutin lavoro
Svegliando va, voi vi svegliate in coro,
Voci squillanti dalle torri antiche,
Perché l’uom torni all’opra e s’avvantaggi,
Campane de’ villaggi!

Campane de’ villaggi!
Il suono a guisa d’onda
Lustral, sulle campagne ampie si spande
E le terre santifica, che grande
Dall’estremo orizzonte il Sol feconda,
L’aria infiammando co’ nascenti raggi,
Campane de’ villaggi!